Ampliare un aeroporto: l’impatto sull’assetto socio-economico e sull’uso del suolo delle aree limitrofe

Agli osservatori più attenti non sfugge che l’ordinamento statale e la legislazione ambientale italiana attuali sono sostanzialmente inadeguati a gestire le vere ricadute negative sul territorio e sui cittadini, delle attività economiche – spesso di matrice ormai ampiamente trans-nazionale – che in esso si insediano o operano, individuando le vere responsabilità dirette ed indirette.

Ciò in quanto le vecchie e nuove prassi progettuali, attuative e di finanziamento di opere infrastrutturali di rilievo nazionale, si basano su quelle che definirei pesanti “deleghe progettuali-operative” concesse dalla P.A. a potenti holding private italiane e non. Tali deleghe nascono sulla base di pianificazioni settoriali – già poco dettagliate, motivate, reciprocamente integrate, aggiornate – di matrice pubblica, che creano il quadro operativo nazionale di riferimento in tema di infrastrutture.

Le holding che godono di tale deleghe, e che quindi vanno a realizzare e gestire le grandi opere grazie alle loro dimensioni ed affidabilità, risultano spesso sollevate dalle conseguenze a breve, medio e lungo periodo del loro operare “in ambiti strategici per la Nazione”.

All’operare di tali imprese o holding, cioè, fa da scudo addirittura lo Stato; ciò ancor più quando le indicazioni pianificatorie pubbliche di riferimento si dimostrano inadeguate, inopportune, inattuali, e quindi in definitiva errate, davanti a più dettagliate analisi delle reali situazioni territoriali (morfologiche, sociali ed economiche, di contesto e specifiche).

La Pubblica Amministrazione italiana da diversi decenni non ha più potuto/voluto completare e/o ammodernare l’infrastrutturazione nazionale esclusivamente a proprie spese. E quindi ha concesso la realizzazione, in propria vece, delle opere strategiche, o considerate tali, a gruppi privati o partecipati dalla Stato in varia forma; ai quali ovviamente si è impegnata a garantire un “ragionevole” e durevole ROI (return of investments) tramite prassi come quella del project financing.

Con tutta evidenza tali grandi gruppi prevalentemente privati, nel finanziamento, nella progettazione e nella gestione di opere di interesse pubblico, capitalizzano la propria enorme “forza contrattuale”, dirigendola sia verso le strutture politiche che verso le comunità insediate, condizionando le prime e orientando il consenso delle seconde. E magari forzando il quadro delle regole democratiche e normative in cui tutte operano, considerato spesso “troppo” vincolante.

E’ quindi possibile individuare un insieme di punti che forse sono focali di tutta la problematica.

In Italia si indaga poco e male sui benefici reali derivanti da un aeroporto (all’atto della realizzazione o dell’ampliamento dell’infrastruttura e durante la sua prevista vita operativa) poiché se ne studiano in modo approssimativo e/o tendenzioso le interazioni con il contesto ambientale, economico-produttivo e sociale (come si vedrà in seguito).

Il “principio di precauzione” che dovrebbe consigliare estrema cautela progettuale nonché metodologie multisettoriali, integrate e anche opportunamente ridondanti, per la previsione degli effetti nel tempo e nello spazio di quanto si va a realizzare sul territorio, di fatto non opera o quasi. Come si è visto le stesse procedure di VAS e VIA non sono luogo di certezze ma addirittura di dispute condizionate dalla politica.

Ma ancora peggio si opera per l’accertamento, la valutazione e l’auspicabile conseguente risarcimento dei danni ambientali che un’infrastruttura come un aeroporto può provocare.

Il coacervo di spesso oscuri interessi pubblico-privati prima accennati, fa sì che davanti agli interessi compromessi e alla salute lesa dei privati cittadini, singoli o associati, si erga la Pubblica Amministrazione con tutta l’imponenza e “l’efficienza” – purtroppo spesso dilatoria se non ostruzionistica e/o omissiva – della sua struttura organizzativo/normativa. Che per di più trae quasi esclusivamente dalle risorse pubbliche i fondi per gli eventuali, rari e parziali, risarcimenti e/o mitigazioni delle offese subite dai privati. Risarcimenti e mitigazioni che comunque vengono riconosciuti solo alla fine di defatiganti e costosi (per tutti) percorsi di accertamento ufficiale della verità.

