Regione Toscana facciamo il punto, sì… bocciata!

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Nel 2015 è entrata in attività la nuova RSU (rappresentanza sindacale unitaria) dei lavoratori della Regione Toscana, che è eletta dai lavoratori ogni tre anni circa, le prossime elezioni sono previste entro il 20 aprile 2018. Ma siamo entrati in funzione proprio in concomitanza con l’inizio della legislatura regionale 2015-2020. Loro, la giunta della Regione Toscana, fanno il punto, a metà legislatura, noi lavoratori del comparto della Regione Toscana (non dirigenti e non direttori) facciamo il nostro.

Prima di tutto va detto che in nome della diseguaglianza, che sembra essere un (dis-)valore della struttura iper-gerarchica della Regione Toscana (che è diventata così, perché non era nata così), abbiamo il direttore generale della Giunta Regionale che percepisce 170.000 euro annui lordi e ben 14 direttori pagati 130.000 euro lordi annui; cui va aggiunta la Segreteria generale del consiglio regionale con 150.000 euro annui lordi.

I lavoratori della Regione Toscana invece hanno questi redditi: B in categoria iniziale 19.358 annue lorde; C in categoria iniziale 21.783 annue lorde; D in categoria iniziale 23.725 annue lorde. A questo si aggiunge la produttività annuale lorda che è condizionata dalla valutazione dei risultati e ammonta a 3000 – 4000 euro lordi annui per i regionali storici (già regionali prima dell’ingresso dei provinciali) ed è molto inferiore per gli ex provinciali. Il totale di tabellare e produttività è quindi fra i 24.000 e i 28.000 euro lordi annui.

Il nostro stipendio infatti è formato da una parte stabile e una variabile, definita salario accessorio, una parte del quale è la produttività, che è così definita perché è assegnata in base alla valutazione di quanto siamo produttivi. Per inciso va rilevato che, invece di parlare di produttività ed efficienza, per i servizi e per le attività di una pubblica amministrazione bisognerebbe utilizzare il concetto valutativo di qualità degli effetti delle politiche pubbliche, perché il concetto di produttività reifica i risultati del lavoro in cose (magari il numero delle pratiche o dei soldi spesi), mentre invece il focus dovrebbe essere semplicemente la qualità degli effetti delle politiche pubbliche, cioè i risultati del nostro lavoro collettivo nella pubblica amministrazione sulla qualità del territorio, del paesaggio, dell’ambiente, della società, dell’ambiente costruito, del processo di urbanizzazione, della struttura idro-geo-morfologica, della struttura eco-sistemica, della struttura insediativa, della struttura agroforestale. In sintesi quella della produttività è una valutazione burocratica e formale invece che sostanziale e costruttiva di qualità.

Va detto poi che siamo 2.935 negli uffici della Giunta e 226 negli uffici del consiglio (esclusi i dipendenti del consiglio e della giunta individuati dai politici e che non sono né assunti in base a concorso pubblico ma a cooptazione legalizzata, né sono sottoposti a valutazione). E quindi i fondi del salario accessorio di cui tratteremo qui di seguito sono condivisi da un gran numero di persone e sono lordi.

Il fondo del salario accessorio
Nel 2015 abbiamo subito chiesto progressioni orizzontali per tutti, per incrementare in modo stabile e non condizionale il nostro stipendio: in modo cioè da aumentare la parte stabile che deve essere pagata automaticamente e non sottoposta alle valutazioni. Abbiamo anche pensato a modi per aumentare gli stipendi di quelli che avevano già ottenuto l’ultima progressione possibile (gli apicali di ogni categoria). Contavamo sulle risorse liberate con gli esuberi e sul fatto che nel 2015 non “dovrà procedersi alla decurtazione dell’ammontare delle risorse per il trattamento accessorio in relazione all’eventuale riduzione del personale in servizio” (Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n.20 del 8/5/2015). Secondo i nostri calcoli si trattava di 2.295.000 euro disponibili in relazione ai pensionamenti del comparto. Ma contavamo anche sulla possibilità di ottenere una quota di quanto liberato dagli esuberi dei dirigenti (circa 4.000.000 di euro). La RSU proponeva, con la piattaforma unitaria del 2015, di firmare un nuovo contratto decentrato integrativo finanziato con il mantenimento sul fondo delle risorse del salario accessorio relative ai pensionamento e agli esuberi, cosa possibile grazie al fatto che dal 2015 non era necessario tagliare il fondo in relazione ai pensionamenti. Chiedevamo poi che le PO fossero assegnate attraverso procedure trasparenti e non discrezionali; che la mobilità rispondesse alle esigenze dei lavoratori; e chiedevamo anche, pensate un po’ il “miglioramento della gestione organizzativa del rapporto di lavoro”. La Regione ha detto no, malgrado le nutritissime assemblee e presidi dei lavoratori, rendendo così esplicito che la democrazia non abita negli uffici regionali, e a decidere è una minoranza di privilegiati super-pagati che non sembra proprio abbiano il senso della giustizia.

