Sull’incontro alla Biennale dell’antiquariato fra Nardella e Montanari

Nel pomeriggio di mercoledì 30 settembre scorso si è svolto a Palazzo Corsini, nell’ambito della Biennale dell’antiquariato, un incontro cui hanno partecipato Dario Nardella, Tomaso Montanari e Lorenzo Casini, consigliere giuridico del MiBAC. Fungeva da moderatore Fabrizio Moretti, segretario generale della Biennale stessa.

Vale la pena segnare alcune note a margine di alcuni punti della discussione.

84-biennale-2015Partendo dal concetto che lo Stato sono anche gli Enti locali e anche i singoli cittadini, il nostro Sindaco ha rivendicato a tutti la competenza sui Beni Culturali pubblici. Aggiungo, alla puntuale risposta di Tomaso Montanari (Ritengo preferibile che sui beni culturali pubblici decida un funzionario la cui carriera non è legata al consenso degli elettori) un paio di altre considerazioni.

La prima è che qualsiasi tipo di decisione su beni pubblici deve essere presa con la massima competenza in merito. Vorrei sapere da Nardella se, qualora un giorno fosse colpito da una seria malattia, sarebbe contento di vedersi in mano a Verdini. I tecnici sono indispensabili. Sono consapevole che questa è la mia opinione e non quella, apertamente dichiarata, del nostro Presidente del Consiglio e della sua cerchia, tuttavia cercherò sempre spazi che mi consentano di esprimerla in libertà.

Del resto l’attuale esposizione delle due opere di Koons in uno spazio pubblico, anzi direi nello spazio pubblico per eccellenza di Piazza della Signoria e di Palazzo Vecchio, sembra fatto apposta per esemplificare quanto dico: Koons non è Donatello e non è Michelangelo e secondo molti è un artista la cui caratteristica più saliente è quella di aver raggiunto quotazioni elevatissime e di essere quindi straordinariamente inserito nel mercato, a quanto si dice anche in quello antiquario.

Guarda caso Fabrizio Moretti ha sponsorizzato l’intervento di Koons, inserendolo nella biennale dell’Antiquariato. Naturalmente ciò non costituisce in alcun modo un reato, ma indubbiamente si preferirebbe non intravedere interessi fra privati (del tutto legittimi) intrecciarsi con operazioni pubbliche di grande visibilità.

Ci torna in mente il teschio di Damien Hirst esposto nello studiolo di Francesco I e sinceramente speravamo che si fosse capito che la città non ha bisogno di idee del genere, ma piuttosto di iniziative intelligenti, portatrici di conoscenza e di riflessione; da un lato senza ombre e da un altro senza sfoggio di luccichìi… In fondo il Comune ha dato prova di saperlo fare, se vuole, con la recentissima installazione di Kounellis al Bargello e con la performance di Alfredo Pirri al Museo del Novecento.

Ma tornando al dibattito di Palazzo Corsini, il Sindaco è apparso visibilmente sbilanciato verso il privato e verso la strumentalizzazione ai fini economici e politici del patrimonio culturale, offrendo una dubbia immagine di sé sotto il profilo istituzionale. Se questo non è vero, perché non nomina mai il territorio, ma parla sempre e solo di musei? Non è preoccupato e non rivendica la responsabilità del nostro infinito patrimonio diffuso?

Gli chiedo di farsi promotore, con urgenza, di un dibattito su questo argomento, magari ancora con Fabrizio Moretti, che il territorio lo conosce. Nell’occasione di cui qui si parla ambedue avrebbero, invece, fatto molto meglio a concentrare le loro forze su ciò che di positivo ha prodotto la Biennale dell’Antiquariato in questa città (sarebbe bastato nominare il restauro del Palazzo che ci ospitava e che io ricordo benissimo ancora in condizioni di abbandono all’apertura della prima Fiera installata nei suoi spazi), anziché finire in uno squallido confronto fra “Direttori di musei pigri” e “bravi galleristi”. Non siamo bambini e detestiamo questa miseria del battibecco alla fiorentina.

Altro tema dibattuto, dopo quello del ruolo dello Stato nella gestione dei Musei, è stato quello della libera circolazione dei beni, che è stata auspicata anche da Nardella con un discorso che voleva dimostrare quanto sia moderno pensare in termini almeno di Europa se non di universo intero, rinunciando al vecchio concetto di nazionalità che, ci avvisa il nostro Sindaco, è ormai superato. Anche a questo ha risposto Tomaso Montanari spiegando pazientemente che rivendicare l’importanza del contesto non significa essere nazionalisti né tantomeno di vedute corte.

Condivido appieno, ma vorrei aggiungere un esempio concreto: gli stessi musei sono un esempio di decontestualizzazione, in particolar modo per quanto concerne l’arte sacra. Un dipinto tolto dal suo altare con tutto l’apparato liturgico che lo circondava, tessuti, argenti, cristalli, privato delle voci dell’officiante e del popolo, come dell’odore dell’incenso durante le funzioni, quello stesso dipinto appeso su un muro nudo in mezzo all’inaccettabile caos di una sala degli Uffizi perde una grandissima parte del suo significato. Potete immaginare cosa rimane della comprensione di quello stesso dipinto esposto in un museo ad Abu Dhabi?

*Franca Falletti, funzionaria della Soprintendenza, ha diretto la Galleria dell’Accademia.