Nardella e la “razza”, quando l’uso delle parole richiama la discriminazione

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Riceviamo dal lettore Angelo Ferrari e pubblichiamo


Non vorremmo mai dover ammettere l’inadeguatezza della nostra classe dirigente e dei nostri pubblici ufficiali, ma a volte è necessario ed è anche importante farla notare ai concittadini.

Dario Nardella, in un virgolettato sul sito di Repubblica Firenze di lunedì 26 ottobre, parla apertamente di RAZZA “… questo tipo di controlli non fa distinzioni di razza o di nazionalità”. L’occasione è il conflitto di piazza della Repubblica tra una giovane donna e i vigili urbani e il sindaco si preoccupa soprattutto di difendere i pubblici ufficiali che devono far rispettare le regole in modo imparziale. E’ allora necessario chiarire un punto che evidentemente non è chiaro neanche al nostro sindaco: non esistono le RAZZE tra gli esseri umani, sono un’invenzione degli schiavisti portoghesi per giustificare la deportazione di africani in America. Usare questa parola – peraltro recentemente cancellata dalla costituzione tedesca – da parte del sindaco di Firenze ne giustifica l’uso e, di conseguenza, giustifica il razzismo come un fenomeno sociale accettabile. Questo il primo motivo per cui Nardella e Repubblica Firenze dovrebbero scusarsi, solo per le bestie si può parlare di razze, non per le persone. Anche il semplice uso, e ancor peggio, la pubblicazione di questo termine è offensivo. Ma quali razze, bastava nazionalità!

I pubblici ufficiali che hanno fermato la donna senza mascherina non hanno abusato del loro potere, anche se così potrebbe sembrare a prima vista, ma hanno sicuramente drammatizzato un fenomeno che andava invece governato e mediato, peggiorando la situazione e incentivando il disagio, gli attriti e la rabbia, prima dei passanti e poi sui social network. Il reato commesso dalla donna è palese [aggiornamento del 27 ottobre, i vigili hanno denunciato la donna e a loro volta sono stati denunciati, vedremo in un’aula di tribunale chi avrà ragione, ndr]. Dobbiamo però ammettere che si tratta di una legge pubblicata meno di cinque giorni prima, in una situazione di emergenza sanitaria, senza essere discussa alle camere, obbligando ad indossare una mascherina di protezione sempre, anche nello spazio pubblico aperto. Dobbiamo dunque aspettarci che una tale legge, simultanea all’arresto o limitazione di tante attività economiche e sociali, per la seconda volta a distanza di pochi mesi, possa provocare reazioni contrarie dei privati cittadini, se non addirittura delle associazioni di categoria o delle forze politiche d’opposizione.

Queste reazioni richiedono misure di contenimento adeguate, adattate ad ogni singola situazione, in modo da non innescare altre, più violente, reazioni, ma cercando invece di spiegare le ragioni delle nuove regole, con comprensione e tolleranza. Non sono certo queste le situazioni in cui è possibile applicare la tolleranza zero, né sembra auspicabile criminalizzare le reazioni spontanea di alcuni cittadini con punizioni esemplari. Per queste ragioni, che forse i vigili urbani di Firenze, il sindaco e la UIL – Federazione dei Poteri Locali – ignorano, non è stata una scelta giudiziosa quella di bloccare fisicamente la donna senza mascherina sotto i portici di piazza della Repubblica, generando assembramenti di protesta ed alimentando il conflitto sociale e la rabbia dei passanti e della donna stessa, perché la risonanza di un tale gesto sarebbe stata sicuramente di maggior impatto mediatico ed avrebbe favorito soprattutto la voce delle opposizioni. Come era più che prevedibile il conflitto sociale è stato amplificato dal video pubblicato sui social e dagli articoli di giornale poco obiettivi, che riportavano solo i punti di vista a favore dei pubblici ufficiali.

Se poi a tutti questi errori di valutazione sovrapponiamo le dichiarazioni del sindaco che afferma che per lui tutte le razze devono avere uguale trattamento beh… facciamoci del male!

Angelo Ferrari, Firenze

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