Genta (sogno), ovvero delle fughe tra i binari

Da qui a Dakar ci sono 4200 chilometri.
In linea d’aria.
Con l’aereo, circa quattro ore.
Via terra, dipende.
Dai soldi, dalla fame, dal sogno.

Alle sette del mattino Moustapha è già lì, davanti al solito bar pasticceria, vicino al cavalcavia di piazza Alberti. 

Abita a Pontedera, si alza alle cinque, sale sul treno e tutte le mattine prende posto lì, con la sua merce esposta, almeno fino alle dieci e mezzo, a volte le undici. Dopo se ne va verso Gavinana e il pomeriggio verso il centro. A sera torna a Pontedera.

Un ambulante in proprio consapevole di non esserlo, un lavoratore alla ricerca del lavoro, perché, dice, “questo non è lavoro”.

Un giorno, una delle prime volte che aveva preso postazione davanti a quel bar, mi fermai a parlarci per un po’. Viene da un paese non molto distante da Dakar, è venuto via perché lì “non c’è lavoro”. Invece, qua in Italia…uno sguardo alla sua merce…”non c’è lavoro”. E giù una risata che mi catturò, per l’autoironia e per l’inshallah che esprimeva.

Mi ha insegnato le basilari prime parole senegalesi in wolof, “nanga def?”(come stai?), “mangi fi rek” (molto bene, grazie, e tu?), “Ba beneen yoon!” (ciao), “djeerejef” (grazie) e quando provo a pronunciarle lui ride sempre, con quel sorriso africano che brilla sempre, anche nella sventura.

E’ aggiornatissimo sulle vicende calcistiche, e in particolare, almeno con me, per ciò che riguarda la Fiorentina e, ovviamente, Babacar. E’ felice il giorno dopo che Baba ha segnato. E’ dubbioso quando Baba gira a vuoto. Comunque, lui tifa per il Real Madrid, e, nel melodramma popolare del calcio internazionale, come si fa a non capirlo? A quel livello Barcellona, Real, Manchester, Bayern diventano mitologia politeista e si spartiscono i fans per suggestione mistica. E, quindi, uno vale l’altro.

Poco tempo fa mi ha chiamato amico, “xarit” in wolof, e io mi sono un po’ imbarazzato, perché mi sembra sempre una parola grossa, che va dosata, e che comporta di doversela meritare.  Probabilmente era una giornata iniziata con un po’ di euforia in più, forse si è “allargato” perché magari non è così frequente avere degli scambi continuativi con un indigeno, anche se brevi, o forse è piacevolmente stupito che lo stesso indigeno dedichi un po’ del proprio tempo e della propria attenzione a cercare di balbettare qualcosa in wolof.

Talvolta mi chiede, discretamente, di pensare a lui se dovessi sentire di qualche lavoro. Non mi chiede di aiutarlo, mi chiede di informarlo. Una questione di dignità.

Moustapha fa parte di quei lavoratori ambulanti irregolari che tutti i giorni raggiungono Firenze passando per la lotteria della stazione, cioè cercando di attraversare di corsa i binari prima di entrare in stazione per evitare i controlli della Polfer e del personale di RFI che fanno passare solo chi ha regolare biglietto. A dicembre un ambulante rumeno ci ha rimesso un piede sotto un Frecciarossa. Adesso che RFI ha installato i gate con la barriera di plexiglass anche per i binari 16 e 17 è quasi impossibile tentare questa corsa verso la probabilità di sopravvivenza nella società dell’esclusione dove sono finiti.

Blindare tutto, controllare tutti, espellere, allontanare, condannare. Siamo nell’era Minniti, quella che insegue il fascioleghismo e che determina la condanna di tutto ciò che di umano arriva dal mediterraneo. L’ambulante è quindi solo un “abusivo” e per la nostra ingloriosa stampa “spacciare la paccottiglia” sarà impossibile dato che “non potranno più nemmeno annusare i binari” (La Nazione).

Disprezzo, infamia, derisione, sono le attenzioni che quindi si rivolgono al popolo migrante, rappresentate anche da queste scene da Alabama anni ‘20. Una situazione che “scortica i nervi agli agenti” che inseguono gli attraversatori di binari che quando si incazzano “danno in escandescenze” (sempre La Nazione).

D’altronde siamo nella città che con Renzi sindaco e Saccardi vice soppresse il mercatino ambulante sul lungarno (2010) perché non rispondeva alla filosofia del “bello” propugnata dal bulletto di Rignano.

In una delle capitali del commercio turistico mondiale, e che somiglia sempre più ad un set di cartone, non è ammissibile che si tenti di raccogliere le briciole che i gonfi portafogli vacanzieri possono lasciar cadere. Per San Valentino sono stati eroicamente fermati e denunciati 13 venditori abusivi di rose (!?) e sequestrate ben 170 rose (!!!), un qualificante bottino, ovviamente con l’aggiunta della multa da 500€ per “vendita itinerante in zona non consentita”.
La ricerca della sopravvivenza non è consentita nel centro-vetrina.

Preoccupato da questa deriva, chiedo a Moustapha se anche lui fa le corse la mattina per attraversare i binari, ma lui mi “rassicura” che riesce sempre a fare il biglietto.

Comunque ha smesso per ora di andare in centro il pomeriggio. La sua idea è che non si può aggiungere merda ad una vita già di merda.

E il sogno forse si è già perso per sempre.

*Alessandro De Angeli