I gestori di ferrovie, porti, aeroporti ecc, nella loro attività quasi mai si conformano – e non sono mai stati portati a conformarsi – alla massima giurisprudenziale del “chi inquina paga” la collettività e i singoli (massima peraltro recente e rivolta in primis ai privati). Per essi vige solo il vecchio modus operandi di privatizzare i profitti e socializzare le perdite, fra queste ultime comprese le attività e le risorse destinate a risanare “gli effetti collaterali” socio-economico-ambientali della loro attività.

Dall’esame di diversi documenti pubblici riguardanti il cosiddetto “ampliamento” dell’aeroporto Amerigo Vespucci a Firenze-Peretola (in realtà quasi uno scalo ex-novo!) si deduce che la complessa tematica degli attori, dei modi, dei tempi e delle dimensioni dei risarcimenti della collettività per i danni a persone e cose derivanti da questa infrastruttura, nonché la tematica collegata delle contestuali misure di mitigazione del suo impatto (prima, durante e dopo la sua realizzazione) sono, stranamente, poco e male considerate.

Risulta infatti che pochissimi fra i progettisti, valutatori, sostenitori ma anche fra i singoli detrattori o gruppi che si oppongono a detto ampliamento, si sono soffermati con chiarezza e precisione sul rapporto fra l’operatività di un aeroporto e l’uso del suolo delle aree adiacenti. Il che in definitiva equivale a notare quanto poco si sia ragionato sulle oscillazioni (quasi sempre negative) del valore fondiario cui le stesse aree vanno incontro in corrispondenza della costruzione-ampliamento di un’infrastruttura del genere. Con le conseguenti perdite economiche per i i singoli, il cambiamento dei profili sociali della comunità insediata e l’alterazione della preesistente qualità della vita locale. E’ importante notare che si potrebbero facilmente estendere le suddette considerazioni allo stesso funzionamento dello scalo esistente del “Vespucci”; ma similmente si potrebbe fare col “Galilei” di Pisa e a chissà con quanti altri italiani, includendovi il quadro critico derivante dai preesistenti usi militari di molti scali ora civili e dai relativi insoluti rapporti critici con l’intorno.

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Esempi non italiani di valutazione del rischio ambientale e socio-economico legato alle modifiche dell’uso del suolo, e quindi alla variazione dei valori fondiari, in aree limitrofe ad aeroporti:

Sappiamo che non sempre il quadro europeo-internazionale offre esempi luminosi. Specie se si pensa a quello che è e resterà uno dei massimi prodotti, su scala internazionale, di malsani accordi commerciali fra lobbies private e governi acquiescenti: il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) con il collegato, anche se non nuovo né recente, istituto dell’ Investor-State Dispute Settlement – ISDS ; ed i consimili trattati che sono già operativi o in fieri in tutto il mondo.

Ma val la pena ugualmente soffermarsi su alcune esperienze estere più o meno recenti. Queste dimostrano, anche nel loro evolversi, una crescente attenzione alle dinamiche dell’uso del suolo che possono essere determinate dalla costruzione e-o dall’ampliamento di una infrastruttura particolarmente impattante come un aeroporto.

Ecco cosa si legge in A Case Study of the Effects of an Airport on Land Values, di Ronald W. Crowley, ministro canadese per gli Affari Urbani, 1970; si tratta di un articolo precedente agli shock petroliferi degli anni ’70 e all’affermarsi della coscienza ambientalista dei decenni successivi, quindi propenso a considerare un basso o nullo impatto – nel medio termine – dell’infrastruttura aeroportuale sulla dinamica dei prezzi immobiliari del luogo, che però cambia completamente tipo di residenti e uso del suolo (o “econoscape”): 

