San Salvi per la città!

san salvi città apertaL’area è costituita da un ex complesso manicomiale rilevante per dimensioni e di notevole pregio architettonico, quasi unico nella sua tipologia in Italia, molto innovativo per l’epoca (fine ‘800), caratterizzato nella struttura da grande organicità e unitarietà, esemplificata dalle gallerie di collegamento terrazzate le cui arcate costituiscono elemento ritmico di continuità fra i padiglioni. Il complesso è immerso in un parco storico con alberi ad alto fusto lungo tutto il viale, boschetti di varie essenze nei giardini e lungo l’articolazione dei vari percorsi che si innervano dentro l’edificato. Qualità che possono concorrere a trasformare un’area un tempo concepita come chiusa e separata, in un’area accessibile, attraente, inclusiva e di aggregazione.

L’area di San Salvi è un’isola verde in una zona densamente costruita. Situata nel quadrante nord-est di Firenze, ha mantenuto, grazie alla sua caratteristica struttu­ra “chiusa”, la funzione di cerniera tra il centro cittadino e la campagna. Infatti si trova in prossimità di elementi paesaggistici di notevole rilievo (le colline di Vincigliata e Settignano, il corso del fiume Mensola), ma ormai è completamente integrata in un tessuto urbano densamente popolato. La superficie originaria del complesso era di circa 32 ettari, ma nel tempo è andata assot­tigliandosi per la cessione di spazi marginali ai progetti di urbanizzazione, e per le subrecinzioni che si sono create al suo interno.

Il vincolo della Soprintendenza

L’area, sin dal maggio 1993, è sottoposta a Vincolo di tutela della Soprintendenza che, nella Relazione Storico Artistica allegata alla dichiarazione del Vincolo stesso, sottolinea come

l’interesse complessivo di tutta la struttura è costituito, più che dalle caratteristiche architettoniche delle singole costruzioni, dall’aspetto estremamente unitario del loro insieme, ritenuto all’epoca della realizzazione particolarmente moderno e funzionale. […] Così anche il parco circostante, le cui essenze arboree acquistano ora un interesse dato dal loro aspetto centenario, si compenetra con le strutture architettoniche e ne costituisce una sorta di limite naturale.

Viene quindi riconosciuta all’ex area manicomiale di San Salvi una straordinaria integrazione delle sue parti, edificate e non, tale da dover richiederne la tutela, a garanzia che sia rispettato e conservato nel tempo proprio il carattere originario dell’intera struttura territoriale.

La proprietà è pubblica

L’Amministrazione comunale, nel 2007, ha promosso un Piano Urbanistico Esecutivo (P.U.E.) con il quale, secondo i cittadini che stanno seguendo le vicende:

  • frantuma la sostanziale struttura unitaria dell’area suddividendola in parti, ciascuna destinata ad una funzione specifica (residenza, parcheggi, attrezzature socio-sanitarie, ecc.),
  • non favorisce l’integrazione dell’area con il quartiere,
  • compromette l’integrità degli spazi a verde del parco,
  • privatizza il parco imponendo la costruzione di residenze private di lusso,
  • crea una notevole congestione di funzioni e di traffico nella zona,
  • espelle le occupazioni dei senza casa e il variegato mondo della sperimentazione culturale e sociale ora esistente.

Le proposte del Comitato San Salvi chi può

L’obiettivo generale di un progetto urbanistico per San Salvi deve essere quello di restituire alla città un’area di pregio nel rispetto delle peculiarità e dell’unicità degli spazi che la funzione manicomiale ha originato. Ancora oggi, pur tenendo conto del suolo già consumato, è possibile ripensare unitariamente il parco e i padiglioni in modo da farne il centro civico vivo del quartiere, luogo di interesse per tutta la città e non solo, grazie al suo valore storico e alla sua natura di polmone verde. Questo consentirebbe di:

  • scongiurare le privatizzazioni speculative, rimuovere le recinzioni ed evitare frazionamenti ulteriori;
  • usare i padiglioni come luogo d’incontro, di formazione, di attività culturali permanenti;
  • programmare eventi culturali di rilievo negli armoniosi spazi all’aperto, come il cortile d’onore della palazzina della direzione;
  • destinare alcuni padiglioni ad abitazioni di passaggio per sfrattati e giovani coppie in attesa di una residenza stabile, promuovendo forme di cohousing e autorecupero delle costruzioni;
  • valorizzare la vocazione ecologico-naturalistica del parco, rendendolo transitabile solo a pedoni, ciclisti, mezzi elettrici, ambulanze e attrezzandolo adeguatamente.

