Firenze città bifronte, conformista e resistente nel nuovo libro di Riccardo Michelucci

Assediata dai cantieri delle grandi opere, asservita alle esigenze del turismo di massa, Firenze è stata definita la “Disneyland del Rinascimento”, ma le sue strade conservano ancora un’anima libertaria che affonda le radici in una storia coraggiosa, alimentata dallo spirito orgoglioso dei suoi abitanti. Dal tumulto dei Ciompi a Michelangelo, da Savonarola ai Macchiaioli, da Dostoevskij a Dino Campana e a Don Milani, dagli uomini e le donne della Resistenza agli Angeli del fango per arrivare al Social Forum Europeo e alle tante microresistenze comunitarie che, con impegno e fatica, animano oggi molte delle strade e delle piazze fiorentine.

A raccontare la memoria di una città aperta e solidale, patria dei movimenti, capitale del pacifismo, luogo d’incontro e di dialogo tra i popoli e le religioni – la Firenze che resiste –  è Riccardo Michelucci, giornalista, impegnato nel raccontare da anni storie di memorie e diritti civili, con un’attenzione particolare, sono due delle sue passioni, a quel che accade a Firenze e in Irlanda. Lo fa con il libro Guida alla Firenze ribelle (Voland Edizioni) in uscita il 30 giugno di cui pubblichiamo, ringraziando l’autore e l’editore, la postfazione di Ornella De Zordo.


Firenze città bifronte, conformista e resistente

di Ornella De Zordo

città ribelleFirenze si conferma, ancora oggi, una città piena di contraddizioni. Conformista ma al tempo stesso creativa, compiacente ma anche insofferente al potere. Con una superficie che va a braccetto del governante di turno e un fondale brulicante di fermenti di lotta e di resistenza.

Questa Guida si concentra sulla Firenze ribelle e disegna una mappa di soggetti e pratiche resistenti, recuperando figure ed episodi significativi anche lontani nel tempo, per fare rapide incursioni sulla scena contemporanea. Proprio sulla Firenze contemporanea vorrei soffermarmi, e sul contesto politico-culturale da cui meglio emerge la sua duplicità.

Nei primi anni Duemila la città è governata dall’ortodossia Ds, con Domenici sindaco, in linea con leader nazionali come D’Alema, Fassino, Veltroni, Cofferati e sostenuto dai centri di potere economico e finanziario che vi gravitano intorno, dalle coop rosse alla Cgil, dagli industriali a varie associazioni professionali e molto altro ancora. Inizia l’era dei ‘grandi lavori’ per una città che agli occhi dei costruttori appariva solo vivacchiare; e del ‘rilancio urbanistico’ – si fa per dire – della città: da Castello a Novoli fino alla densificazione edilizia voluta dall’indimenticabile assessore Biagi. Insomma, i cantieri, almeno alcuni (quelli dei Baldassini-Tognozzi-Pontello ad esempio) si riattivano, e i grandi portatori di interessi esultano.

In questo scenario apparentemente statico, governato da una classe politica che sembrava inamovibile, divampano però interessanti momenti di rottura che fanno emergere l’altra Firenze, quella che non si è consegnata alla struttura di potere che la governa dentro e fuori Palazzo Vecchio. Sono almeno tre i momenti che potremmo individuare, che all’inizio del Millennio hanno coinvolto la città ben oltre il nucleo più stretto degli attivisti che, nel corso degli anni, hanno tenacemente tenuto accesa la luce di un pensiero critico e di un’azione antagonista.

Nel novembre del 2002 si tiene a Firenze il Forum sociale europeo che raggruppa quel movimento altermondialista nato dopo Seattle e il tragico G8 di Genova. Centinaia di migliaia di giovani e non da tutta Europa e delegati da ogni parte del mondo si ritrovano in una città che pare riscuotersi dal suo torpore e vivere uno dei momenti più significativi di sensibilizzazione collettiva sui temi dell’economia, della pace, dei diritti. Firenze sembra davvero, per alcuni giorni, la ‘città aperta’, i cui manifesti tappezzano i muri e le vetrine dei negozi.

