Vite indegne di essere vissute: sterminate prima dei campi di sterminio

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Ci racconta Marco Paolini nel suo commovente Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute, che qualcun altro iniziò a morire «prima dei campi di sterminio, prima degli ebrei, prima degli zingari, prima degli omosessuali, prima dei comunisti». Ad essere assassinate, iniziarono ad essere le persone disabili.

Sappiamo che tra il 1933 ed il 1945 furono circa 15-17 milioni le persone uccise dal regime nazista del Terzo Reich e dai suoi alleati. Un genocidio, giustificato dalla volontà di difendere la “purezza del sangue” della presunta razza ariana, mosso dalla volontà sistematica di annientare interi gruppi di persone. Le principali vittime della “soluzione finale” tedesca furono, senza ombra di dubbi, le persone ebree seguite dalle persone rom e slave.

Ma facciamo un passo indietro, appena prima di Hitler e del nazismo. Torniamo indietro fino agli ultimi decenni del 1800, immergiamoci nella Belle Époque e nel pieno spirito positivista del periodo con la sua fiducia cieca verso la scienza ed il progresso tecnico. Ecco, in questa cornice storica Francis Galton formulò la sua teorica eugenetica. Galton prese gli studi di Charles Darwin, suo cugino, sull’evoluzionismo e li ripropose sotto una luce nuova. Darwin faceva riferimento ad una dimensione biologica dell’evoluzione, che non implica un giudizio morale, ma fa riferimento alla mutazione di alcune caratteristiche trasmesse ereditariamente per meglio adattarsi ad un ambiente e si tratta di una selezione naturale dei caratteri più congeniali per un determinato ambiente. Per Galton, però, la selezione naturale non era affidabile e propose una “selezione artificiale” dei caratteri: è necessario impedire, o almeno limitare, di riprodursi alle persone con caratteristiche fisiche, comportamentali e/o sociali considerate inadatte alla società.

Heilanstalt Schönbrunn bei Dachau. – SS-Foto, 16.02.1934

Queste idee, purtroppo, attecchirono e si iniziò con la sterilizzazione. Nei “democratici” Stati Uniti d’ America si iniziò con la sterilizzazione delle persone sorde, ma non solo. Anche in Danimarca, Norvegia, Finlandia e Svezia si adottarono delle politiche volte a sterilizzare le persone disabili. E anche in Germania si iniziò con la sterilizzazione coatta giustificata da una legge varata il 14 luglio 1933, «lo stesso giorno si aboliscono i partiti così la prima cosa ad essere sterilizzata è la democrazia», ironizza Paolini nel suo spettacolo. Tra il 1933 ed il 1939 tra le 200.000 e le 350.000 persone furono sterilizzate e nel frattempo il Terzo Reich preparava l’opinione pubblica al passo successivo.

L’economia tedesca soffriva ancora per la grande crisi del ’29, l’inflazione era galoppante e mantenere la propria famiglia era sempre più duro. Il messaggio che doveva passare era che alcune persone del tutto improduttive si appropriavano delle risorse dello Stato. Su un testo di matematica del 1935, destinato ai bambini delle scuole primarie, si poteva leggere: «un pazzo costa 4 marchi al giorno, uno storpio 5.50, un criminale 3.50. In moltissimi casi un funzionario guadagna appena 4 marchi al giorno per ogni componente della sua famiglia, un impiegato appena 3.50, un operaio specializzato neppure 2 marchi. Queste cifre devono far pensare». Già, dovevano far pensare che le vite di alcune persone fossero indegne di essere vissute e che le persone disabili fossero inutili zavorre, solo delle bocche da sfamare, esseri inutili che si appropriavano delle ricchezze dei tedeschi. Questa fu la premessa attraverso la quale realizzare quanto auspicato nel 1920 da Alfred Hoche e Karl Binding, uno psichiatra e l’altro giurista, che nel testo Il permesso di annientare vite indegne di essere vissute proponevano lo sterminio dei «mangiatori inutili».