Per quanto riguarda i giardini e il patrimonio arboreo: censimento volto alla cura di tutto l’insieme, e contemporanea restituzione ai cittadini di un Parco veramente adoperabile per la quiete e il respiro e di porzioni di terreno da usare quali orti urbani, dotati di rifornimento idrico; quindi abolizione dell’uso di ogni spazio come parcheggio, installazione di panchine, fontanelli e giochi per bambini, percorsi dedicati a bussini elettrici e ambulanze, percorsi pedonali e ciclabili distinti dai precedenti e collegati con i parchi viciniori a formare sistema; corse ATAF normali su via del Mezzetta e fermata della ferrovia locale a servire il Parco, nonché il campus scolastico già esistente e la vicina Posta nuova.

Per quanto riguarda i padiglioni e i servizi socio-sanitari: uso esclusivamente pubblico, evitando ogni privatizzazione temporanea o definitiva, a favore dell’ASL stessa, dei suoi assistiti e dei suoi laboratori, in particolare quello del Servizio di Analisi e Medicina del Lavoro ricco di strumenti delicatissimi e costosi, nonché a favore dell’Università e degli studenti; il rispetto e l’adeguato finanziamento per tutte quelle attività sociali presenti quali la cooperativa sociale “Ulisse”, che si occupa del reinserimento di ex pazienti psichiatrici, la cooperativa “La Tinaia” che offre a questi ultimi e a persone in difficoltà spazi di espressione artistica, la RSA “Le Civette” per i non autosufficienti con il Centro diurno per i malati di Alzheimer, le residenze protette, per i loro ospiti e per le attività della Tinaia; la destinazione di alcuni padiglioni come sedi di passaggio per sfrattati o giovani coppie o migranti in attesa di residenza stabile; apertura di spazi per la sperimentazione artistica e artigianale; potenziamento delle esperienze teatrali e cinematografiche già avviate dal gruppo Chille della Balanza, con restauro del cine-teatro degli anni ’30; sistemazione della Biblioteca Chiarugi adeguata alla sua importanza e ai suoi compiti; uso dei più armoniosi spazi esterni per eventi culturali; collocazione di mercatini ambulanti nelle piazze principali; buona illuminazione notturna di tutto il complesso.

Per quanto riguarda la cura della memoria dei luoghi, delle intenzioni e realizzazioni innovative, del degrado successivo e delle sofferenze infinite lì traghettate: posa di targhe con illustrazioni all’ingresso dell’ex complesso manicomiale, nei padiglioni e ove il caso nelle singole sale; ricostruzione in video della storia di San Salvi come monumento locale riguardante la medicina e la psichiatria in particolare in un locale a ciò dedicato; ricollocazione unitaria presso la biblioteca Chiarugi di tutti gli archivi sansalvini sparsi per la città, in modo da garantirne la fruibilità a studenti e studiosi.

In sintesi, e sulla base delle considerazioni fin qui svolte, riteniamo che entro breve tempo debba essere elaborato e pubblicizzato un PIANO STRAORDINARIO DI RECUPERO AMBIENTALE ED URBANISTICO dell’area che si fonda su alcune opzioni non negoziabili:

  • mantenimento della proprietà pubblica di tutta l’area di San Salvi,
  • stensione della destinazione a servizi pubblici all’intero complesso manicomiale,
  • convocazione di una conferenza allargata dei soggetti istituzionali e non, per definire le priorità dell’azione di rinascita dell’area,
  • laborazione del Piano Straordinario di Recupero e conseguente avvio dei lavori di riordino dell’area.

Proprio questo modello di gestione del processo, prima progettuale e quindi attuativo, anche per fasi successive, insieme all’interesse per il tema adottato potrebbero costituire una proposta innovativa per la Città, ed un modo per cominciare a praticare gli spazi urbani e di servizio come reali Beni Comuni della città, del territorio e della popolazione, oltre che dell’Amministrazione Pubblica.

Comitato San Salvi chi può
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