Nel gennaio dello stesso anno c’era stato un precedente, assai diverso per motivazioni e tipologia dei soggetti. Ma che, dopo tanto tempo, aveva portato in piazza migliaia di fiorentini: a fronte del silenzio e dell’inazione dei partiti che avrebbero dovuto contrastare il potere berlusconiano, nasce in modo autorganizzato il cosiddetto movimento dei “professori”, con la marcia degli “undicimila”. Tanti erano, infatti, coloro che tramite autoconvocazione si erano riversati nelle strade della città sotto la pioggia il 24 gennaio, rispondendo a un appello firmato da alcuni docenti e ricercatori universitari. Era l’inizio del Laboratorio per la Democrazia e di una fase di cittadinanza attiva che per alcuni anni avrebbe catalizzato le istanze diffuse di democrazia ed equità sociale.

Riccardo Michelucci
Riccardo Michelucci

Da quel mondo nasce anche l’esperienza della prima ‘lista di cittadinanza’: un’esperienza inedita sul territorio nazionale, formata da attivisti puri provenienti dall’area eterogenea dei movimenti che decidono di tradurre in impegno concreto su vertenze locali le loro idee per una vera equità sociale e la trasformazione del sistema attuale. Aprendo in modo provocatorio un confronto pubblico con la politica dei professionisti in un’epoca – il 2004 – in cui non c’erano ancora le finte liste civiche poi diventate di moda. Quindi, decidendo di portare lo scontro con le forze che governavano la città su un piano che prima non era stato mai frequentato: quello elettorale. Una sfida che ha finito per catapultare davvero una rappresentanza in consiglio comunale a esercitare per dieci anni, dal 2004 al 2014, un ruolo di opposizione autonoma e fuori dalle logiche della politica istituzionale.

Durante questo periodo il tessuto sociale di Firenze mostra in modo evidente la sua dicotomia. Non si tratta di una divisione generica all’interno di una città che ha la fama, spesso strumentalizzata da chi non ottiene un pieno consenso, di essere ipercritica per il solo gusto di criticare. È qualcosa di più serio: si tratta della contrapposizione basata su una lettura alternativa del sistema economico e sociale in cui viviamo. Insomma si tratta di politica, se vogliamo usare un termine che non dovremmo abbandonare alla cattiva fama che gli hanno procurato i suoi professionisti. Politica nel senso alto del termine, come impegno teorico e pratico finalizzato a cambiare le condizioni di vita delle persone, in nome di una giustizia sociale che sembra sempre più lontana.

Qualche anno dopo, con una sostituzione ai vertici del governo cittadino, Firenze elegge un sindaco che sarebbe diventato il futuro presidente del Consiglio e che proprio nel capoluogo toscano mette in atto le strategie comunicative e di potere che avrebbe poi applicato in grande all’intero Paese. A partire dal 2009 questa città diventa il laboratorio della ‘nuova’ politica renziana. Una retorica basata su populismo e superficialità con la quale si sperimentava l’efficacia di tutte le parole chiave che il popolo italiano avrebbe conosciuto qualche anno dopo: rottamazione, velocità decisionale, culto dell’agire come valore in sé, retorica del cambiamento, vuoto ottimismo verso il futuro, eventi a effetto, concentrazione del potere in una sola persona, forzatura delle norme, intesa coi grossi potentati economici.

In questo periodo Firenze diventa la Fi-Renzi-na, la città-vetrina da esibire sul palcoscenico mondiale, un ‘brand’ di lusso specializzato in commercio culturale, con le risorse pubbliche concentrate nel ristretto ‘salotto buono’ del centro storico dove fioriscono le grandi griffes e i residence a 5 stelle, e dove si mettono in vendita i beni pubblici per redditizie imprese private. A discapito della qualità della vita di chi in questa città abita, lavora, studia.

