Quel ponte sul Mugnone: ecco i rischi

  • Tempo di lettura:8minuti
image_pdfimage_print
Lavori sugli argini del Mugnone

Il Mugnone, “torrente maledetto”, ha segnato la storia della città di Firenze in modo molto profondo. Non si direbbe guardando distrattamente il piccolo, innocuo corso d’acqua ancora vivo faunisticamente per la presenza di uccelli acquatici: germani, garzette, gallinelle d’acqua e perfino aironi. Dall’epoca romana ai giorni nostri è stato oggetto di deviazioni e di usi più o meno compatibili con la sua natura, ai quali si è parzialmente opposto continuando a serpeggiare verso il centro della città sotterraneo e insidioso, puntualmente straripando dall’alveo impostogli in vari prevedibili punti. Ultimamente tuttavia l’appropriazione del torrente da parte di vari soggetti ne ha aumentato enormemente la pericolosità.

Il progetto del nuovo ponte

Qualcuno c’è ancora che può raccontare la storia dell’alluvione del 1959. Allora il torrente straripò solo dalla sponda destra, lasciata a piano di campagna, irrompendo nell’area XX Settembre – Romito, mentre la sponda sinistra, area Milton, fu preservata dalla spalletta in muratura che correva lungo tutto l’argine. Più presente nella memoria l’alluvione del 1992. Allora anche la parte sinistra del torrente fu invasa dall’acqua, che era rimasta bloccata dalla spalletta fino all’altezza della passerella pedonale, costruita davanti alla Chiesa russa nei primi anni ’60. Dall’apertura dell’argine sulla passerella l’acqua poté entrare impetuosa. Di nuovo una minaccia di straripamento c’è stata nel 2012. Alle Cure l’acqua arrivò a lambire i due ponti per l’alta velocità, in zona Puccini venne sospeso lo spettacolo al teatro e gli abitanti della zona furono messi in allerta dai vigili…che andavano di casa in casa a suonare i campanelli. Allora il Segretario Generale dell’autorità di Bacino promise che gli affluenti dell’Arno e fra essi il Mugnone sarebbero stati oggetto della massima attenzione e che se ne sarebbero “rimodellati gli argini”.

Di questa attenzione ce ne sarebbe stato impellente necessità. Infatti in questi ultimi anni il torrente è stato oggetto di una serie di interventi che non hanno niente a che vedere con la sua messa in sicurezza. Partendo a monte del torrente, nel 2007 in zona Cure, all’altezza di via del Pellegrino, sono stati ricostruiti i già menzionati ponti per adeguarli alle esigenze dell’Alta Velocità; in via Gordigiani il torrente è stato sagomato con pareti perpendicolari al piano di scorrimento, per renderlo idoneo alla messa in sicurezza della la Stazione Foster, scavata ben al di sotto del suo alveo. Nel 2013 è stato demolito e realizzato un nuovo ponte al Barco, interessato dai cantieri RFI.

Le fondamenta del nuovo ponte

Non abbiamo visto invece interventi finalizzati alla manutenzione e al rimodellamento degli argini allo scopo di mettere in sicurezza il torrente dagli straripamenti ordinari e da quelli straordinari dovuti al cambiamento del clima: le cosiddette “bombe d’acqua”. Si nota invece che da monte a valle l’alveo del Mugnone è stato strozzato o ampliato esclusivamente per interessi particolari.

Attualmente, ancora una volta per ragioni del tutto estranee alla messa in sicurezza del torrente, è stata abbattuta la passerella pedonale davanti alla Chiesa russa, costruita già fuori norma nel 1962 e che fu la causa della catastrofe del 1992, per costruire al suo posto un nuovo ponte in acciaio e cemento.

