S’aprono voragini e noi balliamo sul mundus

C’era un ingegnere che mi faceva molto ridere. Aveva fatto il partigiano, poi l’insegnante alternativo, l’archeologo, l’orafo e da vecchio anche il cabalista e il mago. Si chiamava Pincherle come Moravia ed era sicuro di aver capito come hanno costruito le piramidi e cosa ci hanno nascosto dentro.

Si sa come sono questi ingegneri pazzi, una ne fanno e cento ne pensano, applicano a tutto i principi della termodinamica e la legge di Murphy. Leggendo da ragazzino i suoi libri tante cose ho capito e tantissime le ho confuse al punto che non le capirò mai, ma sono state ore di felicità pura perché Pincherle non solo sapeva granulare l’oro e spostare i massi, ma era anche bravo con le parole.

Kircher_Mundus_Subterraneus_matrices_of_metalsUna cosa che ho confusamente appreso da Pincherle è l’esistenza, sotto Roma e molte altre città antiche, di voragini più o meno naturali in cui venivano gettati rifiuti, fatture e talismani.

Queste voragini erano oggetto di culto e di venerazione, incutevano rispetto e orrore al tempo stesso.

A Roma era chiamato Mundus (dove sta l’immondizia), a Babilonia Apsu (dove gorgogliano le acque dell’abisso). Era qualcosa di più profondo dei cunicoli e delle catacombe che si tagliano con le metropolitane, era una spelonca inaccessibile, quello che finiva lì non poteva e non doveva più essere recuperato.

C’era davvero? Era davvero tanto profondo? Celava davvero forze inattingibili? Ho cercato di saperne di più da Eliade, Dumezil, Guenon, Zolla…apriti cielo! Non mi sono fatto mancare neppure la parodia cretina che Eco pubblicò di questo genere di ricostruzioni, una tiritera sulle supposte che non cito per non offendere i morti (non si sa mai).

Tutti parlavano per sentito dire, nessuno si era affacciato sul mundus e tanto meno c’era sceso dentro. pare che fosse chiuso da un Lapis nero, che non era una matita ma un tombino di pietra, anche quello ovviamente stramaledetto e sacro.

Ma tra poco si vedrà se l’ingegnere pazzo diceva il vero: le città cominciano ad aprirsi sotto i pedoni, le auto in sosta vengono trascinate in basso, verso il Mundus muscoso o verso l’Apsu fangoso, dipende dall’altezza sul livello del mare.

Ho rottamato l’ultima macchina molti anni fa ma voglio tentare la sorte anche io. Ne affitterò una e ci passerò le notti, ora lungo il Reno, ora lungo il Tevere, l’Ombrone, l’Aniene di guzzantiana memoria, il Serio…ovunque gli Etruschi abbiano seppellito qualche coccio, sperando che un cataclisma come quello che ha colpito il Lungarno mi inghiotta. Novello Curzio Rufo, sarò lì quando si aprirà la voragine e mostrerà cosa si cela sotto le nostre città da due, tremila anni.

Triste sarebbe se ci fosse solo fanghiglia putrescente, invece che meteoriti, alieni mummificati, mostri di Chtulu, inferni danteschi e fiumi che corrono tra caverne smisurate, giù fino a un mare senza sole. Tuttavia sono fiducioso perché i poeti, da Virgilio a Coleridge, possono sbagliare, ma i nostri amministratori non sbagliano mai.

In Corea del Nord un ministro che ha visto crollare un palazzo di ventitré piani e cento famiglie ha espresso “pentimento per non aver monitorato sui lavori”, grigia autocritica che prelude a qualche assurda condanna. Cose dell’altro mondo.

Noi siamo figli delle stelle, balliamo sul mundus e ce ne freghiamo altamente.

*Massimo De Micco, attivo in Palazzuolo Strada Aperta