Serve chiarezza sui “pesci alla plastica” della costa toscana

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In un mondo alla rovescia l’attuale presenza di un’alta concentrazione di materie plastiche, in questo caso probabilmente si tratta di Polietilene (PE), al largo delle coste toscane, può benissimo non suscitare preoccupazioni: “questa tipologia di prodotto non presenta particolare pericolosità né ambientale né sanitaria“.

Ad affermarlo, incautamente, è proprio l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPAT) della quale è superfluo ricordare l’importante funzione di monitoraggio e difesa dell’ambiente e di diffusione di un’efficace cultura ambientale.

In un mondo in cui i ruoli e le relazioni non sono invertite, abbiamo il dovere scientifico ed etico di chiamare le cose con il proprio nome. Lo spiaggiamento di “materiale di consistenza plastica simile a cera, inodore, di colore giallo-arancio”, assimilabile al Polietilene, lungo i 110 km di costa che vanno da San Vincenzo alla Riviera Apuana, passando per l’isola d’Elba, non può essere derubricato a fenomeno di ordinaria amministrazione con messaggi rassicuranti che ne sottostimano l’impatto sull’ambiente, umani compresi.

Le prime analisi sembrano affermare che si tratti di fiocchi di Polietilene, una materia plastica molto utilizzata, dai sacchetti della spesa (messi al bando) ai guanti usa e getta, alla plastica per gli alimenti.

Se confermate, dovremmo essere quindi in presenza di un materiale molto infiammabile ed estremamente resistente alla decomposizione, che si attua in tempi molto lunghi ed esclusivamente per via fotochimica e chimica. Il degrado biologico in generale non può avvenire perché le molecole dei materiali sintetici sono apparse sul pianeta soltanto negli ultimi decenni, sono molecole esogene ai normali cicli biologici per le quali non esistono microrganismi in grado di smontarle e trasformarle in qualcos’altro da riutilizzare.

Se la straordinaria stabilità di queste molecole è alla base di una ridotta tossicità per l’uomo, così come giustamente sostiene l’ARPAT, questo non deve far dimenticare il consistente inquinamento da accumulo di queste sostanze plastiche, il cui degrado chimico avviene in centinaia di anni ed i cui effetti sono ben visibili nella presenza del sesto continente di plastica nell’Oceano Pacifico, nei resti di polietilene negli stomaci degli uccelli marini, ecc…

Non solo, ma la composizione della plastica è sempre accompagnata da altre sostanze chimiche non proprio rassicuranti, quali additivi, plastificanti, coloranti, ritardanti di fiamma, estremamente pericolose e delle quali si dovrà valutare la presenza.

Il comunicato dell’ARPAT afferma che le analisi hanno rivelato la “presenza di idrocarburi prevalentemente a catena lineare”. Cosa vuol dire prevalentemente? In quale quantità? Sappiamo che gli idrocarburi a catena non lineare, ramificata, hanno ben altri effetti sulla salute degli esseri viventi.

Avremmo desiderato da parte dell’ARPAT una più attenta valutazione del fenomeno, certo, evitando allarmismi ma denunciando il grave stato di salute dei nostri mari, ormai non più in grado di autorigenerarsi. Auspichiamo che l’azione di tutela delle agenzie ambientali sia la più energica possibile, soprattutto nei confronti del potere politico, tanto più in questo momento in cui esse sono sottoposte ad un forte ridimensionamento, come nel caso dell’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) dove 200 ricercatori rischiano il posto di lavoro e perdura il blocco dei finanziamenti dal parte del Ministero dell’Economia.

Lo spiaggiamento del Polietilene quindi, al pari di quello dei delfini e delle balene lungo le coste tirreniche, è un potente segnale di allarme che l’ambiente ci rivolge e non possiamo esorcizzarlo in nome di una stagione balneare da non compromettere quando invece corriamo il rischio di compromettere a lungo quelle future.

“Quando sentiremo l’ultimo avviso del ‘Si chiude’, ci muoveremo senza sapere che fare, intontiti al par d’allocchi: solo allora il terrore, come molla, ci butterà in piedi al grido di ‘Vogliamo campare!’. E no: è troppo tardi, coglioni!” (Dario Fo).

*Antonio Fiorentino

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Antonio Fiorentino

Architetto, vive e lavora tra Pistoia e Firenze dove rischia la pelle girando in bici tra bus, auto e cantieri. E’ un esponente del Gruppo Urbanistica di perUnaltracittà di Firenze, partecipa alle attività di Comitati di Cittadini e Associazioni ambientaliste.

2 commenti su “Serve chiarezza sui “pesci alla plastica” della costa toscana”

  1. Paolo scarselli

    Su Rai scuola ho visto un documentario sul pericolo rappresentato dalle plastiche attualmente in uso, sia per noi che per gli animali , le molecole zso o assimilate dai pesci ed entrano nello organismo dell’ uomo.

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