Dal Palazzo alla città, e ritorno

L’avevamo chiamato semplicemente “gruppo urbanistica” e in ordine alfabetico era penultimo, subito prima di “verde e alberature” – e dopo Tav, sanità, rifiuti, mobilità, lavoro, immigrazione, diritti, cultura, casa, carcere, acqua – nell’elenco che raggruppava i primi nuclei operativi della nostra sperimentazione politica sul territorio fiorentino.

O dovrei dire della nostra sfida: attivisti puri provenienti dall’area eterogenea dei movimenti antiliberisti dei primi anni Duemila, che decidono di tradurre in impegno concreto su vertenze locali le loro idee per un’equità sociale e per la trasformazione del sistema attuale. Aprendo in modo provocatorio un confronto pubblico con la politica dei professionisti in un’epoca – il 2004 – in cui non c’erano ancora le finte liste civiche poi diventate di moda, cosicché i partiti di governo spadroneggiavano nelle assemblee elette senza doversi neppure travestire. Decidendo, in sostanza, di portare lo scontro con le forze che governavano la città anche su un piano mai frequentato: quello elettorale.

Una sfida che ha finito per catapultarci davvero, organizzati in una antesignana lista di cittadinanza, in un consiglio comunale come quello fiorentino, blindatissimo feudo prima Pci, poi Pds, Ds e infine Pd. E a esercitare per dieci anni dal 2004 al 2014, prima con sindaco Domenici e poi Renzi, un ruolo di opposizione dura e fuori dalle strette logiche della politica istituzionale. Una politica ai cui giochi non abbiamo mai partecipato ma che abbiamo avuto modo di osservare molto da vicino, e sulla quale abbiamo esercitato una critica puntuale e feroce, facendo non di rado emergere all’attenzione cittadina fatti sotterranei e rendendo trasparente, con un’azione di verifica dei fatti, pratiche di governo opache e imbarazzanti.

In questo lavoro quotidiano e impegnativo che ha coinvolto tanti attivisti e attiviste e ci ha portato ad approfondire molte scelte all’ordine del giorno della politica di Palazzo Vecchio, il gruppo urbanistica Puc ha esercitato un ruolo fondamentale. Innanzi tutto perché proprio nel corso di quei dieci anni si sono giocate le partite più importanti per le trasformazioni del territorio fiorentino, dall’approvazione del Piano strutturale al Regolamento urbanistico, per non parlare delle grosse operazioni speculative alcune poi bloccate come Castello, altre al contrario realizzate come il Multiplex di Novoli. Poi perché le competenze che il gruppo ha aggregato intorno a sé hanno fatto emergere non solo critiche e denunce ma anche elaborazioni e proposte alternative, entrate poi nel dibattito cittadino. Filtrando analisi, pratiche e punti di vista alternativi all’interno di un pensiero unico che veniva dato come l’unico possibile.

Il gruppo è partito con idee precise su come avrebbero dovuto essere immaginate e governate le trasformazioni urbane in una città come Firenze, come attestano i due programmi elettorali, del 2004 e del 2009. Tra i principali obiettivi di fondo, quello di prevenire un rischio che vedevamo incombente su una città d’arte che stava abdicando ad ogni altra vocazione in nome di un unico imperativo: l’accrescimento dei flussi di un turismo di lusso a cui destinare risorse economiche e scelte urbanistiche, svuotando il centro storico e respingendo la residenza originaria ai margini, nelle periferie o nell’area metropolitana. La nostra analisi è stata puntualmente confermata negli ultimi anni, che hanno visto la progressiva e inesorabile trasformazione di grandi complessi immobiliari del centro in hotel a 5 stelle e residence di extra lusso.

Già nel 2004 si proponeva la «revisione del Piano strutturale sulla base di meccanismi di partecipazione e su principi di compatibilità ambientale. Tutela effettiva del centro storico, pensato non solo come salotto buono da vendere ai grandi portatori d’interessi. Riqualificazione delle periferie, recupero partecipato delle aree dismesse. Incremento del verde pubblico anche in funzione antismog. Blocco di nuovi centri commerciali e delle previsioni di nuovi nuova occupazione di suolo».

