Post-Expo: chi paga l’inconsulta trasformazione d’uso dell’area?

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I costi dell’errata localizzazione dell’evento Expo, al netto del suo sbandierato successo di pubblico, non saranno così facilmente cancellabili dalla “città normale, con case e negozi” auspicata con tanta insistenza da Gregotti in svariati interventi sui principali quotidiani, ma quasi impossibile da realizzarsi in quel contesto localizzativo, se non a scapito della qualità della vita dei suoi abitanti. Meglio, o molto meno peggio, pensare di mantenervi funzioni strategiche di livello metropolitano-regionale.

A qualcuno potrà non piacere, ma è il costo ineliminabile dell’eredità del dopo Expo e dell’inconsulta trasformazione d’uso di quell’area interclusa.

expoCome uscirne? Non subendo il ricatto di chi dice ormai la frittata è fatta e qualcuno la deve mangiare! Se qualcuno deve risponderne è Fondazione Fiera che è ente di nomina pubblica, anche se di diritto privato (un po’ come le fondazioni bancarie altro ben noto bubbone corruttivo), e che deve essere richiamata alla propria responsabilità verso la città rinunciando all’enorme aspettativa immobiliaristica che pensava di aver incamerato.

La quota edificatoria virtuale sostenibile (non oltre 0,20 mq/mq) dovrebbe essere “perequata” sul vasto plateau di aree pubbliche dismesse a dimensione metropolitana (a partire dagli ex scali FS e dalle caserme in dismissione, ma anche da quelle ex industriali sulla direttrice da Rho a Sesto San Giovanni).

Sull’area dell’ex Expo potrebbero così essere fatte convergere le risorse per rendere permanenti le funzioni di indirizzo pubblico delle politiche agroalimentari ed altre attività di interesse pubblico, un nuovo polo delle facoltà scientifiche dell’Università Statale, altre attività di innovazione e ricerca, facendone il nuovo Centro Direzionale metropolitano, e non con funzioni residenziali, qui particolarmente inadatte.

Invece, in quell’urbanistica à la carte che è la sommatoria di PII e Accordi di Programma praticata dal machiavellismo perverso della dirigenza dell’urbanistica milanese passata indenne sotto Amministrazioni comunali di centro-destra prima e di centro-sinistra poi, non si allarga l’orizzonte al quadro complessivo della città (che è quello che dovrebbe “governare” il Piano di Governo del Territorio-PGT) e si continua, invece, senza alcuna visione generale di quali altre aree potrebbero essere coinvolte in una logica di perequazione (tanto sbandierata da urbanisti e amministratori di tendenza, ma quasi mai realmente praticata) soprattutto nella localizzazione dei grandi servizi territoriali.

*Sergio Brenna, docente di Urbanistica presso il Politecnico di Milano.

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Sergio Brenna

Sergio Brenna è professore ordinario di Urbanistica presso il Politecnico di Milano. Da anni propone letture critiche e proposte progettuali alternative per le grandi trasformazioni della città e del territorio di Milano. Autore, tra l’altro, di "La città. Architettura e politica. Fondamenti teorico-pratici di urbanistica" (Hoepli, 2004).

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