Statisticamente esistono significative variazioni nel range dei prezzi [immobiliari] praticati in vicinanza degli aeroporti, rispetto alle aree non aeroportuali. L’evidenza indica che i valori delle aree residenziali diminuiscono durante i periodi di passaggio [da un assetto aeroportuale all’altro più complesso e ampio] ma che dopo tale passaggio quei valori crescono secondo il loro trend di lungo periodo precedente [all’ampliamento dell’infrastruttura]. (…) Durante il periodo di shock chi rifugge il rumore vende le sue proprietà residenziali, provocandone il deprezzamento; chi è indifferente al rumore prende il posto dei precedenti, certe aree vengono usate diversamente, e tutto ciò fa salire nuovamente i prezzi. Il risultato complessivo di questo processo è che i valori immobiliari alla fine divengono quasi gli stessi di prima dello shock. L’importante differenza è che il tipo di residenti e il pattern [la struttura, lo schema] dell’uso del suolo (l’econoscape) cambia sostanzialmente.”

Interessante il Final Report del Land Use Management and Airport Controls. Trends and Indicators of Incompatible Land Use, 2007. (Kai Ming Li and Gary Eiff – Purdue University, John Laffitte and Dwayne McDaniel – Florida International University . PARTNER – Partnership for AiR Transportation Noise and Emissions Reduction – Massachusetts Institute of Technology, 77 Massachusetts Avenue, 37-395, Cambridge, MA 02139 USA).

Wisconsin, Oregon, California e Florida, tra gli altri, hanno stabilito linee guida o manuali per le comunità residenti in prossimità degli aeroporti per fare in modo che i nuovi insediamenti in prossimità degli aeroporti siano compatibili.
Qui di seguito gli approcci proattivi che possono essere utilizzati dalle autorità governative locali per prevenire, o scoraggiare, usi del suolo inadeguati nelle adiacenze degli aeroporti:
• Gestione con “overlay zoning” [norme restrittive di uso del suolo, per aree di varia delicatezza ed importanza] o con zoning tradizionale, di unità [urbane] a sviluppo pianificato che abbiano determinati requisiti nelle loro zone libere.
• Regole sulla parcellizzazione [fondiaria] che richiedono aree libere, restrizioni dello sviluppo urbano in aree convenzionate, e altri vincoli.
• Restrizioni ai regolamenti edilizi per assicurare l’insonorizzazione [degli edifici].
• Accordi con i proprietari dei terreni [posti lungo le rotte di avvicinamento/decollo] per la concessione dei diritti di sorvolo da servitù aeronautiche, anche se un tale accordo comporta un prezzo da pagare. Esso eviterà alle autorità governative locali i reclami a causa dei fastidi [lamentati dai residenti] e ogni danno o altra pretesa derivante [dal funzionamento del vicino aeroporto].
• Informative nel settore immobiliario, rese ai sensi delle leggi statali, che allertino gli acquirenti sulla vicinanza dell’aeroporto, e sugli eventuali fastidi o danni che possono derivarne.
• Fasce di rispetto delle piste dell’aeroporto con requisiti maggiori di quelli che qualsiasi agenzia di regolamentazione, come ad esempio la FAA, potrebbe altrimenti imporre.
• Esproprio, da parte del governo locale, di beni immobili esistenti in alcune ben individuate zone, sia in modo consensuale che forzoso [o giudiziario]. (pp 4-5)

Il metodo più efficace individuato per migliorare il sostegno della comunità è la creazione di un rapporto con chi lamenta dei problemi. Secondo le interviste fra i “ noise managers” [gestori dei problemi relativi al rumore aeroportuale] e i membri della comunità, i risultati più positivi si sono avuti quando i funzionari dell’aeroporto hanno avuto più tempo per sedersi con i membri della comunità in questione e discutere di questioni specifiche. Sebbene ciò non si traduca sempre in una diminuzione delle denunce relative al rumore, aumenta i rapporti fra la comunità e l’amministrazione dell’aeroporto. Tale aumento è vantaggioso per entrambe le parti, perché aggiunge fiducia e prospettive all’esperienza. (p 11)

