Mondeggi fattoria senza padroni e presidio di democrazia

La “fattoria senza padroni di Mondeggi”, insediatasi con un presidio il 29 giugno al termine di una tre giorni di iniziative e assemblee, ha ormai passato i tre mesi di attività e si confronta oggi con una scadenza dirimente e vitale per il proseguimento del progetto: il 13 ottobre scadono infatti i termini per la presentazione di offerte economiche per il bando con il quale la Provincia di Firenze ha messo in vendita l’azienda Mondeggi Lappeggi, nel comune di Bagno a Ripoli.

Il bando interessa circa 170 ettari (25 a vigneto, 45 a oliveto, 30 di bosco e 70 di seminativo o pascolo) e quattro complessi colonici, oltre ad un capannone agricolo, per circa 4.400 mq. di superficie utile, mentre non viene alienata né la villa né il parco annesso a questa, cioè tutta la parte ora sottoposta a vincolo di tutela dalla Soprintendenza. Un valore stimato in 9.240.000 euro ma la società è stata posta in vendita al prezzo base di 7.880.000, in quanto “l’acquirente dovrà farsi carico delle passività accumulate dalla società stessa”. Il bando è stata la scorciatoia scelta dalla Provincia di Firenze per uscire dal disastro di una mala gestione durata decenni e per far quadrare i conti dell’ente dissestati dall’ultimo decreto acchiappavoti di Renzi (quello sugli 80 euro). Ma è stato anche un affronto alla volontà della comunità locale che oltre ad esprimersi nell’impegno di centinaia di attivisti contro la svendita di Mondeggi si era pure concretizzato in un un voto unanime del consiglio comunale di Bagno a Ripoli che chiedeva alla provincia di recedere dalle ipotesi di alienazione e di intavolare una trattativa con le istituzioni ed i movimenti locali per la gestione del bene.

Mondeggi

Ovviamente la rottura unilaterale da parte della provincia di ogni concertazione o trattativa ha portato il movimento a poter perseguire nell’immediato soltanto la strada della resistenza dal basso e militante, con il presidio che in questi tre mesi ha già prodotto vistosi cambiamenti all’area e ha anche cominciato a strutturarsi operativamente dal punto di vista agricolo. I risultati ottenuti sono stati più che positivi, soprattutto considerando quali erano le forze in campo quando si è iniziata l’avventura: studenti del collettivo di Agraria ricchi di conoscenza ma privi di esperienza pratica, giovani del precariato agricolo che avevano limiti di disponibilità imposti dal loro lavoro, contadini delle reti neorurali che potevano aiutare solo compatibilmente con i propri impegni stagionali, gasisti e cittadini del territorio che mettevano a disposizione tempo libero o sottratto al loro lavoro, Wooffers o ospiti di passaggio che svolgevano attività di autoformazione e solidarietà, il tutto solo con lavoro volontario e non retribuito.

I risultati sono stati importanti, con la ripulitura della struttura semifatiscente di un fienile, il ripristino in condizioni di abitabilità della casa di Cuculia, la realizzazione di uno spazio pulito da rovi e rifiuti (come era all’atto dell’insediamento del presidio) dove oggi si svolgono attività culturali, assemblee e attività di formazione della scuola contadina in fieri, feste, presentazioni di libri e cinema all’aperto. Ma soprattutto dal punto di vista agrario si sono realizzati il recupero dall’abbandono di tre ettari circa di superficie a seminativo, lavorati per le future semine di cereali (nell’ambito di un progetto che ha come obiettivo la ricostruzione dell’intera filiera del pane autoprodotto in loco), la edificazione di una ampia area ad orti cintati presso le abitazioni sia per autoconsumo del futuro nucleo contadino sia per la produzione da vendita, l’impianto di strutture per l’allevamento in pieno campo di galline e ovini, l’avvio di un apiario per produzione di miele da vendita, la potatura di rimonda di più di 600 olivi, il ripristino di parte del sistema di adduzione acque, la realizzazione di strutture per l’immagazzinamento della legna e degli strumenti di lavoro.

Non era scontato che si riuscissero a raggiungere questi risultati con una fattoria che sino ad oggi si regge solo con il lavoro volontario, in condizioni di extra-legalità e quindi anche di assenza di garanzie certe sul proprio futuro.

