Emergenza casa-pandemia, Grandi (Sunia): “Prepariamoci, sarà il diluvio”

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Emergenza abitativa, quale sarà e come si manifesterà l’impatto della pandemia, quando saranno sbloccati gli sfratti, è oggetto di ipotesi, per lo più allarmanti. Ipotesi che già conducono ad effetti inquietanti sul mercato immobiliare, come rivelano le agenzie immobiliari con i dati che emergono dai loro Uffici Studi. Ad esempio, per quanto riguarda i prezzi al metro quadro delle case in vendita in Toscana, si scopre che, nonostante la crisi che attanaglia l’economia regionale e nazionale, l’Ufficio Studi di Idealista segnala la crescita dei prezzi delle abitazioni usate in Toscana a novembre 2020.  A livello tendenziale dunque, i valori sono in crescita dello 0,7% rispetto a ottobre, mentre sono stabili rispetto a 12 mesi fa. Firenze fa la parte del leone: l’aumento rispetto alle altre città toscane è il più alto, più 1,6, anche se deve scontare un calo trimestrale del -2,6%, mentre la variazione annuale è del -1,7%. Per inciso il massimo storico del prezzo medio per metro quadro, fu raggiunto, per Firenze, nel febbraio 2012, ed era pari a 3.334 euro al metro quadro. Ad ora, la città più cara (valore medio) è Firenze, con 3.952 euro/m2

Il tema delle compravendite è strettamente legato ai canoni e dunque al mondo dell’affitto. Sempre dall’Ufficio Studi di Idealista, emergono altri dati interessanti. Ad esempio, per quanto riguarda Firenze, il prezzo medio a metro quadro è di 15 euro a ottobre 2020, il prezzo più alto della Toscana. La variazione annuale è del -5,9%, ma questo vale non in tutta la città, dal momento che i prezzi sono come al solito più alti nell’area Unesco. Il prezzo medio dei canoni in provincia di Firenze si aggirano sui 14,1 euro al metro quadro, mentre in Toscana si arrestano a 12, 3 (sempre a ottobre 2020).

Una prima considerazione che emerge da questi dati è senz’altro che l’impatto pandemico c’è, ma tutto sommato almeno sull’area fiorentina i prezzi, dai canoni d’affitto alla compravendita, non precipitano. Inoltre, una serie di grandi (nel caso di Palazzo Serristori, colossali) partite immobiliari di segno estero stanno assottigliando il patrimonio abitativo cittadino del lusso, a fronte di ben poche ricadute economiche sul territorio.

La dipendenza fra salute del mercato degli affitti e quello delle vendite viene messa in luce da Simone Pasquini, due anni di esperienza come agente immobiliare, da pochi mesi passato ad altro lavoro. “Nell’esaminare la ricaduta della pandemia nel mercato immobiliare cittadino e di conseguenza nelle situazioni dell’emergenza abitativa – dice – non possiamo non tenere conto del blocco degli sfratti che di fatto ha due conseguenze: da un lato, quella di mettere in congelatore situazioni già arrivate alla conclusione dello sfratto senza risolvere il problema, anzi, acuendolo nel momento in cui dovrà necessariamente sbloccarsi;  dall’altro, mettendo paura ai proprietari che, in questi ultimi mesi e sotto lo spauracchio di una ulteriore proroga, sono sempre più spinti a rinunciare a un profitto pieno di rischi e a mettere il bene in vendita. Ciò significa anche che, una volta ottenuto il sospirato rilascio dell’immobile, quello non andrà più nel circuito degli affitti 4+4, ma al limite resterà vuoto. Ciò significa anche sottrarre altri alloggi alla residenza da un lato e dall’altro ritrovarsi alloggi vuoti in attesa che riparta il mercato degli affitti brevi”.

Una situazione che vede anche altri numeri significativi. Li ricorda Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia, che dice: “Un dato emblematico di ciò che ci sta per rotolare addosso è che il 40% delle persone che hanno ricontrattato il canone, secondo quanto previsto dal Comune, non riescono a onorare neppure l’affitto ricontrattato. Al momento in cui, il 31 dicembre, verrà attuato lo sblocco degli sfratti, nessuno sarà pronto ad affrontare e gestire davvero ciò che capiterà”. Ricordiamo solo il dato che l’ufficio legale del Sunia ha più volte menzionato: è ragionevole ritenere che al momento dello sblocco degli sfratti, nella sola Firenze se ne conteranno mille.