FLL [Fort Lauderdale Hollywood International Airport] ha un ufficio che lavora a tempo pieno ai problemi da rumore ed un programma di sensibilizzazione appositamente sviluppato per rispondere alle preoccupazioni del pubblico legati all’espansione proposta dell’aeroporto. Questo aeroporto ha un approccio moderatamente proattivo. I suoi uffici rispondono ad ogni individuale e specifica preoccupazione riguardante il rumore e l’espansione dell’aeroporto, e rivolgendosi al personale del Community Outreach Center i cittadini preoccupati per l’espansione dell’aeroporto possono conoscere di più sul progetto. Questo centro di sensibilizzazione fornisce alla comunità delle preziose informazioni che possono essere facilmente comprensibili e possono alleviare alcuni stress circa l’impatto negativo dovuto alla proposta di ampliamento dell’aeroporto. (p12)

Interessante anche quanto si legge in Aviation Impacts on Property Values and Management: The Case of Suvarnabhumi International Airport” , Patcharin Limlomwongse Suksmith ⁎- Vilas Nitivattananon, Urban Environmental Management Program, School of Environment, Resources and Development, Asian Institute of Technology, Klong Luang – Thailand, IATSS Research, 2014. L’articolo è relativo al progettato ampliamento dell’aeroporto della capitale tailandese; questa risente di una grossa pressione demografico-insediativa ed è per di più investita dai flussi legati allo sfruttamento turistico-massivo delle risorse del paese – anche per mano estera; quindi lo studio citato tende a creare una metodologia ed un’analisi affidabili che servano a valutare gli effettivi costi delle attività di mitigazione e di risarcimento dei danni socio-ambientali dovuti all’impatto sulla popolazione di un ampliamento di aeroporto, sia in Thailandia che altrove. “Il risultato principale di questo studio è la scoperta della significativa relazione negativa tra il rumore aviazione e il valore della proprietà”. Qui risulta pure chiaro che se per il nuovo aeroporto di Peretola si fossero individuati i corretti criteri di indennizzo dei danni per l’inquinamento acustico ed atmosferico subìto della popolazione insediata, e si fossero stimate le conseguenti spese per il gestore privato (particolarmente onerose specie se in regime di “landing and take-off fees“) l’espansione operativa dell’aeroporto potrebbe già essere stata ritenuta poco conveniente in sede di business plan dell’opera!]:

[1. Introduzione]
[…] Gli USA, per affrontare i problemi ambientali ed energetici che sono al centro del Next Generation Air Transportation System (Next Gen), hanno creato un piano con 5 strategie che includono il bilanciamento costi-benefici per raggiungere i target ambientali del trasporto aereo in modo verificabile. Parallelamente a questi problemi un appropriato indennizzo per queste esternalità negative è diventato l’argomento di una ampia discussione ed è alla base di questo studio. Negli USA è stato stimato che il rumore dovuto al trasporto aereo colpisce 2,3 milioni di persone. Il disturbo da rumore nell’aeroporto di Heathrow costa dai 37 ai 66 milioni di sterline all’anno in perdita di benenssere equivalente. In Tailandia l’Airport Authority of Thailand ha stanziato un budget di oltre 11,2 miliardi di baht (~ 366 milioni di dollari USA; 1 dollaro USA ~ 30,7 TH baht) per l’indennizzo degli effetti negativi del rumore. Il pacchetto iniziale destinato agli indennizzi, pari a 736 milioni di baht, fu pagato quando l’aeroporto fu aperto. Fino a febbraio 2011 gli indennizzi pagati hanno raggiunto la somma di 1,25 miliardi di baht per le zone NEF3 N 40 e per quelle NEF 30–40 [*], pari all’11,13 % del totale del budget previsto per gli indennizzi da rumore.
[…]
Uno studio del Suvarnabhumi Airport ha mostrato che il valore delle nuove proprietà nella zona a grave rischio acustico prima del 2006 tende a diminuire sostanzialmente. I prezzi dei nuovi immobili venduti dopo l’inizio delle operazioni [di trasformazione] dell’aeroporto nel 2006 erano del 19,15% più bassi nella zona più gravemente colpita e dell’8,55% più bassi nella zona più esterna dell’area a rischio acustico […].
Inoltre, un ampio studio sull’impatto acustico sugli affittuari di appartamenti e dormitori nelle zone a rischio acustico intorno al Suvarnabhumi Airport dimostra che la volontà di accettare un risarcimento quando aumenta il livello di rumore, in Thailandia è inferiore rispetto a quanto accertato dagli studi europei [ ..] in più una simile ricerca sull’impatto acustico del traffico sui grattacieli e le zone circostanti una nuova autostrada che collega Bangkok al Suvarnabhumi Airport e Pattaya ha indicato che esiste un forte impatto acustico del traffico sui piani bassi e in generale sulle facciate anteriore degli edifici, il che implica che queste aree non sono idonee agli usi residenziali […].

