Il sindaco che visse nello studentato

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Pestò i piedi l’eurosindaco, in preda a un attacco d’ira . «Mi iscriverò all’università». Qualcuno reagì debolmente. «È inutile: ormai ho deciso. Vi lascio, mi sono scocciato», sentenziò infine.

Mollato il tavolo di regia e le mille videocamere, il primo cittadino ritornò matricola. Iscritto a Lingua e letteratura scozzese, metteva a frutto gli insegnamenti del predecessore: «Shock! I want to make a plea to investors, you want to make a plea to investors, he wants…» etc.

Finalmente libero dalle rogne politiche che lo demoralizzavano (non vi era portato), poteva ora studiare, seguire corsi e, finalmente, alloggiare in uno studentato con affaccio sulla smart city.

Scelse il più nuovo: lo studentato di lusso costruito al posto del lago. Quello per cui scorse sangue innocente quando fu avviato il prosciugamento dell’invaso: i tre anziani manifestanti furono, tutti, trucidati a colpi di idrovora. All’inaugurazione, poi, il sindaco si era esposto: «Fossi uno studente io ci verrei subito». Ora doveva mantenere la promessa.

Aveva scelto la lingua scozzese per rafforzare le relazioni con l’ordine ospitaliero che dalle brughiere d’Albione, passando per paesi bassi, era sceso alla conquista spirituale del continente, fondando esclusive “case del sonno” riservate a studenti meritevoli che vi erano gratuitamente ospitati.

Da modesto primo cittadino, il Nostro era diventato studente modello. Indossava il kilt, suonava il bagpipe. Per la sua padronanza dello slang di Glasgow, e la familiarità con la musica, meritò l’investitura di deejay nelle serate disco dello studentato.

Le notti cittadine si animarono. Casse stereo furono collegate alle telecamere installate in città. I lampioni intelligenti emisero luce stroboscopica. Le fioriere furono prese di mira dai più esibizionisti che le usarono a mo’ di palco. Per ordinanza comunale i fontanelli furono rigenerati: ne uscì birra, bionda o rossa. Lo sballo dilagò.

Il clima euforico contagiò anche Mr Blacksmith, il brusco mega-direttore dei musei della città di Fioriera (ubiquo e potentissimo, per le sue scoppiettanti uscite mediatiche era soprannominato Smith&Wesson; ma nessuno osò mai riferirglielo).

Pure stavolta ne sparò una buona. Durante una serata di “Musei da bere”, inaugurò una nuova linea di superalcolici: il Museum Scotch Whisky, autoprodotto per mezzo di alambicchi su rotelle che si spostavano tra le opere d’arte, a seconda dell’estro del sommelier di turno. La degustazione avveniva nelle sale, arredate in sobrio stile lounge.

Fu un successo memorabile. Ne trattarono a lungo i manuali di storia dell’arte.

*Atena Poliade

 

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