Ma è importante rilevare che in questi mesi Mondeggi è assurta pure a esempio nazionale e prototipo sperimentale di quello che può essere un percorso dal basso di creazione di una gestione comunitaria di un bene demaniale, entrando in rete con iniziative similari (tipo Caicocci Bene Comune in Umbria) e con tutte le esperienze di agricoltura contadina (Genuino Clandestino in primis) che si sono negli anni organizzate e radicate a livello nazionale, portando anche all’avvio di un dibattito istituzionale sulla necessità di normare questa specifica agricoltura sia nelle leggi regionali sia nella normativa nazionale. Questa valenza esemplare è ovviamente legata alla temperie politica che stiamo vivendo, con il decreto SbloccaItalia (o SfasciaItalia che dir si voglia) che di fatto interviene sulle procedure di alienabilità dei beni pubblici, e con il profilarsi della minaccia del TTIP: l’adesione al trattato transatlantico porterebbe rischi dal punto di vista della sicurezza alimentare, in quanto le norme europee su pesticidi, Ogm, carne agli ormoni e più in generale sulla qualità degli alimenti, più restrittive di quelle americane e internazionali, potrebbero essere condannate come barriere commerciali illegali, con buona pace della transizione ad una agricoltura sostenibile e contadina della quale anche l’esperienza di Mondeggi è nei fatti parte.

Siamo a questo punto ad un discrimine: se ci saranno risposte economiche di privati al bando (e lo sapremo il 14 ottobre), e se la Provincia a queste darà spazio, il mantenimento del presidio di Mondeggi assumerà probabilmente un carattere “resistente” politicamente importante ed a scala extralocale, ma sicuramente andrà in secondo piano l’aspetto di “pratica dal basso” di Bene comune che doveva assumere negli intenti enunciati dalla propria carta fondativa.

Se invece il bando andrà deserto si potrebbe riaprire lo spazio per affiancare alla iniziativa politica sul campo una azione per strutturare sul lungo periodo l’esperienza e darle gambe per durare, trasformando il presidio in un insediamento contadino vero e proprio che vive economicamente della attività di una fattoria pubblica multifunzionale e poliproduttiva. Si riaprirebbe spazio anche per pensare a forme istituzionali che affrontino il problema, che sempre il movimento si è posto, del coinvolgimento della comunità locale; la risposta sino ad oggi tentata, sicuramente con limiti ma anche con grandi momenti di coinvolgimento e sensibilizzazione, è stata quella di prevedere un doppio livello del movimento con una ASSEMBLEA TERRITORIALE che è di fatto aperta a chiunque e dovrebbe prefigurare una sorta di controllo della comunità territoriale (in senso esteso) sulla gestione del BENE COMUNE, ed una ASSEMBLEA DI FATTORIA che è la forma organizzativa (con propri gruppi di lavoro) di coloro che partecipano in prima persona al presidio e che invece prefigura l’autorganizzazione della nuova comunità contadina reinsediatasi a Mondeggi.

Si può sicuramente sempre fare di meglio, e nella stessa assemblea spesso si discute dei limiti e dei problemi che abbiamo avuto e che abbiamo nel rapporto con la cittadinanza residente, ma sarebbe ingeneroso non vedere che siamo di fronte ad un esperimento senza rete, senza precedenti e senza modelli precostituiti: non è l’occupazione di una casa sfitta, non è neanche la riappropriazione di una fabbrica dismessa da parte dei lavoratori, questo è un bene della comunità e chi si impegna nel progetto sa che in prima istanza si deve salvaguardare un insieme di valori e di interessi della collettività, dalla tutela del paesaggio alla accessibilità del bene, che possono anche non corrispondere immediatamente alla comodità di gestione di chi il bene lo amministra per conto della comunità. Così come sarebbe ingeneroso non vedere che i risultati pratici di riscatto dall’abbandono della fattoria possono apparire minimali ma che siamo di fronte a pratiche in controcorrente, che di fronte agli interessi in gioco e allo strapotere dell’agroindustria proporre un modello di agricoltura contadina qui e oggi può venir presentato come il delirante obbiettivo di fanatici “polpottisti”, come d’altronde è successo nel dibattito sul Piano Paesaggistico Regionale (a fronte dei timidi tentativi del Piano proposto di mettere dei limiti allo strapotere dell’agrobusiness e dei neolatifondisti oleo e vitivinicoli).

È perciò vitale che chiunque condivida o abbia condiviso quella carta degli intenti del movimenti per Mondeggi, chiunque si senta solidale con questa lotta, non lasci sola quest’esperienza. Qualunque sia lo scenario che si aprirà dopo il 14 ottobre siamo di fronte a una vertenza che trascende e di molto le valenze semplicemente locali, che si inserisce in un ampio movimento (addirittura internazionale) di resistenza alla privatizzazione dei beni comuni, di lotta contro il landgrabbing e contro il neoliberismo sfrenato.