L’origine sociale delle dipendenze: sfruttamento e povertà grandi incentivi

È più di un anno e mezzo che il nostro spazio è aperto. Lentamente, ma inesorabilmente, perché risponde a un bisogno reale di socialità e di gratuità, si è riempito di persone e di relazioni. Dallo sportello lavoro, al gruppo di teatro, alle riunioni di organizzazioni e comitati, alle proiezioni, Inkiostro è ormai attraversato settimanalmente da centinaia di persone, molte delle quali sono giovani, spesso adolescenti.

Come tutti gli spazi giovanili, anche il nostro deve porsi delle domande fondamentali: che tipo di socialità vogliamo nel nostro spazio? Che modello culturale vogliamo diffondere? La risposta non può non confrontarsi con la questione dell’utilizzo delle droghe e delle dipendenze in generale, proprio perché siamo in prima persona esposti al rischio delle dipendenze, del ritorno dell’eroina, dei danni psicologici che molte droghe sintetiche producono. Lo siamo per un fattore banalmente generazionale, che non è semplicemente quello di “essere giovani”, oppure il tanto sbandierato “disagio giovanile”; quest’ultimo è al massimo un effetto, non la causa. A monte c’è il fatto che le nuove generazioni sono nate e cresciute in un ambiente completamente mercificato  che ci illude con vane promesse di felicità attraverso il consumo sfrenato; il capitalismo, ormai pienamente dispiegato su scala globale, plasma e organizza il nostro pensiero e il nostro sentire con i mezzi di comunicazione di massa e la pubblicità commerciale, separandoci gli uni dagli altri e perfino da noi stessi. Non è un caso se siamo a disagio: è insieme una conseguenza e un modo di riproduzione dell’esistente.

Tutti noi conosciamo qualcuno che “ci è rimasto sotto” con qualcosa, dall’alcool a droghe più pesanti; sappiamo bene dell’”uso performativo” che si fa della cocaina nelle cucine, nei catering e nei retrobottega dei locali del centro di Firenze: sono i nostri amici, i nostri colleghi, quelli che si sfondano di alcool o di roba pesante dopo o spesso durante il lavoro. La dipendenza da sostanze non è qualcosa di estraneo alle nostre vite: è soprattutto nelle nostre comunità che fa i danni peggiori. Lo dicono anche i dati forniti dai centri per le tossicodipendenze: sempre più spesso sono i lavoratori a fare uso di droga. Per reggere i ritmi, ma anche perché “emotivamente sfiniti” o “frustrati” dal troppo lavoro.

Noi non vogliamo riprodurre la merda che c’è fuori dal nostro spazio, ma contribuire a superarla. Per questo pensiamo che sia giusto prima di tutto combattere alla radice le ragioni che portano alla dipendenza: vogliamo che il nostro spazio sia un punto di appoggio per le lotte dei lavoratori, di tutti coloro hanno intenzione di sottrarsi ai ritmi sempre più assurdi che ci vengono imposti sul lavoro, soprattutto nella ristorazione, ma non solo; rifiutiamo anche il ruolo di sfogatoio che hanno molti locali del centro: nel nostro spazio vogliamo costruire dei legami “nutritivi”, che stimolino la creatività e il farsi artefici del proprio destino, in tutti i campi: dall’arte, alla cultura, alla politica.

Pensiamo poi che la logica dei provvedimenti di contrasto allo smercio e al consumo di droga vada ribaltata rispetto al modello che in questi giorni la Lega sta promuovendo: equiparando droghe leggere e droghe pesanti, come hanno fatto la Legge Fini Giovanardi del 2006 e il decreto Lorenzin, si rischia solo di aggravare il problema: dopo 13 anni possiamo dire che la Fini Giovanardi ha avuto l’effetto di far esplodere la popolazione carceraria tra consumatori e piccoli spacciatori, e di far aumentare lo smercio di droghe pesanti, più facili da trasportare e più redditizie. Niente è cambiato, anzi: le mafie, con i loro appoggi politici, sono ancora là a ricordarcelo.

Pensiamo al contrario sia importante:
– lottare per la liberalizzazione delle droghe leggere e la loro completa depenalizzazione, lottare perché la produzione e il loro commercio non diventi occasione di profitto per qualcuno;
-promuovere serie politiche di riduzione del danno, cioè dare la possibilità ai consumatori di sapere cosa effettivamente stanno assumendo (attraverso analisi gratuite delle sostanze acquistate), consigli da parte di personale medico sulle quantità da assumere, personale sanitario pronto ad intervenire nei luoghi dove è più massiccio il consumo;
-dare la possibilità di accedere a servizi sanitari gratuiti che monitorino gli effetti delle sostanze sul proprio corpo, garantire un supporto psicologico oltre che percorsi di disintossicazione non incentrati sulla costrizione, sulla colpevolizzazione né tanto meno sulla violenza.

Insomma noi non possiamo stare ad aspettare che il capitalismo crolli, e nel mentre continuare a raccogliere le vite distrutte dei nostri amici e dei nostri colleghi. Servono politiche di contrasto immediato delle dipendenze. Ma nemmeno possiamo nasconderci l’origine sociale dell’abuso di sostanze: non dobbiamo mai smettere di denunciare che tutte le droghe, anche quelle legali, sono un’ulteriore chance per i padroni di tenerci buoni, di controllarci: più aumenta lo sfruttamento, l’oppressione e la povertà, tanto più aumenta l’utilizzo di droghe. Vogliamo assumerci in prima persona la responsabilità della lotta contro questo stato di cose inaccettabile, vogliamo superare, qui e ora, lo stato di cose presente.

Per questo, a partire dal nostro spazio, lavoriamo tutti i giorni per costruire insieme una vita piena e intensa, indipendente dalle logiche disumane del profitto, fatta di legami capaci di nutrirci, incontri, sperimentazioni, sviluppo collettivo delle abilità e delle potenzialità che abbiamo come individui sociali: non si sopravvive nel vuoto della solitudine che ci impone questo mondo, si vive e si cresce insieme. E possiamo farlo adesso: basta tendere la mano per superare gli schermi che ci separano gli uni dagli altri.

Per questo esistiamo, per questo lottiamo.

*Spazio InKiostro