Quanto all’ultima novità diffusa dall’amministrazione, ovvero, con l’accordo della Città Metropolitana che è protagonista della vicenda, impiegare i 4 milioni che rimarrebbero inutilizzati su Sant’Orsola dal momento che il privato che si sta occupando della riqualificazione di Sant’Orsola, si è preso in carico l’intera operazione, per acquistare fondi dai privati in San Lorenzo. Beneficiari di questi fondi, che verrebbero affittati a canone calmierato, i “creativi”, dagli artigiani a tutte quelle professionalità che hanno fatto la tradizione di Firenze.

“Proprio prendendo in considerazione il “profondo rosso” che ci aspetta – dice Grandi – ritengo che dovremmo dare forza agli strumenti che potrebbero aiutarci a fronteggiare l’emergenza. Quattro milioni darebbero fiato all’agenzia sociale della casa, ma anche al tavolo del disagio abitativo, che governa il fenomeno degli sfratti. E’ necessario mettere su un piatto tutte le capacità economiche e capire quelle più utili per affrontare l’emergenza. Purtroppo, la turistificazione della città ha già smantellato un sistema tradizionale artigianale, spia che ciò che serve è un ripensamento dell’ idea di città, che andrebbe studiato a 360 gradi. Se non si riportano i fiorentini a Firenze, non si riuscirà a risolvere il problema. E’ necessario capire profondamente che la priorità è vivere a Firenze, cosa che, anche in piena pandemia, è sempre più difficile per chi lavora e guadagna troppo poco per pagare affitti che assorbono ben oltre il 30% del reddito famigliare. Invio un appello, cerchiamo di mettere in pista al più presto l’agenzia sociale e il tavolo del disagio abitativo”.

E’ proprio questo, il vero nodo della questione. Gli alloggi ci sono, ma pur di non cedere sui canoni, che rimangono relativamente alti soprattutto a Firenze, si attendono tempi migliori. Ovvero la ripartenza degli affitti brevi o turistici che dir si voglia. “Un mercato che ormai è in mano in gran parte di piattaforme immobiliari tipo Airb&B – continua Pasquini, che è anche attivista del Movimento di Lotta per la Casa – il classico caso del piccolo proprietario che fa fruttare la casa di famiglia affittandola agli stranieri è sempre meno reale”. Le conseguenze, le conosciamo da tempo, e sono quelle del progressivo spopolamento del centro storico e non solo, con la moria di esercizi storici, botteghe artigiane, atelier e via di questo passo. Insomma, portar via la residenza da Firenze, rischia di desertificare intere filiere che hanno senso solo se la città rimane viva, e non solo un immenso corpo turistico di ricezione turistica, magari costellato da residenze di lusso, spesso in mano a stranieri.

“Con la fine del blocco degli sfratti – conclude Pasquini – ci troveremo di fronte a una situazione mai vista prima. Il blocco prolungato, mixato con misure economiche insufficienti, ha portato all’esplosione di migliaia di morosità incolpevoli che presto giungeranno sul tavolo. Il peggio è giunto quando anche i piccoli proprietari si sono trovati abbandonati dallo Stato senza alcun tipo di ristoro. A Confedilizia stanno giungendo lettere di piccoli proprietari che lamentano di trovarsi loro stessi in strada. Una doppia beffa insomma sia per piccoli proprietari che per inquilini. Da tutto questo, tuttavia, qualcuno ci guadagna e sono le grandi proprietà e la speculazione edilizia. Quando il mercato degli affitti “lunghi” affonda, è quello dell’affitto breve che sorride”. Da parte del Movimento, una proposta viene avanzata, vale a dire quella di mettere come tetto massimo del canone mensile la rendita catastale dell’immobile.

Tirando le fila, emergenza abitativa cronica, un mercato che non si arrende, per quanto riguarda i canoni (ma anche le compravendite) e non diminuisce i prezzi, preferendo semmai aspettare con alloggi vuoti che riprenda l’onda degli affitti brevi, infine, l’incognita purtroppo prevedibile della fine del blocco degli sfratti (senza parlare di quella del blocco dei licenziamenti, che consegnerà altre famiglie alla morosità), rendono inquietante la situazione di Firenze, preoccupante quella della Toscana. A fronte di ciò, qualche strumento l’amministrazione comunale l’aveva previsto, anche se ad oggi non è stato possibile registrarne lo stato di attivazione. Un elemento importante, su cui gli stessi sindacati inquilini fanno pressione, è la riapertura del tavolo del disagio abitativo, che dovrebbe riunire tutti i soggetti coinvolti, dai sindacati alle istituzioni alla prefettura al tribunale di Firenze, per riuscire a procedere almeno a una calendarizzazione degli sfratti. Uno strumento importante in particolare in previsione dell’emergenza sull’emergenza prevista col termine del blocco.

