Francia, c’è poco da stare allegri

Tale padre tale figlia, si sarebbe tentati di dire ascoltano le dichiarazioni dei Marine Le Pen all’indomani del secondo turno delle elezioni regionali in Francia, nelle quali  il Front National, in vantaggio in sei regioni  su tredici al primo turno, non ha ottenuto la presidenza in alcuna delle regioni francesi. Come spesso Jean-Marie Le Pen negli anni Ottanta e Novanta, anche Marine ha gridato al complotto, alla manipolazione, ad un sistema dei partiti compatto contro il FN, e ha denunciato un “regime all’agonia”, dichiarando la  fine dell’opposizione classica tra destra e sinistra e annunciando la nuova distinzione: quella tra mondialisti e patrioti.

Anche stavolta il “cordone sanitario” contro il Front National ha funzionato. I candidati socialisti passati al secondo turno, ma senza concrete possibilità di vittoria, si sono (tranne uno in Alsazia) ritirati, invitando i propri elettori a far convergere i voti degli elettori socialisti sui candidati del partito di Sarkozy. E così, delle  tredici regioni francesi, sette sono state conquistate dai repubblicani, cinque dai socialisti, mentre la Corsica ha festeggiato la vittoria dei nazionalisti.

I partiti tradizionali hanno ben poco da festeggiare, invece. Il FN ha eletto 356 consiglieri regionali, triplicando il numero dei suoi eletti, è adesso rappresentato in tutte le 13 regioni, ed in molte di queste sarà la prima forza di opposizione.

Anche per i cittadini che si sono mobilitati per impedire il trionfo lepenista partecipando in modo massiccio al secondo turno delle elezioni (58,4% contro il 49,1% del primo turno) c’è poco da star contenti.

La convergenza di voti verso il partito di Sarkozy, ancorché una strategia per il “salvataggio della patria”, come è stata dipinta, rappresenta un’ulteriore conferma dell’istituzionalizzazione della chiusura e del risentimento.

Chi ha dichiarato ufficialmente, dopo gli attentati di Parigi, che “la guerra che dobbiamo condurre deve essere totale”? Non Marine Le Pen, che pure non si è tirata indietro sull’islamofobia, ma Nicolas Sarkozy.

Chi ha presentato il programma per le elezioni regionali intitolando il paragrafo sulla gestione della migrazioni “Una regione che viene in soccorso dei territori toccati dall’afflusso dei clandestini”? Xavier Bertrand, il candidato dei Repubblicani nella regione Nord-Pas-de-Calais-Picardie, che ha sconfitto Marine Le Pen ( 57,7% contro 42,2%).

E infine, chi ha chiesto ufficialmente attraverso una lettera alla Commissione europea, a dieci giorni dal secondo turno delle regionali, di diminuire il flusso dei migranti verso i paesi europei? I ministri degli Interni francese e tedesco, che pure hanno sottolineato di “respingere con fermezza ogni confusione fra migranti e terroristi”.

Le dichiarazioni alla Manual Valls, il primo ministro francese, secondo il quale se il FN avesse vinto le elezioni regionali si sarebbe rischiato in Francia la guerra civile sono in fondo facili, secondo uno schema retorico che punta sul richiamo all’unità verso un nemico comune.

Queste elezioni regionali francesi hanno dimostrano che i “nemici comuni” abbondano: i partiti tradizionali, il FN, i clandestini, i jihadisti, l’immigrazione, la crisi economica. In questa selva di nemici si stenta a riconoscere un qualsiasi volto amico. Che sia una politica pubblica riuscita, un discorso di conciliazione, un giornalista illuminato, una visione politica ampia.

Nonostante il breve respiro di sollievo per la semi-sconfitta del FN nella presente tornata elettorale, è questo il migliore brodo di coltura per il presente e i futuri lepenismi.