“Uomini e soldi” di Fausto Amodei

faustoamodeiE siamo sempre lì, sempre a dover difendere il diritto al lavoro e a cercare di mantenerlo, quel lavoro. Il precariato è ovunque, si aggira come uno spettro vorace e costringe sempre più a cercare altrove quelle opportunità che qui sono negate.

Gli emigranti di oggi sono diversi da quelli di un tempo ma il risultato non cambia. Non è che i soldi non ci siano: ci sono ma se ne vanno, eh già, partono anche loro ma per ben altre destinazioni, per strane isole dai nomi esotici…

Fausto Amodei, autore di testi e fine musicista, fece parte del glorioso gruppo de Il Cantacronache che annoverava fra i suoi componenti nomi del calibro di Michele Straniero, Margot, Sergio Liberovici, Italo Calvino e altri, oltre a varie collaborazioni che andavano da Franco Fortini a Maria Monti, da Jannacci al Canzoniere delle Lame a Il Nuovo Canzoniere Italiano di Ivan della Mea, Giovanna Marini e Paolo Pietrangeli.

Rimasto ancor’oggi baluardo di quel battaglione fiero e indomito di autori della “canzone politica” degli anni ’70, ci si accorge con non poco sgomento che gli argomenti che trattava allora sono spesso ancora, ahimé, attualissimi. Pare non esserci scostati di un millimetro da quelle problematiche…

Di Amodei ci risuonano ancora fresche nella memoria i bellissimi e corali “Morti di Reggio Emilia” e “ Se non li conoscete”.
Scelgo invece un altro brano, ascoltato recentissimamente cantato da Giovanna Marini e che non ha bisogno di ulteriori commenti.

“Uomini e soldi”

Son senza patria i soldi
ohi dei padroni
son soldi viaggiatori
come i piccioni

Per far viaggi d’affari
o di piacere
i capitali varcano
le frontiere

Son mille e più miliardi
che anno per anno
traversan le frontiere
e se ne vanno

E noi lavoratori
sènza lavoro
dobbiamo per mangiar
viaggiar con loro


I soldi che gli agrari
ci han tolto via
fan tappa su in Piemonte
e in Lombardia

e qui si riproducono
per contanti
poi se ne vanno all’estero
tutti quanti

I soldi dei padroni
van dritti dritti
dovunque possan trarre
maggior profitti

e noi passo per passo
metro per metro
dobbiamo per mangiare
tenergli dietro

Avevo già arricchito
più di un padrone
facendo da bracciante
nel meridione

E poi nel nord e all’estero
da operaio
ne ho fatti venir ricchi
più d’un migliaio

La regola da trarre
è solo una
ci dicon di emigrare
per far fortuna

Cèrto si fa fortuna
ma si dimostra
che noi facciam la loro
ma non la nostra

I soldi dei padroni
che fuggon via
danneggiano la nostra
economia

Perché danno un passivo
dei più imponenti
alla nostra bilancia
dei pagamenti

Ma la bilancia torna
a funzionare
purché noi si continui
ad emigrare

ed a spedire a casa
quei bei contanti
che sono le rimesse
degli emigranti

Ma occorre che gli passi
quel brutto vizio
che i soldi ci abbian sempre
al loro servizio

Dev’essere il contrario
e prima o poi
dovranno essere i soldi
a servir noi

La rabbia che han portato
i nostri fratelli
all’Alfa e alla Fiat
e alla Pirelli

Noi la dobbiam portare
per tutta Europa
spazzando via i padroni
come una scopa

Perché il padrone è uno
non ci si sbaglia
che faccia i soldi all’estero
o qui in Italia

I soldi lui li fa
sul nostro lavoro
e poi li manda all’estero
e noi con loro

Noi non vogliamo essere
mai più esiliati
ma ormai protagonisti
e organizzati

Dobbiam farla finita
per esser pronti
a giunger presto alla
resa dei conti.