E nel 2009 ancor più puntualmente si chiedeva di passare «dall’urbanistica del saccheggio alla costruzione collettiva della città» e il gruppo era impegnato alla elaborazione di un «Piano strutturale partecipato, trasparente e a consumo di suolo zero»[1].

Non erano slogan ma principi ispiratori di proposte molto concrete riguardanti anche la mobilità che sono poi state raccolte in documenti e pubblicazioni che il gruppo ha presentato e discusso in varie sedi e con interlocutori diversi.

La caratteristica del lavoro sull’urbanistica è stata – come per gli altri gruppi di perUnaltracittà – quella di non costituire un nucleo chiuso di esperti, urbanisti e architetti, che pure erano ben presenti al suo interno, ma farne un gruppo aperto e dialogante con le esperienze collettive in atto, coi fronti di lotta già aperti e le competenze che si muovevano sul territorio in difesa di principi comuni: il territorio come patrimonio collettivo prezioso quanto fragile da tutelare per l’interesse ovvero il benessere di molti e non da sfruttare per gli interessi di pochi. Nascevano così elaborazioni comuni a gruppi sociali e comitati, a esperienze radicali delle cui istanze ci siamo fatti portavoce all’interno del consiglio. Siamo sempre stati consapevoli che il senso del nostro (faticoso) stare dentro il consiglio comunale poteva almeno garantire un collegamento diretto tra il Palazzo, luogo dove le decisioni sulle trasformazioni urbane venivano prese, e la città, tessuto vivo sulla cui pelle gli effetti di quelle scelte ricadevano.

Nel corso degli anni, infatti, la città si andava animando sempre più di comitati, gruppi, soggetti di base che non intendevano subire decisioni imposte ma proponevano soluzioni diverse a problemi del territorio che avevano imparato a conoscere sia per capacità di analisi sia per esperienza diretta. Nello specifico potevano essere la lotta contro la speculazione edilizia in zone ex industriali come la ex Gover di via Pistoiese o il colorificio di via di Bellagio, il mantenimento del verde pubblico nell’ex Panificio militare, il recupero di un’area per un giardino pubblico all’ex Meccanotessile, l’agibilità di spazi sociali in un centro storico svenduto al turismo o la proposta più complessiva della riconversione di volumi inutilizzati in spazi a uso sociale all’ex ospedale psichiatrico di San Salvi. Tasselli che non restavano isolati ma finivano per comporre il quadro di un’altra Firenze, più giusta e più sana. Ed è appunto un’altra città rispetto a quella delle giunte Domenici e Renzi – tra loro non così diverse come l’attuale presidente del Consiglio ha fatto credere a troppi fiorentini nella sua vittoriosa campagna elettorale a sindaco nel 2009 – che il gruppo ha contribuito a delineare nelle sue proposte affiancando e sostenendo l’azione di molte realtà attive. Elaborando piani alternativi e contrastando progetti di trasformazione calati dall’alto e non rispondenti ai bisogni della popolazione. Combattendo la svendita del patrimonio pubblico per fare cassa, e sostenendo una gestione sociale di spazi, beni e servizi pubblici.

L’azione di critica/attacco congiunta di perUnaltracittà e molte di queste realtà collettive ha contribuito ad affossare il primo piano strutturale della indimenticabile urbanistica di Domenici e Biagi nel 2009. Ha comportato l’elaborazione collettiva di un Piano strutturale alternativo a quello che la giunta Renzi aveva riproposto ereditando i lacunosi studi preliminari del precedente. E ha proseguito, per tutta la seconda legislatura, con una collaborazione allargata al consigliere Tommaso Grassi, di altro gruppo consiliare ma anche lui all’opposizione a sinistra, con cui si è andata rafforzando un’azione comune dentro il Consiglio, con la presentazione di sostanziali emendamenti e osservazioni al successivo piano strutturale e al regolamento urbanistico. Più in generale, molti gli atti a doppia firma che sono stati presentati all’ordine del giorno e che hanno richiamato l’attenzione del Consiglio e costretto la maggioranza a doversi esprimere su aspetti urbanistici problematici su cui volentieri avrebbe glissato. Ottenendo anche qualche risultato concreto.