Insomma: chi guadagna 130.000 (i direttori scelti direttamente dai politici) euro lordi annui o 170.000 euro lordi annui (come il direttore generale) oppure i 13.000 euro lordi mensili (come Rossi) oppure 11.549,62 euro lordi al mese (come Bugli e tutti gli assessori) ha ritenuto che avevamo chiesto troppo. Ma non si capisce proprio perché debbano guadagnare 6 volte quello che guadagniamo noi lavoratori.

E’ noto che le progressioni orizzontali le hanno fatte quasi dappertutto, ma qui in Regione Toscana no, perché i soldi li hanno usati non per migliorare la situazione di tutti e quindi della maggioranza, ma per irrigidire la struttura gerarchica pesantemente influenzata dallo spoil system. Un sistema inefficiente malgrado tutti i reiterati auto-elogi che d’altra parte caratterizzano tutti i regimi poco o per niente democratici, un sistema che non premia quasi mai le capacità e le conoscenze, ma sempre le appartenenze e le tessere di partito.

Nel contempo mentre nell’accordo di previsione per le risorse decentrate per il 2016 il taglio in conseguenza degli esuberi era di 664.002 euro (per i regionali cui non si applica la lr22/2015), nell’accordo definitivo il taglio è diventato di 1.314.129 con l’effetto (conseguente al fatto che il 2016 è l’anno di riferimento come tetto da non superare nel 2017) che nel preventivo del 2017 si tagliano altri 1.227.209 euro. Un taglio di 2.541338 che è inaccettabile perché questi soldi sono dei lavoratori. Va detto che per il 2016 il taglio in relazione ai pensionamenti era previsto, ma non lo è più per il 2017. La RSU ritiene che il taglio di 664.002 sia quello corretto e non quello di 1.314.129. In sede di accordo sull’utilizzo del fondo 2016 delle risorse decentrate (8 giugno 2017) l’amministrazione ha preso l’impegno di verificare se il taglio proposto in sede preventiva fosse corretto attraverso un apposito quesito “da presentare nelle opportune sedi istituzionali”. Non ci risulta che sia stato inviato.

Eguaglianza di reddito
Con l’ingresso dei colleghi ex provinciali sarebbe stato scontato per chiunque di buon senso che avessero da subito un reddito equivalente al nostro, di regionali storici. Mi riferisco al salario accessorio ovviamente, perché i tabellari sono gli stessi. Invece no: fondi separati, nessuna risorsa aggiuntiva. Addirittura quando i fondi si unificheranno perché avremo il contratto collettivo nazionale e potremo procedere a quello decentrato, c’è il rischio che si divida fra più bocche da sfamare lo stesso magro raccolto. L’amministrazione tempo fa ci ha comunicato che avrebbe chiesto con forza allo Stato di mettere a disposizione le risorse necessarie, ma se lo Stato non lo farà, noi abbiamo la Regione Toscana come datore di lavoro e sono loro a dover risolvere una situazione inaccettabile: redditi diversi fra lavoratori che stanno fianco a fianco. E notate bene, qui siamo stati ridotti a difendere prima di tutto il reddito esistente e quindi chiedere aumenti diventa più lontano (ma noi non smettiamo di chiederli). D’altra parte una volta creata la separazione fra dirigenza e comparto, è lo scopo di chi comanda (le alte gerarchie regionali politiche e tecniche) proteggere il proprio reddito (lauto) a scapito del nostro. In scala minore ma lo stile è Marchionne.
Molti lavoratori ex provinciali ci hanno informati che qui in Regione hanno avuto una quota di salario accessorio inferiore a quella che avevano in provincia, e alla fine abbiamo scoperto che ci sono ben 300.000 euro di residui dei fondi ex province che però la regione non vuole distribuire, malgrado le reiterate richieste.

