Il Pd toscano, senza vergogna, affossa il Piano paesaggistico ed ogni idea di tutela ambientale

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marson-rossiIl Piano paesaggistico toscano, un corposo strumento elaborato negli ultimi 4 anni dall’assessorato di Anna Marson, adottato all’unanimità dal Consiglio regionale nel luglio del 2014, sta per essere cancellato dall’azione congiunta di PD e Forza Italia in Consiglio regionale.

Il Piano è considerato dalla comunità scientifica e dagli addetti ai lavori il più avanzato esempio di strumento di tutela dinamica e non esclusivamente vincolistica di un territorio prezioso come quello toscano.

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Il grande sforzo nel costruire un quadro conoscitivo ricco e approfondito ha consentito infatti di comporre un insieme di regole, prescrizioni dirette ma anche direttive da articolare localmente, su cui fondare certezza del diritto e creare le compatibilità necessarie tra protezione ambientale e attività antropiche. Perché l’ambiente, il paesaggio, vanno in qualche modo protetti e salvaguardati. O no? E alcune regole vanno scritte, chiare, non vessatorie, ma certe. O no? Da queste parti la risposta sembra essere negativa.

«Le criticità contenute nelle schede di ambito costituiscono valutazioni scientifiche non vincolanti a cui gli enti territoriali non sono tenuti a fare riferimento nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica». Cioè il Piano va bene come curiosità accademica, oppure come soprammobile. Nella realtà è carta straccia. Questo uno dei molti punti contenuti nel maxi emendamento presentato ora dal PD, come già aveva fatto Forza Italia, con le stesse parole e la stessa punteggiatura. Curioso, o forse neanche tanto in tempi di Nazareno.

Quindi il PD butta a mare in un colpo solo tutta la cultura territorialista che si era andata faticosamente formando nei decenni scorsi, anche con contrasti e scintille fra mondo della ricerca e amministrazioni; fa piazza pulita di ogni ambiguità; fa una precisa scelta di campo: della ricchezza collettiva costituita dal paesaggio toscano, dall’ambiente collinare, dai corsi d’acqua, dalle montagne, non importa più nulla, in confronto con il “progresso” portato da chi investe, trasforma, specula.

Perché naturalmente le attività di trasformazione del territorio, dalle cave apuane alle lottizzazioni agli insediamenti industriali, agli inceneritori, creano ricchezza come sempre solo per qualcuno, e quel qualcuno ha evidentemente il modo di farsi ascoltare; per tutti gli altri sono un’occasione per essere forza lavoro, ora meglio sfruttata grazie al Jobs Act. E allora la perfetta sintonia linguistica, ma soprattutto di sostanza, con Forza Italia, non è più tanto strana.

Quindi mani libere alle imprese del marmo apuano, fino allo spianamento di quelle irripetibili montagne per farne polvere da dentifrici. Via libera ai lavori sule spiagge. E con il blocco renziano della legge urbanistica, addio anche al divieto di aumentare l’impermeabilizzazione dei suoli.

(per saperne di più, una breve rassegna di contibuti: Tomaso Montanari, Corriere Fiorentino, Edoardo Salzano)

Berlusconi un tempo aveva una idea fissa (fra le altre): normalizzare la Toscana, ripulire l’Italia da quel covo di “comunisti”. In realtà come ovvio gli interessava eliminare le ultime timide sacche di resistenza al pensiero unico, alla logica estrema del mercato liberista, ad ogni “laccio e lacciuolo” alla libera intrapresa (si, quella di Lehman Brothers, o dell’Ilva, per intendersi). Direttamente non ci è mai riuscito, ma visti gli ultimi candidati forzisti alle regionali probabilmente non ci ha neanche mai provato. Gli è bastato aspettare che arrivasse Renzi, e ci pensa, gratis, il PD.

Come scrive Ella Baffoni su Eddyburg ecco il significato del “cambiare verso” renziano: vuol dire annunciare una cosa e fare l’esatto contrario. Perché il giorno dopo l’annuncio del maxi emendamento tombale per il Piano della Toscana da parte del PD tutto, si levano le voci sdegnate dei dirigenti del partito che rivendicano una misteriosa patente ambientalista, proprio mentre affossano il principale strumento di tutela della Regione.

Resta una curiosità, più formale che sostanziale: Enrico Rossi, che ha voluto e anche difeso in passato l’assessore Marson, che ha tuonato all’indomani delle alluvioni dello scorso anno contro l’assenza di regole e la cementificazione, dopo essere stato praticamente commissariato dall’ormai trionfante potere renziano (tanto che tace praticamente su tutto, limitandosi a gesti di facciata come la foto con la famiglia rom, tanto per dire, su facebook, guardate quanto sono di sinistra), dopo che il partito ha cannoneggiato uno degli atti principali della legislatura, confermerà la propria candidatura per quello stesso partito?

Non si accettano scommesse, troppo facile.

Redazione La Città invisbile

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