Diritti, per il Comune di Firenze basta un festival

Eh sì, ne sentivamo proprio la mancanza: dopo il Festival della Democrazia e quello dell’Oriente, il Festival della Mente e quello dell’Antropologia, il Festival dell’Economia e quello della Letteratura, solo per citarne alcuni, finalmente arriva a Firenze il Festival dei Diritti. Programmato tra il 25 novembre (giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne) e il 3 dicembre 2017 – “dopo la giornata mondiale per la lotta all’Aids (1 dicembre)”, cita la presentazione diffusa dagli organizzatori, che vede in prima fila il Comune di Firenze insieme a tante associazioni di base. Proseguendo la lettura scopriamo che si tratta di una serie di eventi che hanno lo scopo di porre “in primo piano la lotta alle discriminazioni (contrasto all’omofobia, sportello Informadonna, opposizione  ad ogni forma di violenza)”.

Sappiamo che in questa fase del capitalismo, i Festival, di qualsiasi tipo, sono uno strumento di promozione dei luoghi in cui avvengono, un evento per attirare turisti e soldi in città più o meno in crisi, un modo per tratte profitto dalla cultura e per rendere il sapere sempre più una merce. Il Festival fiorentino, nonostante il titolo, non sembra propriamente rientrare in questa tipologia, essendo la città già sufficientemente valorizzata e venduta sul mercato del turismo internazionale. Sembra invece rivolto a chi a Firenze ancora vive e lavora, e soprattutto alle donne e alle persone omosessuali che, al netto dei diritti codificati nella società attuale, sperimentano una cittadinanza parziale.

Il Festival ha avuto forse anche un altro scopo, quello di far arrivare qualche sostegno economico ad associazioni cittadine storiche che figurano tra gli organizzatori, impegnate da anni nel contrasto della violenza contro le donne e nella valorizzazione dei saperi delle donne immigrate, e che sicuramente hanno subito i tagli dei finanziamenti pubblici al sociale e alla cultura.

Al netto di tutto ciò, ci sembrano necessarie alcune considerazioni. Innanzitutto il titolo ci sembra poco appropriato, i diritti non posso essere racchiusi nell’universo semantico definito dal termine festival. A parlare male si agisce male, ed è pericoloso associare i diritti con uno spettacolo, una rappresentazione…

In secondo luogo i diritti o sono di tutti o non sono. Così il diritto alla sicurezza delle donne è anche il diritto di vivere in una città vitale, che ha dentro di sé quell’energia positiva che esclude la violenza; ed è il diritto a quartieri e strade in cui le differenze abitano e si incontrano, invece di essere espulse per far spazio al negozio di lusso o all’albergo a 5 stelle. La lotta alla violenza in famiglia è anche il diritto all’educazione all’affettività, a imparare fin da piccolini a leggere e rispettare i propri desideri e quelli degli altri. La lotta all’omofobia è anche diritto all’istruzione e alla cultura, è diritto all’accesso a un sapere che si sta sempre più trasformando in diritto di classe, che lascia fuori gruppi sempre più ampi di popolazione. E poi le donne e gli omosessuali non sono categorie astratte buone per tutte le stagioni, sono identificazioni che dipendono dalle esperienze individuali e collettive, e che ricevono senso solo se intrecciate con altre, che sono il reddito e la scolarizzazione, la “razza” e l’età, l’accesso o meno alla cittadinanza.

Insomma, sono le politiche, anche locali, che misurano i diritti individuali e collettivi, e ci sembra che su questo fronte il Comune di Firenze sia drammaticamente in perdita, e non è sufficiente uno slogan o una passerella, un Festival, per nascondere la realtà che tutti viviamo.

Enrica Capussotti