Nel frattempo il telelavoro, che è una modalità di lavoro che non toglie nulla alla qualità del lavoro che viene erogato, a causa del nuovo disciplinare è diventata una possibilità a cui riesce ad accedere solo chi ha criteri di precedenza, ma non basta: bisogna che il proprio dirigente riconosca che il lavoro è telelavorabile. Ma la telelavorabilità è un dato oggettivo e non discrezionale. Come è possibile quindi che lavori che sono stati telelavorabili per anni non lo sono più perché il dirigente è cambiato? Forse perché il feudalesimo non richiede giustificazione: è potere che deriva da dio, e quindi…Forse l’unica cosa positiva della legge Madia è prevedere che ALMENO il 10% del personale di ogni ente possa lavorare in telelavoro se lo desidera. Va da sé chiedere che la Regione si metta in regola.

Aggiungiamo poi che malgrado il nostro sia un lavoro stabile e sicuro, riescono a non pagare il tempo di viaggio (che diventa tempo di vita proprio, offerto gratuitamente al datore di lavoro), ma badate bene, ci sono le eccezioni, ovvio, come per i giornalisti e gli autisti, certo loro viaggiano per lavoro, ma noi viaggiamo per il nostro divertimento o per andare a riunioni o sopralluoghi per conto della Regione? Orari notturni pagati come se fossero diurni, se pure fosse legale, è senza dubbio infame.

Anti incendio boschivo, centro funzionale regionale, scuola cani giuda, sismica, i lavoratori addetti alla sorveglianza e alla custodia delle opere idrauliche della Toscana, in modi differenti ma simili hanno chiesto sostegno alla RSU per ottenere l’applicazione di regole che facilitino il lavoro invece di ostacolarlo e un pagamento congruo per il lavoro disagiato e di alta responsabilità che svolgono. La Regione deve tirare fuori i soldi per pagare il lavoro che viene svolto. E assumere lavoratori quando mancano. Punto e basta. “Sciur padrun da li beli braghi bianchi fora li palanchi”…come diceva una bella canzone di protesta.

E poi: abbiamo una ottantina di tempi determinati che aspettano la stabilizzazione di cui hanno diritto, perché lavorano qui da anni e anni e con risultati sempre molto positivi. E sono stati assunti a tempo determinato in base a procedure selettive o a concorsi pubblici. La Regione non può affermare di non avere risorse, non è accettabile. Potrebbe iniziare ad assumere stabilmente questi lavoratori invece di chiedere alle imprese di farlo. Insomma inizi lei ad essere virtuosa sui diritti dei lavoratori invece di chiederlo agli altri. Tra l’altro sarebbe anche meno costoso, visti gli enormi sgravi fiscali alle imprese e i miliardi di euro devoluti alle imprese il cui scopo è il proprio profitto e non certo i diritti dei lavoratori o contrastare la disoccupazione.

Finiamo con la sventata ipotesi di controllare i lavoratori nelle loro esigenze primarie attraverso timbrature per bere un caffè o un bicchiere di acqua ad un bar interno. In questo caso alla fine, dopo mesi di discussioni, hanno preso la decisione giusta. Ascoltare il nostro punto di vista è il primo passo.

Facciamo il punto per questa metà legislatura regionale, dal punto di vista dei lavoratori (non dei raccomandati): bocciati, non avete superato la prova, svegliatevi se non volete essere licenziati (metaforicamente, non vi preoccupate). Un vero licenziamento è compito delle elezioni e della democrazia rappresentativa (da quella governamentale non c’è molto da aspettarsi).

Ma nel frattempo, suggeriamo un cambio di rotta e un cambio di passo.

*Marvi Maggio – Cobas Regione Toscana
https://rtcobas.wordpress.com/

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Marvi Maggio

Marvi Maggio, Architetta (laurea in Architettura Politecnico di Torino); abilitazione alla professione di architetto; Dottoressa di Ricerca in pianificazione territoriale ed urbana (Università di Roma La Sapienza); Master post lauream in Scuola di Governo del Territorio (SUM e Università di Firenze); Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia per il settore disciplinare 8/F1 pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale; funzionaria pianificatrice territoriale presso la Direzione Urbanistica e politiche abitative della Regione Toscana; rappresentante eletta dai lavoratori nell'RSU della Regione Toscana per i Cobas; socia fondatrice dell'International Network for Urban Research and Action.

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