“Il libro di cucina” di Babette

alice t e gertNel 1979, precisamente a dicembre, una persona che mi conosce e mi vuole molto bene, mi regalò un libro strano. Non è proprio “Il libro di cucina” anche se si intitola così; è più una sorta di diario di bordo (nel senso della vita). Personaggi “famosi” e strampalati incontrati durante la sua convivenza di quasi quarant’anni con un’altra donna. E si, sto parlando di una coppia assai intrigante: Alice B. Toklas (dove B. sta per Babette e sarà solo una simpatica coincidenza?!) e Gertrude Stein.

Sicuramente situazioni e salotti del tutto invidiabili: da Picasso a Mallarmè, passando per Hemingway, è certo che ne “risentisse” anche la tavola e quando Gert morì, Alice scrisse questa chicchina piena di osservazioni, oltre a ricette interessanti e loro attribuzioni d’eccezione. Dividere la realtà dai presunti gossip contenuti non è mio compito ma leggendo attentamente, se qualcosa è stato inventato, è stato fatto bene ed in maniera intelligente.Due cose mi hanno subito convinto che fosse più che da leggere, una è la ragione per la quale Alice dice di aver scritto il libro di cucina: L’ho scritto per l’America, ma sarebbe bello che i suoi suggerimenti, oltre a sopravvivere alla traversata atlantica, riuscissero anche a passare al di là della manica e a trovar finalmente posto nelle cucine inglesi”: e l’altra è quella di avere trovato una definizione semplice e assai calzante, dell’arte culinaria: “i sapori non si amalgamano tutti in modo soddisfacente. Queste non sono capacità che si imparano facilmente, bisogna coltivarle. La grande cucina ha raggiunto lo stato invidiabile in cui si reagisce istintivamente a questi ben noti principi”. Ok, mi dispiace non poter cucinare per lei, per loro e con loro però, posso fare il percorso alla rovescia: loro lo faranno per me, tramite me ed in un gioco di specchi vi rimando tre ricette che ho scelto per voi.

La prima potrebbe anche essere di Petronilla, spartana ma saporita e non priva di fascino, anche se gli ingredienti possono lasciare a desiderare; comunque un piatto da “dopoguerra”, per cui attualissima. Vi consiglio di provarla, io mi sono stupita della sua disarmante dignità.

Minestra di alloro

Far bollire un ramoscello di alloro in acqua per 20 minuti e toglierlo. Contando un tuorlo d’uovo per ogni 350 gr di acqua, aggiungere i tuorli e mescolate, senza far bollire per 5 minuti. Si possono aggiungere crostini e formaggio.

Per la seconda ricetta, mi sono fatta influenzare da un ingrediente che adoro e che non mangio poi così spesso; mi ricorda il borotalco, la casa calda d’inverno e un certo fascino francese… un pò lezioso e blasè.

Soufflè di violette

Sciogliamo a fuoco lento 2 cucchiai di burro (40 gr) e ne aggiungiamo 2 (40 gr) di farina bianca mescolando con cura, versiamo 1 tazza (300) di latte caldo a filo finchè non si addensa il composto (stile besciamella). Lo lasciamo stiepidire e poi uniamo 2 cucchiai di zucchero semolato, 1 cucchiaini di kummel pestato e 3 tuorli mescolandoli uno alla volta. Montiamo a neve ferma 4 chiare che uniremo all’impasto girando dall’alto verso il basso. Ora ci vuole 1/2 tazza (40 gr) di violette candite spezzate, da aggiungere a sua volta. Si versa il tutto in uno stampo da soufflè imburrato e infarinato e si cuoce a 180° per 20 minuti. Qualche violetta intera per guarnizione la lascerei.

E siccome mi piacciono i numeri dispari, per la terza ho scelto, visto anche la stagione (attribuito a Flaubert):

Il ponce caldo per una notte fredda

  • 2 parti di calvados
  • 1 ” brandy di albicocche
  • 1 parte di panna.

Scaldare sulla fiamma i due liquori e versare lentamente la panna senza mescolare.
Se trovate ancora questo libro, accattatevelo: amore e senso dell’ironia non fanno difetto.

I biscotti di Baudelaire. Ricette e ricordi, profumi e sapori tra le eccentricità e la grande arte della Parigi tra le due guerre, Bollati Boringhieri, Torino 2013.