Siamo sempre stati consapevoli che stare dentro un’istituzione, anche solo quella municipale, aveva senso se era finalizzata a far esplodere le contraddizioni altrimenti sommerse all’interno della gestione della cosa pubblica e ad alzare il livello di mobilitazione sul territorio.

Innumerevoli le situazioni in cui si è concretizzato il lavoro di Puc dentro e fuori il Palazzo; citerò qui solo la partecipazione, nell’aprile 2013, alla presentazione collettiva agli uffici comunali di regolare richiesta di manifestazione di interesse per il bando di “pubblico avviso” preliminare al regolamento urbanistico per la destinazione di spazi specifici.

Di cosa si è trattato? Con un presidio sotto l’assessorato all’urbanistica movimenti e comitati, il cui unico “interesse” era la difesa di aree dismesse dalla speculazione, hanno provocatoriamente presentato domanda a un bando pensato dal Comune per proprietari di immobili a cui si chiedevano i desiderata per cambio di destinazione d’uso. Il Centro sociale autogestito Next Emerson, il Comitato San Salvi chi può, il Comitato di cittadini viale Belfiore-Marcello, il Comitato ex-Panificio Militare, il Comitato giardino dei Pazzi e Spazi Liberati, insieme a Puc hanno chiesto, con motivazioni e mappe alla mano, che una serie di aree in trasformazione venissero destinate a uso culturale e sociale. E in particolare il Csa Next Emerson concentrandosi sulla destinazione del luogo industriale occupato, forniva l’occasione per richiedere al Comune l’introduzione di una nuova voce di destinazione d’uso che prevedesse l’autogestione. L’azione metteva in rilievo che con il meccanismo del “pubblico avviso” – di cui si chiedeva l’abrogazione nella revisione della legge urbanistica regionale n. 1/2005 e dei regolamenti attuativi – il Comune rinunciava al proprio ruolo dando mandato ai privati di ridisegnare la città, considerato che la totalità di queste aree ammonta a più di un milione di metri quadri.

Comunicati, conferenze stampa, presidi, articoli su quotidiani mainstream, dibattiti pubblici hanno accompagnato l’instancabile attività urbanistica del gruppo, che ha partecipato e sostenuto iniziative sulla città promosse da vari collettivi e movimenti studenteschi e dai sindacati di base.

In particolare la modalità dell’incontro pubblico in cui poter affrontare e discutere temi scottanti del territorio, sia sul caso Firenze che sui principi più generali di un’urbanistica alternativa a quella contrattata, è stata una costante del gruppo che ha organizzato decine e decine di appuntamenti frequentati da centinaia di persone interessate e curiose. Lo ha fatto invitando urbanisti, architetti, geologi, storici e giuristi portatori di un pensiero critico e indipendente.

Tra gli ultimi a far sentire nelle sale di Palazzo Vecchio una voce intelligente e stimolante, portatori di concezioni di un’urbanistica alternativa a quella di speculatori, immobiliaristi, banchieri, politici mi piace qui citare, in ordine alfabetico, Alberto Asor Rosa, Alberto Magnaghi, Alberto Ziparo, Anna Marson, Antonello Sotgia, Bernardo Rossi Doria, Claudio Greppi, Daniela Poli, Domenico Finiguerra, Enzo Scandurra, Francesco Erbani, Francesco Indovina, Giancarlo Paba, Giovanni Maffei Cardellini, Luca Martinelli, Manlio Marchetta, Marco Boschini, Paolo Baldeschi, Paolo Berdini, Pier Luigi Cervellati, Piero Bevilacqua, Raffaele Paloscia, Rossano Pazzagli, Stefano Deliperi, Tomaso Montanari.

Al termine dei due mandati, tenendo fede all’idea di impegno dentro le istituzioni come servizio a tempo determinato, abbiamo deciso di non ripresentarci alle elezioni. Puc, da lista di cittadinanza, si è trasformata in laboratorio politico proseguendo nell’impegno che non aveva mai abbandonato fuori dal Palazzo.

