G7 della cultura a Firenze: esaltata la città-vetrina

Tra un paio di mesi Firenze ospiterà il G7 della Cultura e per alcuni giorni sarà al centro dell’attenzione internazionale.

Al di là degli entusiastici tweet del sindaco e delle sperticate lodi dei maîtres à penser di turno, ci chiediamo come la città e la sua area metropolitana si presentino a questo appuntamento, che certo potrebbe diventare un’ occasione per riflettere sulle sue sorti  e che invece viene presentato, a quanto ci è dato di vedere, con la vuota retorica della Firenze “città – mondo”, della Firenze con i suoi “fortissimi valori” (ce ne sono ancora?), della Firenze delle “artigianerie”, e via discorrendo.

La città come si presenta a questa ribalta internazionale? Quali sono le politiche culturali e le politiche urbane degne di questo nome che la città può annoverare a sostegno della sua candidatura internazionale della prossima primavera?

Il bilancio è davvero magro, la locale classe politica a marchio PD e il locale ceto imprenditoriale, culturalmente arretrati, ci consegnano una città usurata da circa 10 – 12 milioni di presenze turistiche all’anno, una città dalla quale i residenti, soprattutto del centro storico, scappano verso luoghi più vivibili, una città dove, proprio in questi ultimi giorni, è molto pericoloso respirare, sì, proprio respirare normalmente, visti gli alti valori delle polveri sottili, per diminuire i quali si spera nella pioggia, come nella migliore tradizione delle tribù indiane d’America.

E che dire dell’area metropolitana, in cui lo sprawl urbano sta fagocitando gli ultimi lembi di suolo intonso, in cui un parco metropolitano, il Parco della Piana, straordinaria occasione di riequilibrio ambientale di tutta l’area, potrebbe essere distrutto da un aeroporto internazionale caldeggiato dai dominus renziani, che potrebbe mettere in pericolo anche il locale Polo scientifico, questo sì fiore all’occhiello della cultura cittadina, e che sarebbe finalizzato solo all’ulteriore consumo turistico della città.

Qualche sprovveduto potrà forse ipotizzare una gestione illuminata del patrimonio storico e pubblico della città. Niente di tutto ciò, visto che una sua parte consistente è in vendita e gli amministratori del centro sinistra locale non fanno altro che partecipare alle fiere immobiliari internazionali per dissipare il nostro patrimonio storico. Come non citare il caso del complesso medievale delle Gualchiere di Remole, a rischio trasformazione in resort di lusso, o del Teatro Comunale, del quale, con un’operazione ipocrita, si conserva la facciata mentre l’intero storico edificio viene demolito per far posto a residenze, ovviamente di lusso. L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma per carità di patria ci fermiamo per ricordare solo l’uso mercificato del patrimonio storico della città, ossia Ponte Vecchio sottratto ai cittadini e usato per far cenare sontuosamente i vip della Ferrari, o la Galleria degli Uffizi o la Biblioteca Nazionale usate per sfilate di moda e cene sfarzose.

Oggi, questa è la cultura nella nostra città, e gli ispettori dell’UNESCO sembra abbiano subodorato qualcosa che non va se hanno deciso di verificare se Firenze è ancora all’altezza del riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità.

Il ministro dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, durante la conferenza stampa di presentazione della 24° edizione delle ''Giornate FAI di Primavera'', presso il Mibact, Roma, 9 marzo 2016. ANSA/GIORGIO ONORATIAnche il governo italiano, nella doppia veste Renzi – Gentiloni, si presenta malconcio a questo appuntamento. La controriforma Madia – Franceschini ha di fatto svuotato la tutela costituzionale dei beni culturali subordinandola alla loro valorizzazione mercantile e turistica. Le Soprintendenze e le dirette professionalità tecniche sono state mortificate secondo una visione degradata del patrimonio e della sua tutela, visione attenta maggiormente alla redditività turistica degli interventi, peraltro sempre molto discutibile, piuttosto che allo sviluppo della ricerca e della cultura.

Per fortuna Firenze è ancora in grado di esprimere una forte spinta al cambiamento del paradigma neoliberista che sta corrodendo la città. Una moltitudine di cittadini, associazioni, centri sociali, comitati è sempre più presente e sempre più combattiva in una città asfittica e che mal sopporta la pressione democratica dal basso. È proprio questa la sfida che si dovrebbe raccogliere: far emergere le nuove pratiche di accoglienza, di economia solidale, di partecipazione, di autorganizzazione, di nuova ruralità che i cittadini esprimono per innovare profondamente una città al collasso e senza alcuna proposta culturale.

Se il senso originario della parola “cultura” è da rintracciare nell’arte del “coltivare gli uomini”, bene, si abbia il coraggio di accogliere la sfida che la cittadinanza attiva pone per evitare che le città d’arte, e Firenze in particolare, come prefigurato da Marc Fumaroli, si possano trasformare in luoghi in cui “la Storia si ritira e lascia i suoi gusci vuoti rotolare nella schiuma del divertimento di massa”.

*Antonio Fiorentino