L’appalto non va e si riapre la trattativa: i bibliotecari non mollano

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biblioRiuscire a districare l’ingarbugliata vicenda del cambio di appalto dei Servizi bibliotecari e archivistici dei comuni di Firenze, Scandicci e Lastra a Signa non solo si è rivelato molto difficile ma quasi impossibile.

Il nucleo di questa storia inizia quando nel giugno 2013 scade il vecchio appalto e durante due proroghe inizia la scrittura del nuovo bando. Sindacati e lavoratori hanno fatto richieste ben precise al Comune per avere garanzie occupazionali e contrattuali. Nonostante le richieste e la mobilitazione dei lavoratori, il Comune è rimasto sordo, e ha anche fatto a meno di due tecnici informatici che avevano lavorato per cinque anni presso l’amministrazione. Infatti il nuovo bando non solo è uscito senza clausola sociale e contratto di riferimento, ma anche senza il servizio informatico, che era invece previsto nel precedente bando.

Del resto, parlare di servizi sembra rendere moralmente più accettabile che due lavoratori (e non due servizi) perdano il posto, e per la cronaca, va specificato che ad oggi – dopo diversi mesi senza servizi informatici – la situazione delle biblioteche dal quello specifico punto di vista è nettamente peggiorata. Ma tecnicamente quelle due persone non sono licenziate. È solo scaduto un appalto. Può succedere a qualsiasi lavoratore in appalto: domani scade l’appalto, il servizio non serve più e tu, lavoratore, sei disoccupato. La logica è chiara, l’etica meno.

Del resto, il fatto che i cambi di appalto siano sempre e solo peggiorativi per le condizioni dei lavoratori è un fatto. Ed è un fatto anche che tali elementi peggiorativi finiscano il più delle volte, come la polvere, sotto il tappeto. E questo – bisogna dirlo – con l’aiuto più o meno complice dei sindacati, che il più delle volte, agitando lo spauracchio del licenziamento, della crisi, della fila fuori la porta di persone disposte a lavorare con meno garanzie e meno stipendio, non fanno altro che impaurire dei lavoratori che già si sentono abbastanza precari e impauriti.

La nostra storia – però – è stata diversa e la differenza, in questo caso, l’hanno fatta un manipolo di lavoratori. Infatti dopo l’uscita del bando di gara e l’aggiudicazione dell’appalto da parte di un’ATI (associazione temporanea d’imprese) costituita dalle aziende precedenti più un nuovo soggetto, si è proceduto ad un tavolo di trattativa tra sindacati e aziende. Il tavolo di trattativa di luglio non ha portato nessun risultato favorevole per i lavoratori. Ma le aziende che si sono aggiudicate l’appalto, dopo aver firmato un verbale d’incontro con la Cgil e la Uil, hanno proceduto a sottoporre una risoluzione consensuale a tutti i lavoratori, con una contestuale riassunzione a condizioni contrattuali peggiorative, e tentato di fare delle azioni unilaterali che avevano poche giustificazioni: delivellamenti, abbattimenti di superminimi, passaggi di unità lavorative da un’azienda all’altra, in alcuni casi azienda in subappalto, formazione a carico dei lavoratori, banca ore arbitraria senza accordo sindacale.

Un quarto dei lavoratori non ha firmato e insieme a USB e Cobas hanno iniziato a far salire a galla
l’ingiustizia che si stava subendo. Ci sono voluti mesi di porte sbattute in faccia da amministrazione connivente e cooperative sorde, ma alla fine si è ristabilita un’unione tra tutti i sindacati e con grandi difficoltà è stato riaperto un tavolo di trattativa.

La riapertura del secondo tavolo di trattativa è stata, in tutta questa storia, l’unica vera vittoria dei lavoratori. È stata  la dimostrazione che qualcosa non andava, che – in un certo senso – chi si stava ribellando aveva ben più di fievoli ragioni. Il tavolo sindacale è durato poco, ma la cosa che è apparsa chiara fin da subito è che il gioco – apparecchiato da amministrazione comunale prima e da aziende poi – di risparmiare sulle spalle dei lavoratori non è riuscito, almeno non del tutto ed era, in ogni caso, venuto a galla.

I colpi inferti ai lavoratori sono chiari: da una parte un bando al ribasso e con poche tutele, dall’altro con un ribasso sulla base d’asta da parte delle aziende che non hanno tenuto conto del costo dei propri lavoratori, salvo poi lamentare crisi (che ad oggi non è stata documentata) per chiedere un taglio sul costo del lavoro.

In sede di seconda trattativa i lavoratori sono riusciti ad ottenere qualcosa in più: formazione retribuita, reintegro di 2 ore di permessi al mese per tutti, contenimento dei delivellamenti e dei tagli del superminimo di alcuni lavoratori, garanzie per chi deve passare in subappalto. Ma quello che è stato ottenuto non basta. Almeno non per la difesa della dignità del lavoro. È chiaro che si sarebbe potuto ottenere di più, sarebbe bastato che tutti i dipendenti dell’appalto fossero rimasti uniti a difendere il proprio lavoro. E se è vero che la lotta è quasi sempre di una minoranza, la consapevolezza che tutti uniti si vincerebbe è più dolorosa dei colpi che provengono da chi fisiologicamente dei diritti dei lavoratori non si interessa poi tanto.

Sono tempi difficili, la dignità e il rispetto per il lavoro vengono costantemente calpestati. Il tutto si può sintetizzare in un unico concetto: il diritto si trasforma in privilegio. E questo riguarda tutti i lavoratori: giovani, vecchi, esternalizzati, internalizzati. È proprio per questo che non si può smettere di lottare adesso: non possono i sindacati, non devono i lavoratori. L’attenzione deve restare alta e vigile sulle esternalizzazioni e sulla situazione degli appalti del Comune di Firenze, che solo ieri ha parlato di 450 esuberi tra i dipendenti comunali e continua a foraggiare la macchina delle esternalizzazioni con bandi tutti volti a depredare diritti dei lavoratori.

L’opposizione all’ingiustizia che si fa consuetudine nelle esternalizzazioni dei servizi della pubblica amministrazione è un dovere morale per chiunque crede che le fondamenta del lavoro sono quei principi etici e morali che si sono costruiti con secoli di lotte e sacrifici che non possono essere cancellati con un colpo di spugna.

*Erica Massa, USB Firenze

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