Come si può notare la storia si ripete, dando ancora una volta ragione alla visione ciclica di G.B. Vico. Dopo l’alluvione del ’59 infatti fu costruita la pericolosa passerella del ’62, dopo l’alluvione del ’92 e la minaccia del 2012, sarà costruito il ponte del 2014. Il passato si ripete, ma la memoria sembra non essere una prerogativa di chi ha l’arroganza di credersi impunibile e tratta la città come un oggetto in vendita, come un oggetto redditizio e vuoto. Infatti le istanze, le preoccupazioni dei suoi abitanti non sono tenute in alcuna considerazione. Quest’ultimi sono stati ignorati del tutto dalle ultime amministrazioni nelle scelte vitali riguardanti la città. Per fare qualche esempio:

  • referendum sulle tranvie: ignorato;
  • osservazioni dei cittadini al piano strutturale: ignorate;
  • rifacimenti completi e modificazioni profonde degli arredi urbani, delle strade, delle piazze, fra l’altro sulla base di progetti scadenti e opinabili, eseguite all’insaputa degli abitanti.
Danni provocati dal Mugnone

Trasparenza e partecipazione sono state e sono tutt’ora solo parole, elemento di cui in questo momento c’è tanta, troppa abbondanza. Di fronte a questa visione privatistica della città, gli abitanti hanno dovuto organizzarsi in comitati e associazioni per cercare di farsi ascoltare e per divenire visibili.

Adesso il comune si palesa addirittura più superficiale e più megalomane rispetto alla costruzione della vecchia passerella pedonale: il nuovo ponte sul Mugnone prevede infatti quattro corsie di marcia veicolare e due marciapiedi pedonali, per una larghezza complessiva di 18 metri, rispetto ai 2 della passerella. Anche per l’apertura dell’argine, che costeggia il torrente dalla parte di viale Milton, non si guarda al centimetro. Per il nuovo ponte sono stati demoliti 20 metri di parapetto. E pensare che nel 1992 il torrente fu capace di straripare dai 2 metri di apertura di allora.

Per avere un quadro completo e non peccare di parzialità bisogna anche dire che il nuovo ponte viene presentato come di tipo Bailey e a carattere provvisorio. Infatti verrà smontato fra tre anni!

A questa ennesima provocazione dobbiamo rispondere che questa non è la verità:

  • intanto il ponte non è un Bailey, non si usano più quel tipo di ponti, non se ne fanno più, al massimo si vendono quelli rimasti in magazzino;
  • il vero Bailey del Galluzzo è ancora lì dopo 20 anni;
  • il nuovo ponte sarà istallato su delle fondamenta, eseguite in cemento armato per tutta la larghezza del ponte, cioè per 18 metri, che non si sbaglia a definire stabili e definitive;
  • il nuovo ponte sarà in acciaio e cemento, idoneo quindi a sopportare il peso del traffico su 4 corsie di marcia, compresi autobus, camion, etc.;
  • il progetto del ponte ha caratteristiche strutturali e sismiche di tipo definitivo.

La provvisorietà quindi non è una caratteristica intrinseca al ponte, ma è la parolina magica per mezzo della quale la Soprintendenza ha ritenuto di poter autorizzare il nuovo ponte. Ponte che è esteticamente intollerabile come quello inaugurato al Barco nel 2013 ed è sopratutto estremamente pericoloso.

La pericolosità deriva da tre motivi fondamentali. Uno è, come abbiamo detto, legato all’apertura del parapetto, che svolgeva la funzione di impedire l’esondazione del torrente, da viale Milton, attraverso i Viali di Circonvallazione, verso il centro della città. Non dimentichiamo che proprio nel punto dove è stata eliminata la spalletta c’è la bella chiesa russa, patrimonio sotto tutela, con la sua preziosa cripta sotterranea finemente pitturata.

L’altro motivo di pericolosità lo denuncia il progetto stesso, che ci mostra un ponte a raso. Giova ricordare che per i ponti di nuova costruzione la normativa richiede un franco (cioè la luce libera tra il pelo dell’acqua e l’intradosso del ponte nella condizione più sfavorevole degli ultimi 200 anni) di 100 cm. Nel caso del ponte in oggetto il fronte è…. sotto il pelo dell’acqua.

Il terzo motivo dipende dal fatto che “il tutto va inserito in un contesto globale in cui intervengano più soggetti”,(cfr. Nota). Prima del nuovo ponte il comune doveva risolvere la strozzatura presente prima della Rampa Spadolini, dove il torrente è stato intubato.