[6.1. Applicazione dei risultati]
I pacchetti di indennizzo attuali del Suvarnabhumi International Airport sono stati indirizzati solo alla mitigazione degli impatti di rumore, ma ciò non riflette veramente l’impatto complessivo sulle comunità colpite basato sulle analisi dello studio. […]
A partire dal febbraio 2011, AOT aveva già indennizzato 411 case sia con l’acquisto che con il loro isolamento acustico – per quanto riguarda la zona NEF N 40 – così come 967 case tramite il loro isolamento acustico e la fornitura di un sostegno finanziario, per la zona NEF 30-40 che ricade nella mappatura estiva del rumore […] .
Per entrambe le aree è stata pagata la cifra di 1,036 miliardi di baht (~ 34 milioni di dollari) grazie alla quale sono state acquistate 93 case, 1.265 case sono state isolate e 20 case hanno avuto un supporto finanziario. Inoltre 214 milioni di baht sono stati pagati alla KMITL.
[…]
Si è appurato inoltre che l’indagine sull’adattabilità e l’efficacia delle politiche e degli strumenti per ridurre l’impatto del rumore del trasporto aereo, deve essere adattata ai singoli paesi. Alcuni paesi hanno istituito dei piani di azione sul rumore, per combatterne gli effetti usando mappature del rumore e monitoraggi sia dell’uso del suolo che delle zonizzazioni [urbanistiche]. Da un punto di vista economico, i risultati dimostrano misure comuni nella maggior parte dei paesi, come sistemi di indennizzo e tassazioni sugli atterraggi [take-off fees].
[…]
Lo studio ha trovato due principali problemi 1) non ci sono abbastanza fondi 2) i trattamenti dei residenti a rischio sono spesso ingiusti. Quindi devono essere applicati gli studi per il reperimento di risorse economiche validi per i paesi sviluppati. Per esempio in Francia gli schemi di indennizzo sono parzialmente basati sulla tassa sul rumore degli aerei in partenza. A Chicago, la Federal Aviation Authority rimborsa l’80% dei costi dell’SSIP [Safety Schemes in Procurement] e nel Regno Unito il l’onere finanziario dei sistemi di indennizzo è stato sopportato più pienamente dagli aeroporti […].

 

*Ringrazio Ida Ferretti per il prezioso lavoro di supporto nella traduzione e revisione dei testi in inglese.

**NEF è un descrittore di rumore che contribuisce al calcolo dei livelli di rumore dell’aeroporto e a definirne una mappa per determinare le misure di mitigazione del rumore aeroportuale e il piano di monitoraggio. NEF 30-35 significa Esposizione Prevista al Rumore pari a Leq 60-65 dB, il che significa che le aree di un aeroporto dove si registra un rumore simile sono zone a rischio acustico e qui deve provvedere all’isolamento acustico. NEF 35-40 significa Esposizione Prevista al Rumore pari a Leq 65-75 dB; questa è una situazione di rischio più grave e nelle aree aeroportuali colpite si deve provvedere all’isolamento acustico o ad altre mitigazioni. NEF N 40 significa Esposizione Prevista al Rumore pari a Leq N 70 dB; queste sono le aree di più grave rischio da rumore aeroportuale, al loro interno non viene consentita la permanenza di aree residenziali o recettori sensibili e devono essere applicate misure di indennizzo o l’acquisto delle aree.

*Antonino Prizzi

questo articolo è la sintesi proposta dall’autore, di uno studio più articolato che può essere richiesto a arcprizzi@gmail.com o antonino.prizzi@netsus.it.