A proposito delle norme biopolitiche in Regione Toscana

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Molti lavoratori pensano: “Ma non hanno proprio niente da fare le alte gerarchie dell’amministrazione?”

E poi: “Non si rendono conto della mancanza di rispetto, inaccettabile, di voler normare perfino i bisogni umani di base durante l’orario di lavoro?”

Infine: “Non si può che dire NO”

Se (IF)

(sulle regole disciplinari nei posti di lavoro destinate solo e soltanto a chi sta in basso e inversamente proporzionali al reddito)

La lotta sull’orario di lavoro ha una lunga storia. Nelle prime fasi dell’industrializzazione si è verificato un periodo di sfruttamento estremo che portava anche alla morte dei lavoratori (consumati fino alla morte), poi le lotte sull’orario di lavoro nell’ottocento e primo novecento hanno condotto ad una riduzione. Ma il dato da rilevare qui è che è presto apparso chiaro anche ai padroni che la riduzione dell’orario di lavoro aveva come effetto una maggiore produttività. Quando ci si riposa poi si lavora meglio e di più. Per questo abbiamo il sabato e la domenica di festa e abbiamo le ferie, per riprodurre la nostra possibilità di lavorare. Ma chi deve pagare la nostra riproduzione? La domenica e le ferie sono state la conquista di un tempo per riprodursi a spese del datore di lavoro. Volgendosi indietro con lo sguardo sulla linea lunga delle storia vediamo che proprio su questo punto si sono sviluppate grosse battaglie nei posti di lavoro. Il tema di ridurre l’orario di lavoro e di lavorare tutti (anche quelli che oggi credono di lavorare ma invece si limitano a far lavorare gli altri) sta in questo solco. La richiesta delle 8 ore giornaliere del primo novecento si inscriveva nella lotta per condizioni che rispettassero il lavoratore: il suo non essere semplicemente un mezzo, una funzione, una prestazione, ma un essere umano caratterizzato da piena dignità. Forse inconsapevolmente quando la direzione tecnica e politica della Regione Toscana sostiene che il tempo per bere il caffè sia esterno all’orario di lavoro, si inscrive in questo scontro e vorrebbero farci tornare all’ottocento. Certo usano la scusa del populismo anti-dipendente pubblico, ma lo fanno semplicemente per disciplinarci cioè renderci succubi.
Abbiamo qualche domanda.
– chi comanda (politici e tecnici) vorrebbe irrigidire le regole per gli altri guardandosi bene dall’applicarle a se stessi?
– I politici che non hanno cartellini da timbrare, vorrebbero davvero che timbrassimo perfino per andare nei bar interni?! (interno vuole dire interno al luogo di lavoro, esterno vuol dire esterno, difficile vero?)
– chi voterebbe politici rigidissimi con i sottoposti, di cui normano anche i minuti e i secondi, ma che si sottraggono a quelle stesse regole che non valgono per loro stessi; che sono pronti ad accettare che i capi tecnici dell’amministrazione non abbiano neppure un orario giornaliero obbligatorio?
Sarà possibile trovare un certo numero di individui, forse in attesa delle briciole, più o meno grosse, che ritengono giusto disciplinare gli indisciplinati.
Guardando il padrone negli occhi dicono scandendo lenti le parole: posso aiutarvi a far credere ai lavoratori che sia tutela e non controllo.
No: è proprio controllo e non tutela.
Hanno ridotto il nostro lavoro a una prestazione: non deve essere più di quello che vogliono, niente creatività e capacità critica, potrebbe migliorare il prodotto, sì ma: è pericolosa, potrebbe far emergere i limiti di chi sta in alto: invece deve sempre risultare che loro sarebbero i migliori padroni del mondo.
E infine, mentre in modo protervo e minaccioso i vertici politici e tecnici della Regione vogliono normare la vita stessa (biopolitica), credono di pagare davvero in modo soddisfacente il valore del nostro tempo, della nostra vita che il tempo di lavoro sottrae? Stipendi bloccati, progressioni impossibili, assunzioni irrisorie, pensioni irraggiungibili, etc. Valutazioni soffocanti e noiose. Oltre al danno (stipendi bassi) la beffa (trattamento da servi).
I padroni con fare sicuro usano affermare: “Se non ti piace puoi andartene” con quel sorrisetto beffardo che presuppone: “non c’è alternativa, tu non hai scelta”. Invece l’alternativa c’è già in tutti quelli che pretendono di essere trattati da persone e non da servi. Semplice, vero?

*Marvi Maggio – Cobas Regione Toscana
https://rtcobas.wordpress.com/

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Marvi Maggio

Marvi Maggio, Architetta (laurea in Architettura Politecnico di Torino); abilitazione alla professione di architetto; Dottoressa di Ricerca in pianificazione territoriale ed urbana (Università di Roma La Sapienza); Master post lauream in Scuola di Governo del Territorio (SUM e Università di Firenze); Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia per il settore disciplinare 8/F1 pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale; funzionaria pianificatrice territoriale presso la Direzione Urbanistica e politiche abitative della Regione Toscana; rappresentante eletta dai lavoratori nell'RSU della Regione Toscana per i Cobas; socia fondatrice dell'International Network for Urban Research and Action.

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