“Tutti odiano la guerra, però tutti la fanno”

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Sí. Se ci penso, se ripenso a quello che ero da ragazzina so che già allora, vedendo partire i miei amici più grandi per andare a fare il servizio militare, mi dicevo sempre più spesso “se fossi nata maschio sarei senz’altro un obiettore”.
Mi ricordo di quello che, prima della legge del 1972, rischiavano quelli a cui partire proprio non andava giù. Si parlava di Gaeta, allora. Obiezione. Avere un’ideale. Avere un’utilità civile invece di imbracciare un’arma.
paceSentivamo lo spirito del Tempo che attraversava tutto il globo e lo faceva vibrare di un vento nuovo, uno spirito che diceva “a che serve uccidersi l’un l’altro? La Storia dovrebbe insegnare. A cosa serve? A che serve imbracciare un fucile? L’Amore è molto meglio della guerra: provate!”

Lo sappiamo bene come sono finiti molti movimenti giovanili, quelli della fantasia al potere, quelli delle risate, quelli dell’amore e la fratellanza senza confini: alcuni soffocati nel sangue delle mitragliette; altri nell’attacco strisciante delle droghe annebbianti e annichilenti frutto di una strategia precisa; alcuni persi nei meandri contorti e sterili della lotta armata; altri ancora infine lusingati da un bel posto fisso, magari proprio al Ministero della Difesa, chissà.

Gli altri, i “sopravvissuti”, ritenuti un po’ dei sognatori disadattati e infantili, senza arte né parte.
Lo vediamo adesso, però, cosa siamo diventati: conta più un oggetto che un bambino siriano in fuga dalle macerie e riusciamo anche ad arraffargli quei miseri ninnoli che magari porta addosso per autorimborsarci a priori per il suo sostentamento.

Ma davvero – mi è capitato di riflettere – davvero le tantissime persone di buona volontà che negli anni bui della guerra hanno capito che la vita stava dalla parte della vita e hanno aiutato chi potevano e come potevano, piccoli ignoti eroi che rischiavano la propria vita forse senza neanche saperlo, davvero hanno sopportato tutto ciò per niente?

Siamo pronti ad armarci di nuovo, tutti. Tutti contro tutti. Violenza televisiva, mondiale, strisciante, quotidiana, che si scazzotta per un sorpasso o si accoltella per noia, che sgozza in diretta o bombarda scientificamente.

Ma non si stava parlando di disarmo?
La propaganda, le infinite sue forme. Tutto fa audience, soprattutto la morte.
La domanda, ai quattro lati del mondo e ritorno però è sempre la stessa: “cui prodest”, “a chi giova” tutto ciò?
E la risposta è sempre inesorabilmente la stessa: “follow the money”, “segui il denaro”.
Sí, se fossi nata maschio sarei stata senz’altro un obiettore.
E lo sono.

(Da “Non uccidere”, 1961, Claude Autant-Lara.)

La canzone della marcia per la Pace

(di Franco Fortini e Fausto Ammodei, improvvisata durante la prima marcia per la Pace Perugia-Assisi nel settembre 1961)
cantata da Maria Monti

E se Berlino chiama
ditele che s’impicchi:
crepare per i ricchi
no! non ci garba più.

E se la Nato chiama
ditele che ripassi:
lo sanno pure i sassi:
non ci si crede più.

Se la ragazza chiama
non fatela aspettare:
servizio militare
solo con lei farò.

E se la patria chiama
lasciatela chiamare:
oltre le Alpi e il mare
un’altra patria c’è.

E se la patria chiede
di offrirgli la tua vita
rispondi che la vita
per ora serve a te.

(di Franco Fortini e Fausto Ammodei, improvvisata durante la marcia per la Pace Perugia-Assisi nel settembre 1961)

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Francesca Breschi, cantante, attrice, ricercatrice e didatta, è dal 1990 componente il Quartetto Vocale di Giovanna Marini. Ha collaborato, tra gli altri, con Nicola Piovani, David Riondino, Emilio Isgrò, Elio De Capitani, Francesco De Gregori, Mario Brunello, Marco Paolini e Vinicio Capossela. Si dedica allo studio, all’insegnamento e all’elaborazione di vari generi ed epoche musicali, con particolare interesse per i repertori della tradizione orale italiana. Attivista della lista perUnaltracittà. Il suo sito internet

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