Nel 1939 il numero delle sterilizzazioni crolla, si è pronti a fare ciò che nessuno prima aveva mai fatto: ausmerzen. Eliminare i più deboli, come a marzo i pastori uccidevano i capi di bestiame che non avrebbero retto la transumanza. Nel 1939 iniziò lo sterminio dei disabili che consumavano senza produrre e “infettavano” il sangue ariano. È AktionT4, il programma di eutanasia nazista per sopprimere le persone con un qualche tipo di disabilità e «a differenza dell’olocausto, non è esercitato da gente in divisa con i mitra spianati. Sono i medici di famiglia e le ostetriche ad essere coinvolte», come ricorda Paolini. L’1 settembre 1939, il giorno in cui la Germania invade la Polonia dando inizio alla seconda guerra mondiale, Hitler estende ai medici la responsabilità di sopprimere i malati inguaribili e lo fa attraverso una lettera, un pezzo di carta privato che varrà 300.000 vite umane. È qui che si sperimentarono le iniezioni letali e le camere a gas, è qui che si capì come uccidere sistematicamente.

L’1 settembre 1941 AktionT4 formalmente cessò di operare in seguito a numerose proteste della popolazione civile, il Führer non poteva permettersi di perdere consensi. Fino ad allora, erano molte almeno 70.000 persone. Lo sterminio però non si arrestò e proseguì fino al 1945 negli ospedali psichiatrici e qui si cercarono nuovi modi per far morire gli “indesiderati”. Qui si sperimentò la Dieta-E, una dieta assolutamente priva di grassi che nel giro di 6-12 settimane faceva morire di fame i pazienti. Non ci sono dati ufficiali, ma alla fine della guerra si pensa siano state circa 300.000 le “vite indegne di essere vissute” delle persone disabili stroncate dal Terzo Reich. Questo flusso di morte, in realtà, si protrasse per qualche giorno in più la fine della guerra. Dalla testimonianza di un ufficiale americano sembra emergere che l’ultima vittima di questa politica assassina fu un bambina ucciso il 29 maggio 1945, 33 giorno dopo l’occupazione delle truppe americane.

Questo mancato tempismo è inquietante, ma significativo: le persone continuarono a morire anche oltre il regime nazista. Certo, si continuò per appena un altro mese, ma è il segno che l’idea secondo la quale esistano le persone e le persone con vite indegne di essere vissute non sia una prerogativa esclusiva del nazismo. Questa fu la pagina più buia del lunghissimo XX secolo, eppure i genocidi non sono spariti, come i campi di lavoro e concentramento: è il 2021 e in Cina gli uiguri sono perseguitati e reclusi in campi di lavoro solo perché appartengono ad una specifica minoranza etnica; in Brasile si sta consumando il genocidio del popolo Guarani-Kaiowà; per non parlare dei lager libici per i migranti e della strage che ha visto protagonista negli ultimi anni il Mediterraneo.

Come dice Paolini, «cos’è la memoria? Questo è, un esercizio faticoso che però mette in relazione qualcosa che tu fai con qualcosa che riguarda altri» perché la morte di centinaia di migliaia di persone non riguarda solo le vittime, le persecuzioni ai danni di qualcuno toccano in qualche modo le vite di noi tutti.

*Francesca Pignataro

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Francesca Pignataro

Dal ‘97 mi aggiro nel mondo chiedendo “perché” e ho una forma di repulsione verso le risposte semplici a problemi complessi. Studiando moltiplico le mie domande, scrivendo cerco delle risposte e l’umanità preferisco osservarla dai margini con le lenti dei miei occhiali che sfumano dal viola del femminismo al rosso del marxismo.

1 commento su “Vite indegne di essere vissute: sterminate prima dei campi di sterminio”

  1. Sergio Bologna

    La politica eugenetica del regime nazista è un aspetto poco studiato. I contributi maggiori forse sono quelli di K.H. Roth e A. Ebbinghaus, due medici/storici che gestiscono la Fondazione di Storia Sociale di Brema. IL massimo responsabile della politica di sterminio delle unwertiges Leben fu Christian Wirth. Spedito a Trieste nel 1944 fu ucciso in un agguato dai partigiani di Tito. Sepolto con tutti gli onori a Opicina, nel dopoguerra la salma fu traslata al cimitero militare tedesco di Costermano. Alla metà degli anni 80 il console generale tedesco ne chiese la rimozione: un criminale di guerra non doveva stare accanto ai 22 mila soldati tedeschi caduti e lì tumulati

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