Tav a Firenze, tra mafie e ‘ndrangheta

NoMafiaNoTavI lavori per la mega stazione sotterranea e il tunnel Tav sotto la città di Firenze non erano neppure partiti che si erano già contraddistinti per l’inchiesta aperta dalla procura toscana per gestione abusiva dei rifiuti, truffa, corruzione e associazione a delinquere. Cantiere a Campo di Marte fermo. Vertici di Coopsette e Nodavia inquisiti. E ricordiamo che si tratta di un appalto che per ora è di 770 milioni, destinati a lievitare almeno tre volte tanto.

Fin qui si potrebbe dire che è tutto in linea con quel che sempre più si va delineando come una caratteristica dell’architettura delle cosiddette grandi opere, in cui la commistione di affari e malaffare sembra più una costante che l’eccezione come vorrebbero farci credere. Con le cosche locali che puntano a inserirsi nei sub-appalti, mentre la grande mafia internazionale aspira a finanziare direttamente l’opera, grazie alle enormi disponibilità economiche in suo possesso. Se poi si aggiunge – come ribadiscono con dati alla mano i NoTav- che spesso non sono opere realmente utili ma (oltre che devastanti per l’ambiente) un grande business per alcuni, il quadro si precisa ancora di più.

Ma la storia della Tav fiorentina non finisce qua. Coopsette, la cooperativa edile di Castelnuovo di Sotto, per ridurre i buchi dei suoi bilanci ha deciso di recente di cedere una buona parte delle azioni che detiene in Nodavia passando dal 70% a una quota di
minoranza che consente alla cooperativa emiliana di passare a un bell’incasso. Il che ha consentito a Nodavia di ottenere nuovi crediti delle banche e la conferma dei fidi in atto.

A chi sta vendendo? A Ergon scarl, acquisita a gennaio dal colosso Condotte – secondo general contractor italiano, terza in Italia per fatturato e già in gara oltre che per il Ponte anche per il Mose di Venezia – che ne ha rilevato il 100% e che ora sarà socio di
maggioranza anche nella commessa per il passante ferroviario fiorentino.

Che poi Condotte sia una società a cui nel 2008 è stato negato il certificato antimafia, e che torna negli anni a trovarsi coinvolta in numerose indagini per collusioni con famiglie mafiose sembra non aver ancora attirato sufficientemente l’attenzione di chi dovrebbe sorvegliare proprio sull’intreccio tra riciclaggio e appalti per le grandi opere. Cosa altro deve accadere per cambiare il sistema del project financing che col suo assurdo general contractor è al tempo stesso controllore e controllato? Perché anche la politica continua a parlare di ‘mele marce’ e non di un sistema marcio, come ormai è sotto gli occhi di tutti? Certo, di tutti coloro che vogliono vedere.