Il gruppo urbanistica, fedele al lavoro svolto nei precedenti dieci anni, collabora oggi attivamente alla rivista on line “La Città invisibile” che il laboratorio ha lanciato per dare maggiore diffusione alle lotte e al pensiero critico, e prosegue la sua azione in difesa del territorio che non è di proprietà del governante di turno e dei grandi portatori di interessi che a lui fanno riferimento. Per il diritto alla città, contro la svendita del patrimonio pubblico, la speculazione edilizia, per il mantenimento dei servizi. In questa direzione e con questo obiettivo abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare.

Molte le realtà autonome e autogestite, e sindacati di base, con cui abbiamo collaborato, talvolta partecipando fin dall’inizio al processo di analisi dei fenomeni, talvolta facendoci carico nell’attività consiliare delle proposte che erano emerse dal loro lavoro. Ci tengo qui a ricordarle una per una perché è il lavoro concreto fatto con queste realtà che ha qualificato il nostro impegno in questi dieci anni.

Assemblea per la Piana contro le nocività, Associazione Amici del Nidiaci in Oltrarno, Associazione Rifiuti Zero Firenze, Cantiere sociale Camilo Cienfuegos, Cantieri solidali-Le Piagge, Centro popolare autogestito Fi-Sud, Centro sociale Next Emerson, Cobas, Comitato Belfiore-Marcello, Comitato contro la privatizzazione di Ataf, Comitato del Bobolino, Comitato l’ex-Meccanotessile è dei cittadini, Comitato Mantignano-Ugnano, Comitato No Amianto Publiacqua, Comitato No Tunnel Tav, Comitato Oltrarnofuturo, Comitato per la tutela della ex Manifattura Tabacchi, Comitato Ex Panificio militare, Comitato per Piazza Brunelleschi, Comitato San Salvi chi può, Comitato via Bolognese, Coordinamento comitati della Piana, Cub, Fuori Binario, La Polveriera Spazio comune, Mamme No Inceneritore, Mondeggi fattoria senza padroni, Movimento di lotta per la casa, Orti Collettivi Autogestiti, Progetto Conciatori, ReTe dei comitati per la difesa del territorio, Rete No Smog Firenze, Usb.

A queste realtà va riconosciuto il merito di avere fatto risuonare nella Firenze di Domenici e Renzi, e ora Nardella, voci alternative a quella dominante. Grazie alle loro energie ribelli sono oggi vivi quei presidi di resistenza sociale che fanno intravedere la possibilità di un’alternativa, di un’altra città e, noi pensiamo, di un altro mondo.

*Ornella De Zordo

[Il testo è apparso nel libro Urbanistica resistente nella Firenze neoliberista: perUnaltracittà 2004-2014, a cura di Ilaria Agostini, Aión, Firenze, 2016, pp. 29-35; del libro, abbiamo pubblicato i capitoli: Un’altra idea di città, della curatrice; Firenze 2004-2014. Un caso nazionale, di Paolo Berdini; L’urbanistica in consiglio comunale, di Maurizio Da Re; Comunicare il pensiero critico, di Cristiano Lucchi; Piani neoliberisti, di Ilaria Agostini; La città in svendita, di Maurizio de Zordo; La città storica, di Daniele Vannetiello; Il sottoattraversamento TAV nel modello insostenibile di mobilità fiorentina, di Alberto Ziparo]

[1] Così nel convegno Firenze: un piano nuovo per Palazzo Vecchio. Dall’urbanistica del saccheggio alla costruzione collettiva della città. Le proposte per un Piano strutturale trasparente, ecologico, partecipato, a consumo zero, tenutosi venerdì 11 dicembre 2009, ore 16.30, nella Sala degli Specchi presso l’Assessorato alla Cultura (relatori: Alberto Asor Rosa, Paolo Baldeschi, Paolo Berdini, Roberto Budini Gattai, Ornella De Zordo, Antonio Fiorentino, Giorgio Pizziolo, Bernardo Rossi Doria).