Anche Nardella dice no allo shopping domenicale

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2010-02-04 13:29:49

><p>[La Repubblica Firenze, 04/02/2009] <br />No allo shopping domenicale nei megacentri commerciali? Dario Nardella è d’accordo al cento per cento. La proposta di Turiddo Campaini, presidente di Unicoop Firenze, è subito raccolta dal vicesindaco che ha la delega allo sviluppo economico, deciso a difendere la specificità e il valore dei centri commerciali naturali, ossia quella rete di botteghe e negozi che fa vivere i quartierie che ancora rappresenta un modello di consumo a misura d’uomo. <br />Venti aperture domenicali, niente di più, per la grande distribuzione. Il tempo libero si può passare anche in maniera diversa. Nardella, lei la pensa come Campaini? «Penso che con la sua riflessione Campaini abbia aperto un dibattito interessante, su cui come amministrazione abbiamo una posizione precisa e condivisa da tutti i Comuni della piana tra Firenze, Prato e Pistoia, compresi quelli che hanno centri commerciali nei loro territori. Con la crisi economica stanno radicalmente cambiando le dinamiche del consumo e noi dobbiamo pensarea nuovi modelli di acquisto». <br />I colossi della grande distribuzione hanno ammazzato il commercio nelle città. Meno domeniche cosa salveranno? «Il 24 febbraio Comuni e categorie economiche inizieranno gli incontri per concertare orari e chiusure festive. Ma l’orientamento è già chiaro, la liberalizzazione spinta è superata, il periodo dell’iperconsumismo è finito, non ha più senso la pressione psicologica all’acquisto futile e fine a se stesso. Sfatiamo il mito della vetrina aperta 24 ore al giorno». Ma nei centri storici le aperture saranno incentivate. <br />«Certo, qui il discorso è diverso, bisogna conciliare le esigenze di rilancio dei centri con la domanda del turismo. In generale vanno tutelati i negozi di vicinato, tra cui rientrano anche quelle piccole catene di supermercatini che ormai fanno parte del tessuto commerciale dei quartieri. I giganti della grande distribuzione desertificano il commercio locale, introducono un generale abbassamento della qualità della vita del lavoratore costringendolo a fare orari pazzeschie, impongono una cultura del consumo che è quella dei multiplex e dei megastore». <br />Gigli e Ikea, però, la domenica sono affollati. <br />«Dipende da quale tipo di prodotti si vanno a comprare, è abbastanza normale che una famiglia affronti l’acquisto di un divano o di una libreria la domenica. <br />Non voglio certo tornare ai piani sovietici di controllo del commercio ma penso invece a garantire libertà d’impresa senza mortificare un modello di politica commerciale. Questa è la scommessa delle istituzioni: non cancellare le identità e i valori del commercio». Un esempio. Cosa dovrei trovare in una via di Firenze? «Non dovrei trovarci solo lavanderie a gettoni e ristoranti ma anche una merceria. Se per comprare un paio di calzini sono costretto a fare due chilometri in macchina cosa ottengo in termini di mobilità e impatto ambientale? Questo ha poco a che fare con l’etica e molto con l’economia». Non è un po’ tardi per correre ai ripari? «No, la Toscana potrebbe ancora peggiorare. Non abbiamo superato il punto di non ritorno».<br />di Simone Poli

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