Finalmente ci siamo arrivati al punto nevralgico: il progetto o meglio il non progetto. Neppure nella doccia di casa propria uno si sognerebbe tanta superficialità. Ma attenzione, non c’è di che preoccuparsi: è pronta una soluzione in caso di evento eccezionale. C’è la Protezione Civile che sopraggiungerà a rimediare a ciò che non è stato fatto o è stato fatto male. L’ha detto il sindaco Nardella in consiglio comunale, l’hanno detto Erasmo de Angelis e Gaia Checcucci sempre in consiglio nella agiografica e sempre retorica commemorazione dell’alluvione del ’66, la prima epopea in cui sono apparsi all’onore delle cronache gli angeli del fango. Come funzionerà esattamente?

Ebbene, alla prima manifestazione di irruenza da parte del Mugnone, dell’Africo, del Terzolle, la Protezione civile provvederà ad avvertire telefonicamente i dirimpettai del torrente in questione, che in qualunque ora ciò si manifesti, cercheranno riparo presso i fortunati dei piani alti. Ci viene il dubbio che la Protezione civile disponga delle centraline degli antichi Telefoni di stato. Tutti, neonati, anziani, malati, invalidi, più o meno bene si metteranno in salvo. Passato il primo momento, alcuni si accorgeranno però di non poter rientrare nelle proprie abitazioni, perché i divani sono sotto il fango e la cucina è inagibile. Andare dai parenti sembra improbabile perché le automobili sono alluvionate e ammucchiate una sull’altra dalla violenza della corrente. I negozi coi relativi arredi, merci e macchinari sono anch’essi sotto al fango e sostanzialmente irrecuperabili. Non vi si può più svolgere la normale attività lavorativa fino al recupero del fondo e al reinvestimento in materiali.

Questa non è una visione catastrofica e pessimistica: molti di noi ci sono già passati e sanno come è duro perdere i propri beni e dover ricominciare. Il peggio è che molto spesso ci vanno di mezzo anche vite umane. Quello che è accaduto e sta accadendo a Genova, a Massa e nel nord d’Italia è frutto degli interventi umani. Possiamo dunque sorvolare sulla cecità, superficialità e ottimismo, anch’esso termine abusato ultimamente, dell’amministrazione? E per ultima cosa veniamo alle motivazioni per le quali si costruisce questo ponte che Ripetitori autorizzati dall’amministrazione dichiarano provvisorio, mentre nel progetto di Viabilità Definitiva del comune risulta con chiarezza permanente. Anzi, in questo progetto, costituisce l’asse portante della viabilità veicolare dopo che il ponte su via dello Statuto sarà impegnato prevalentemente per il passaggio della tranvia. Ne è il necessario e fondamentale corollario.

Direi che è un effetto collaterale della discussa tranvia, di questa Grande Opera Inutile, calata dall’alto come un pacco paracadutato, su un ambiente assolutamente non adatto a riceverlo. E allora si forza, si demolisce, si rosicchia, si scava, si cementa, con finalità che appaiono incomprensibili ai cittadini e con azioni che stanno al di là delle logiche di tecnici esperti.

Nota. L’ing. Cavina ha anche affermato: “Un altro punto nevralgico dello studio è il passante del Mugnone, per ottemperare alla richiesta del Provveditorato alle Opere Pubbliche di risolvere la strozzatura di via del Romito. Se io risolvo solo il problema puntualmente non ho dato una vera soluzione. Il tutto funziona qualora ognuno abbia fatto i propri doveri: quindi il Comune abbia ottemperato a risolvere le strozzature di sua competenza, le FS le loro, gli alvei del Mugnone e del Terzolle siano stati risistemati. Se risolvo la strozzatura, ma la sezione di valle non è atta a ricevere l’acqua che gli mando da monte allago i cittadini che stanno subito dopo. Quindi il tutto va inserito in un contesto globale in cui intervengano più soggetti”.

Deanna Sardi, Associazione Piazza della Vittoria

The following two tabs change content below.

Deanna Sardi

2 commenti su “Quel ponte sul Mugnone: ecco i rischi”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *