Ex Ceppo a Pistoia: alienazioni mascherate da Piano di Recupero

A Pistoia, nell’anno della Capitale italiana della cultura, sono previste importanti e numerose trasformazioni della città. Esse segnano però una preoccupante regressione rispetto alle aspettative che sono state alimentate proprio con l’assegnazione di questo importante riconoscimento.

Facciamo riferimento al recupero dell’ex Ospedale del Ceppo, area di circa otto ettari inserita nel cuore della città storica e, fino al 2013, utilizzato come ospedale cittadino sin dal 1300 circa.

La costruzione del nuovo San Jacopo ha reso necessario il trasferimento delle vecchie ma ancora efficienti strutture sanitarie. Questa scelta, imposta alla città dalla Regione e dall’ASL, sindaco Renzo Berti, è stata fortemente criticata dagli utenti e dal personale sanitario sia per la riduzione dei servizi offerti che per la collocazione in un’area di fatto paludosa, zona di esondazione dell’Ombrone, per di più a ridosso dell’Autostrada A11 e della circonvallazione di Pistoia. Insomma è stato costruito nel posto peggiore che si potesse immaginare e con la modalità economica la più dispendiosa possibile, quella del project financing, tanto comoda alle imprese che non rischiano nulla e tanto esosa per le casse pubbliche che devono garantire i mutui bancari e sono costrette a pagare l’affitto per l’uso di strutture di loro proprietà. Un vero capolavoro di gestione allegra delle risorse pubbliche.

La Regione Toscana è alla ricerca di ben 18 milioni di euro, anticipati all’ASL, per la costruzione del San Jacopo, e per questo, assieme alla stessa ASL, propongono operazioni urbanistiche ed edilizie molto discutibili. Il Comune ha provato ad arginare l’offensiva, ma poi ha dovuto capitolare.

La cosa veramente singolare è che Regione e ASL si stanno muovendo secondo logiche privatistiche di valorizzazione immobiliare. Il proprio patrimonio cittadino va fatto fruttare, ovviamente a spese della collettività, al fine di assecondare e concludere la pessima operazione del nuovo ospedale.

E il Comune, sindaco Samuele Bertinelli, lascia fare!

È in questo quadro che si inserisce la rigenerazione dell’ex Ceppo, proposta dall’amministrazione comunale come il fiore all’occhiello di Pistoia capitale italiana della cultura, definita, senza alcun pudore, negli atti ufficiali, una serie di operazioni di finanza immobiliare, proprio secondo le classiche modalità della speculazione fondiaria, attuata questa volta da soggetti pubblici.

La Regione si è mobilitata e ha interessato l’Advisor dell’Agenzia del Demanio che ha ipotizzato cinque scenari di trasformazione, prevedendo differenziate operazioni immobiliari e differenti tempi di attuazione. Ovviamente è stato scelto il più lucroso, quello che avrebbe garantito il rientro dei 18 milioni, intorno al quale è stato poi costruito il piano urbanistico recentemente adottato dall’amministrazione comunale.

Al centro di tutta l’operazione c’è la vendita di una parte cospicua delle aree di proprietà dell’ASL. In particolare saranno immesse sul mercato le nuove residenze previste al posto delle demolizioni (Piastra operatoria e padiglioni del Piloto e di Anatomia patologica), il quattrocentesco convento di Santa Maria delle Grazie (per fortuna chiesa esclusa) per il quale è indicata la destinazione turistico ricettiva, direzionale e di commercio di vicinato, la palazzina dell’AVIS e il Padiglione Lazzereschi, anch’essi destinati a residenze, strutture turistico ricettive e funzioni direzionali.

In complesso alla collettività è sottratto un significativo patrimonio (circa 21.000 mq.) cui si potranno aggiungere i circa 1.000 mq. degli edifici sanitari sparsi (SERT, guardaroba e igiene mentale) se, una volta dismessa la funzione sanitaria, come sembra probabile, saranno destinati a residenza.
Da segnalare anche un ampliamento, oltre a quelle sanitarie, delle funzioni previste per il centro di emodialisi. Forse non è da escludere una sua possibile dismissione?

Certo, nella parte nord si concentreranno le nuove funzioni sanitarie mentre a sud, negli ambienti del vecchio Ospedale con il celebre fregio robbiano, quelle storico museali, si faranno anche piazze e giardini più o meno pensili. Servizi che indubbiamente arricchiscono la qualità urbana, ma a quale prezzo potranno essere resi disponibili?

Non si deve dimenticare che mentre la Regione e l’ASL si approprieranno dell’incremento di valore degli immobili lasceranno al Comune l’onere della manutenzione e gestione dell’intero apparato e i costi della progettazione e della realizzazione delle opere di urbanizzazione, per le quali sono stati individuati dei finanziamenti che riteniamo insufficienti.

Il costo di questa operazione dovrà essere sostenuto quindi dalla comunità locale, dai cittadini, che saranno danneggiati per la carenza del servizio ospedaliero che viene loro offerto, per il costo dell’operazione a loro carico, per la vendita di parte del patrimonio pubblico e per la disponibilità di un’area che avrebbe potuto avere ben altre funzioni, più rispettose della comunità locale.

Come se non bastasse, nell’Accordo di programma del 2015 è inserita una clausola vessatoria nei confronti del Comune: questo sarà costretto a rifondere alla Regione/ASL ben due milioni di euro nel caso in cui non saranno raggiunti gli obiettivi economici di tutta l’operazione. Purtroppo l’amministrazione accetta e asseconda. Davvero singolare!

Ma i costi per la città non sono terminati. È di questi giorni l’annuncio della vendita del complesso storico-architettonico e naturalistico delle Ville Sbertoli, ex ospedale psichiatrico, costruito su di un poggio a nord della città, in posizione di straordinaria bellezza paesaggistica, quando ancora esistevano amministratori che sapevano costruire gli ospedali scegliendo i posti più belli e più salubri.

Tradendo il percorso partecipativo del 2009, che ha visto coinvolta tutta la città e che aveva previsto la conservazione della proprietà pubblica dell’area e l’insediamento di funzioni collettive, la triade Regione, ASL e Comune annuncia la vendita dell’intero complesso, la possibilità di costruire 50 abitazioni e di inserire l’immancabile struttura turistico ricettiva, cioè l’albergo.

Il ricavato dovrebbe servire all’ASL per realizzare i servizi sanitari nell’area dell’ex Ceppo, il cui distorto recupero si porta pertanto dietro un altro pezzo di città di grande pregio.

Più che un intervento di rigenerazione urbana, quello dell’ex Ceppo, sembra essere quindi un programma di alienazioni camuffato da Piano di Recupero con l’anomalia dell’attuazione da parte di soggetti pubblici.

Dobbiamo disperarci? Non tutto è perso.

In questi ultimi tempi a Pistoia assistiamo a una rinnovata volontà dei cittadini di essere parte attiva nella gestione della città: promuovono assemblee, incontri, ricerche, proposte al fine di dare vita a una reale democrazia dal basso che però tanto spaventa i nostri amministratori.

Ne vedremo delle belle.

*Antonio Fiorentino