La democrazia secondo le Fondazioni Bancarie

La vendemmia europea: saranno davvero vacche grasse?

La promessa dei famosi 209 miliardi che dovrebbero piovere dal serenissimo cielo europeo pare proprio un potente eccitante per il sistema toscano oltre che di quello nazionale; dopo le fibrillazioni dei Comuni (soprattutto il capoluogo, ovviamente), della Regione adesso sono di scena anche le banche; per la precisione troviamo a coordinare gli strumenti per catturare l’helicopter money e per farne sgocciolare meno possibile, la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.

Nelle settimane precedenti al convegno dove è stato presentato il programma – nato, secondo le dichiarazioni degli organizzatori, dalla “società civile” – è stata una frenetica serie di incontri e trattative dove i padroncini della Toscana hanno immaginato il rilancio, la ripresa, la fine delle vacche magre.

Al di là dello spessore delle proposte, che si possono riascoltare qui, appare chiaro chi sono i veri protagonisti del potere, cioè coloro che decidono davvero. Certamente l’assessore fiorentina (all’urbanistica, ambiente, agricoltura urbana, turismo, fiere e congressi, innovazione tecnologica, sistemi informativi, coordinamento progetti Recovery Plan, smart city, piano gestione Unesco) Cecilia Del Re ha invocato il coinvolgimento dei cittadini nell’elaborare i progetti per spartire i soldi della cuccagna, ma non si capisce proprio in cosa e come coinvolgerli se tutto sembra già deciso. Chissà, forse faranno una “partecipazione” come il “dibattito pubblico” sul PUMS, dove una piccola rappresentanza di esponenti di comitati, sindacati confederali è stata chiamata due volte a esprimersi per ben 5 minuti su decisioni già prese.

È frustrante e deprimente, per i tanti gruppi che cercano di difendere territorio e condizioni di vita, sentirsi chiedere di che colore devono essere le pensiline del tram o i biglietti dei bus; ma la cosa ben più grave è vedere come la democrazia sia diventata una pura realtà virtuale in cui si deve eleggere, ogni cinque anni, chi sarà l’esecutore della volontà espressa in salotti, club esclusivi e nelle sale delle fondazioni bancarie. Lo spettacolo elettorale riproposto per l’ennesima volta è stato piuttosto monotono: una sedicente sinistra si strappa le vesti per impedire che arrivi la barbarie delle destre, una (vera) destra si indigna davanti ai “comunisti” che metterebbero le mani nelle tasche degli Italiani. Poi, dopo che ha vinto il più bravo a sventolare la bandiera della paura, ci si dimentica di tutto e riprendono gli affari veri, quelli decisi da chi può.

Qualcuno dirà che queste considerazioni sono populismo (sempre tacciare di qualche “ismo” chi critica), ma la cronaca racconta che l’euforia di tanti politici, Confindustria, fondazioni bancarie e il corteo di associazioni ancillari al sistema, è quella di un mondo a parte, relegato lontano di chi perde il lavoro, vede fallire la propria impresa, non sa come far fronte ai debiti contratti.

L’ottimismo per la ripresa che ci dovrebbe essere con la cuccagna del Next Generation EU, stride con la situazione tragica della situazione del mondo reale. Ormai esistono due Italie e due Toscane sempre più strabiche, più diseguali; il velo di retorica di sinistra si assottiglia sempre di più ed è impossibile non vedere come il potere sia nudo, lontano dal mondo reale.

Non vengono nemmeno messi in discussioni i limiti di questa operazione dell’Unione Europea; coloro che si sentono esclusivi destinatari dei finanziamenti, dopo decenni di vacche magre, vedono in quelle risorse un’occasione di profitti, non strumenti di riassetto economico su basi ecologiche e egalitarie; se si guardasse davvero al paese reale e non ai bilanci di fondazioni e grandi imprese, si capirebbe che la pioggia promessa è assolutamente insufficiente a far fronte alla crisi presente; tra l’altro molti di quei soldi saranno prestiti che andranno restituiti e che contribuiranno a stringere ulteriormente il cappio al collo del paese. All’orizzonte non c’è il salvataggio di persone e piccole attività economiche, ma una pesante ristrutturazione capitalistica; il che significa che si avrà ulteriore concentrazione di ricchezza e crescita della disuguaglianza.

Adesso la beatificazione del nuovo uomo provvidenziale, calato dall’Europa a sedersi sulle macerie del sistema politico, pare essere la soluzione di tutti i problemi; i media osannano le competenze di Draghi e queste paiono essere garanzia di salvezza per il bel paese, ma i progetti che porta non vengono verificati, la cornice liberista in cui siamo conficcati non è messa in discussione, possibili alternative nemmeno evocate; questo continua ad essere l’unico mondo possibile.

Il senso che hanno oggi le parole uguaglianza o democrazia ricorda molto il monologo di Ascanio Celestini sulla libertà concessa ai poveri di mangiare caramelle di menta: