Greetings from Florenceland

Nella notte del 15 dicembre 2018 compare una serie di figure per attirare l’attenzione sulla critica alla trasformazione del centro cittadino e della città in qualcosa di diverso da se stessa. Alcune delle “attrazioni” artistiche più importanti sono rielaborate in chiave disneyana e accompagnate dalla scritta tipica delle cartoline Greetings from… seguita dalla fusione tra Florence e Disneyland: Florenceland. Una fusione non solo linguistica ma che va a giocare su un topos ormai comune della critica urbana: il turismo trasforma le città in grandi parchi divertimenti tutti uguali, delle Disneyland storico-culturali.

Ma in che modo, il flusso turistico impatta e modifica lo spazio urbano fiorentino, la sua possibilità di fruizione da parte degli abitanti e le scelte amministrative? In netto contrasto con quello che è l’immaginario legato alle vacanze italiane – in particolar modo toscane – il tipo di turismo che si è sviluppato nel Centro Storico a Firenze è un fast-tourism, incentrato sul movimento e sullo scorrere dei luoghi di interesse, privilegiandone la dimensione visiva e il massimo consumo dello spazio: una vera e propria corsa al sightseeing. L’esperienza della fruizione dello spazio urbano è relegata alla raffica di fotografie che immortalano corpi e volti sul suo sfondo, mentre la realtà si appiattisce a mera scenografia, davanti alla quale i soggetti posano. Nell’ossessione del selfie vediamo come la pratica turistica contemporanea non sia quella di voler portare il luogo già visto in tante riproduzioni nella realtà più pienamente percettiva, ma al contrario, portare la propria immagine all’interno della rappresentazione, all’interno dello schermo. Dell’esperienza sensoriale rimane allora solo la vista e la città diventa un fondale teatrale, dove il turista passa fugacemente, lo ammira e si fotografa con quello sfondo.

Banalizzazione del patrimonio storico culturale di Firenze, uso distruttivo della città, espulsione fisica degli abitanti, alterazione dell’uso del patrimonio immobiliare sono il pesante corollario della saturazione turistica della città.

Breve analisi del tracciato turistico: tra movimento e nuove forme di zoning.

L’ingresso privilegiato al Centro Storico è ancora la stazione di Santa Maria Novella, ora soggetta agli gli stessi cambiamenti di molte grandi stazioni, dall’introduzione dei tornelli alla sostituzione delle attività commerciali e di servizi al suo interno con store di grandi catene multinazionali. È in questo luogo che si manifesta la militarizzazione del Centro, che dal 2014 ha portato molte città ad avere l’esercito in pianta stabile all’interno del proprio perimetro urbano.
Si prosegue poi con tre possibili percorsi che si ricongiungono nel punto nevralgico del Duomo. Il primo è via Nazionale e la zona di San Lorenzo, profondamente alterata dalla invasione turistica. Bancarelle seriali, spazi impraticabili ed il mercato trasformato attraverso la rigenerazione in una sorta di fast-food gourmet di massa, sono la cifra caratteristica di questa zona.
La seconda alternativa è percorrere piazza Santa Maria Novella, una delle varie piazze in cui è molto difficoltoso sostare a lungo: le panchine sono pochissime, sono anche in metallo e d’estate si trasformano in pericolose piastre bollenti, non vi sono zone riparate o ombreggiate. La possibilità di sedersi è data principalmente dai dehor dei locali e comporta quindi la relativa, spesso costosa, consumazione.

Il terzo percorso è quello che prevede il passaggio per Via de’ Cerretani e zone limitrofe, tra le poche strade sufficientemente larghe e con marciapiedi abbastanza spaziosi da permettere un rallentamento del movimento. Proprio in queste strade sono concentrati i negozi di catene multinazionali, non necessariamente di lusso ma rivolti ad un pubblico abbiente. Negozi di souvenir e bar turistici monopolizzano l’offerta commerciale della zona. Via de’ Tornabuoni e le strade vicine sono sede della maggior parte dei negozi di alta moda: la città diventa vetrina del lusso internazionale.

E gli abitanti dove si posizionano in questo quadro? Sembrano scomparire, sia dalle abitazioni del centro che dai luoghi pubblici, ormai colonizzati dai turisti e da alberghi e residence lussuosi ed estremamente selettivi. Costretti a defilarsi in percorsi e luoghi con un minor impatto turistico, vivono come estranei nella città che dovrebbe essere la loro casa, perdendo di fatto ogni diritto al loro spazio.

Da Piazza del Duomo il percorso diventa omogeneo, accelerato e sovraffollato, per rallentare dopo Ponte Vecchio. A pochissimi passi di distanza, Via de’Neri è un esempio dell’impatto della turistificazione unita alla liberalizzazione delle licenze commerciali: questa è la strada dello streetfood in chiave fiorentina, ovvero panini, salumi e schiacciate. In una situazione che rispecchia quella del mercato di San Lorenzo, la prima parte della via è monopolizzata da attività commerciali molto simili, dedicate allo stesso target di pubblico e che vendono la stessa tipologia di prodotto. Le osterie e paninoteche sono ormai completamente assimilate ai monumenti a livello di pratiche che le interessano: le file possono durare anche un’ora e lo spazio pubblico circostante è stato reso impraticabile. La famosa ordinanza del sindaco, nota proprio come ordinanza anti-panino, in quest’area impone “il divieto di consumare alimenti soffermandosi e trattenendosi, anche singolarmente, sui marciapiedi e sulle soglie di negozi e abitazioni e sulla carreggiata”. Di nuovo, si ritorna al modello di una visita in continuo movimento e alla sottrazione di suolo pubblico. La scomposizione del Centro in micro aree di interesse omogeneo è evidente. Oltre i casi visti fin qui, osserviamo anche che Santa Croce e dintorni sono dedicati agli aperitivi; San Frediano a cocktail bar, pub e vita notturna in generale; Piazza della Repubblica alla caffetteria di fascia alta.
Sembra che la città storico-culturale trasformandosi in città turistica, sviluppi una pratica molto simile allo zoning di memoria fordista. Tale suddivisione non è basata però sulla volontà di gestire flussi di individui che hanno esigenze abitative o lavorative in quei luoghi ma su individui che devono solo visitarli e consumare. La città viene così progressivamente trasformata in città-vetrina o meglio, città-gift shop in un’unione delle varie funzioni, ognuna con la sua zona dedicata, come all’interno dei mall americani da cui prendono ispirazione anche gli outlet più affermati in Italia.

 Il ruolo delle politiche del decoro nella turistificazione.

Seguendo il percorso del flusso turistico si vede come intere porzioni dello spazio urbano siano state fortemente regolate e controllate dalle istituzioni in virtù della loro posizione all’interno della core zone dell’area turistica della città. Sotto il modello dichiarato del decoro, le amministrazioni perseguono l’eliminazione o il riassorbimento delle marginalità che si discostano dalla (loro) idea di norma. Le modalità possibili per farlo sono principalmente due: quella hard dell’esclusione coercitiva (leggi anti-migrazione, sgomberi di edifici occupati e di campi Rom) ed una apparentemente più soft, attraverso le pratiche di gentrificazione e turistificazione.

In questi casi l’allontanamento delle soggettività non conformi non è esplicitato nelle intenzioni di chi le porta avanti ma è la conseguenza delle loro politiche incentrate sulla vivibilità e sul decoro. In città come Firenze, l’attrattiva turistica viene esasperata fino a renderla unico focus della gestione della città, giustificando misure limitanti in nome degli introiti promessi dal turismo. Il modello perseguito è quello delle gated community americane, fondate sull’esclusione e la selezione dell’accesso. Il consumo turistico sia di massa che di lusso deve essere garantito e protetto, mentre la vivibilità della città, la cura dei bisogni degli abitanti e delle fasce più deboli della popolazione sono di fatto abbandonati da parte degli amministratori, privando chi vive stabilmente lo spazio urbano – e non lo attraversa velocemente solo in cerca di uno sfondo scenografico – del proprio diritto alla città.

*Martina Bedeschini Bucci