Un’altra città è appunto quella che alcune realtà attive hanno contribuito a delineare nelle loro proposte rispetto a quella delle giunte Domenici e Renzi, tra loro non così diverse come l’attuale presidente del Consiglio ha fatto credere a tanti fiorentini nella sua vittoriosa campagna elettorale a sindaco nel 2009. Una città che nasce elaborando piani alternativi e contrastando progetti di trasformazione calati dall’alto che non rispondono ai bisogni della popolazione. Combattendo la svendita del patrimonio pubblico per fare cassa e sostenendo al contrario una gestione sociale di spazi, beni e servizi pubblici. Filtrando analisi, pratiche e punti di vista alternativi all’interno di un pensiero unico che veniva dato come l’unico possibile.

Molte sono le lotte sviluppate in città, contro le grandi opere dannose e inutili, la costruzione di un inceneritore e di un nuovo aeroporto, per la salvaguardia del verde nei quartieri e contro la cementificazione; ma anche su temi più generali, come il diritto alla casa, la difesa dei servizi pubblici e della sanità, il diritto all’acqua, per una scuola e università pubblica, al fianco dei lavoratori in lotta per il proprio posto di lavoro, contro la guerra, contro l’apertura di nuove sedi fasciste.

Per disegnare una mappa della Firenze ribelle di oggi, occorre segnalarle una ad una, le molte ed eterogenee soggettività urbane collettive che danno vita al fermento di resistenza sociale che la attraversa e a tratti la scuote. Si chiamano Assemblea per la Piana contro le nocività, Associazione Amici dei Nidiaci, Associazione Mariano Ferreyra, Associazione Rifiuti Zero-Firenze, Ateneo libertario-Firenze, Azione gay e lesbica, Basta morti nel Mediterraneo, Cantiere beni comuni-Q3, Cantiere sociale Camilo Cienfuegos, Cantieri solidali-Le Piagge, Centro Popolare Autogestito-Fi Sud, Centro sociale Next Emerson, Clash City Workers, Comitato Belfiore-Marcello, Comitato conto la privatizzazione di Ataf, Comitato l’ex-Meccanotessile è dei cittadini, Comitato No Amianto Publiacqua, Comitato NoTunnelTAV, Comitato Oltrarno Futuro, Comitato per la tutela dell’Ex Manifattura Tabacchi, Comitato per Piazza Brunelleschi, Comitato SanSalvichipuó, Coordinamento comitati della Piana, Firenze per la Palestina, Fuori Binario, Giardino dei Ciliegi, Ipazia-libera università, Ireos, La Polveriera-spazio comune, Libere tutte, Mamme contro l’inceneritore, Mondeggi fattoria senza padroni, Movimento di lotta per la casa, Occupazione via del Leone, Occupazione viale Corsica, Orti Collettivi Autogestiti, perUnaltracittà-laboratorio politico, Associazione Pantagruel, Progetto Conciatori, ReTe dei comitati per la difesa del territorio, Rete No-Smog Firenze, Stop Ttip-Firenze.

Insieme a queste, spesso intrecciandosi tra di loro, sono presenti e attivi in città numerosi collettivi di studenti medi e universitari, nuove assemblee antifasciste nate nei quartieri, forme di sindacalismo di base sviluppate in molte realtà lavorative, reti antirazziste e per i diritti delle donne.

Anche sul piano dell’informazione sono nate – oltre ai numerosi blog, siti, profili Facebook propri di ogni gruppo, associazione, comitato e centro sociale – delle vere e proprie piattaforme di servizio ideate da aree di movimento che propongono notizie, forniscono dati e analisi sottraendosi al pensiero unico; testate on line di movimento come La Città invisibile, Cortocircuito, L’Altracittà o web radio come Radio Cora.

All’insieme di queste realtà va riconosciuto il merito di avere fatto risuonare nella Firenze di Domenici e Renzi, e ora di Nardella, voci alternative a quella dominante. Di avere scandito per le strade parole come Diritti, Equità sociale, Salute, Lavoro, Antifascismo, Anticapitalismo. Di aver organizzato incontri e approfondimenti, diffuso esperienze e pratiche, annodato reti, sostenuto cause. Grazie alle loro energie ribelli sono oggi vivi quei presidi di resistenza sociale che rappresentano anche a Firenze la possibilità di un futuro migliore.