Fra gli strumenti approvati in giunta col precedente assessorato, forse l’elemento più innovativo per Firenze è stato l’istituzione dell’Agenzia Sociale per la Casa, che tuttavia necssita per funzionare di un Fondo di Garanzia e quindi di stanziamenti. Contraddistinta dall’acronimo F.A.S.E. (Firenze: abitare solidale per l’empowerment di comunità), previsto dalle normative nazionali e regionali, si rivolge in particolare alla cosiddetta “fascia grigia”, con l’obiettivo di individuare le soluzioni più adeguate, a partire dagli alloggi a canone concordato. L’Amministrazione coinvolgerebbe nella gestione la società in house Casa Spa, per poter lavorare in stretta sinergia attraverso la direzione Servizi sociali, analizzando i bisogni abitativi della popolazione cittadina. Potranno essere coinvolte all’interno di questo strumento tutte quelle realtà del territorio, pubbliche e private, che già si occupano del tema casa e che manifestano la volontà di mettere parte del patrimonio immobiliare da loro detenuto a disposizione per alloggi a canone concordato. Gli affitti saranno gestiti in conformità dei patti territoriali e sostenuti da appositi strumenti economici e finanziari, attingendo a un apposito Fondo di Garanzia. Il meccanismo sarebbe quello di incrociare l’analisi dei bisogni dei potenziali inquilini e quella dei proprietari, creando così una relazione che possa far emergere soluzioni.

Se questo riguarda la fascia grigia, moltissima attesa riguarda lo strumento principale delle politiche abitative popolari, ovvero il nuovo bando Erp, che dovrebbe essere attivato, almeno per quanto riguarda le previsioni antecedenti il nuovo assessorato, all’inizio del nuovo anno. In quest’ambito, è da segnalare il nuovo regolamento per l’edilizia residenziale pubblica, che costituisce un adeguamento alla legge regionale sulla casa (legge 2 gennaio 2019 n. 2). Fra le novità, si segnala quella che prevede, entro il 31 dicembre di ogni anno, la comunicazione da parte di Casa spa al Comune, del programma dettagliato degli alloggi che saranno disponibili nell’anno successivo per recupero e ristrutturazione (‘risulta’) o nuova costruzione. Ogni mese, poi, Casa spa dovrebbe trasmettere al Comune la situazione aggiornata degli alloggi sfitti, compresi quelli disponibili per l’assegnazione. Una norma molto importante perché consentirebbe, in particolare in questi tempi difficili, di tenere sott’occhio il parco degli alloggi pubblici, allo scopo di evitare il costituirsi di quella pesante zavorra degli alloggi pubblici vuoti e non assegnabili per mancanza di abitabilità (700 circa nella sola Firenze).

Un altro punto di cui il nuovo bando comunale dovrà farsi carico è la sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito l’incostituzionalità delle norme che riguardano l’obbligo di residenza o di attività lavorativa di 5 anni sul territorio regionale fra i requisiti per l’accesso. In particolare, dopo numerose sentenze avverse alle regioni Friuli, Trentino, Valle D’Aosta, Liguria, la sentenza 09/03/2020 contro la Regione Lombardia, ha stabilito che è incostituzionale richiedere nei Bandi pubblici, pena l’esclusione, la residenza o l’attività lavorativa di 5 anni all’interno della Regione.

A testimoniare che si tratta di ragioni concrete e non di semplice dibattito giuridico, il nuovo bando Erp del comune di Pisa, che non ha tenuto conto del dettato della Suprema Corte, ha visto scattare il ricorso al Tar da parte di Sicet, Uniat, Sunia e Unione Inquilini, contro la norma della Legge Regionale 2/09/2020 che stabilisce l’obbligo di residenza o lavoro in Toscana da almeno 5 anni per potere presentare domanda Erp, dal momento che la Corte Costituzionale ha già fatto abrogare la norma, oltre che nella Regione Lombardia, anche in Friuli, Trentino, Valle D’Aosta, Liguria. Il rischio è dunque che, se non vengono rimossi questi ostacoli giuridici, i bandi dei Comuni possano incorrere nello stesso “inciampo” che ne ritarderebbe comunque l’uscita. Mentre la fame di case, come dimostrato, cresce.

L’articolo è uscito qui

*Stefania Valbonesi

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Stefania Valbonesi

Nata a Ravenna, età vintage, svolge ttività giornalistica da circa vent'anni, essendo prima passata dall'aspirazione alla carriera universitaria mai concretizzatasi. Laurea in scienze politiche, conquistata nella fu gloriosa Cesare Alfieri. Ha pubblicato due noir, "Lo strano caso del barone Gravina" e "Cronaca ravennate", per i tipi di Romano editore.

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