I lavoratori GKN guardano alla mobilità sostenibile

Lotta per il posto di lavoro e pianificazione economica collettiva

Stiamo vivendo un periodo piuttosto gramo da un punto di vista sociale ed ambientale, ma dobbiamo riconoscere che ci sono sintomi di qualcosa di nuovo nell’aria, qualcosa totalmente alieno al “totalitarismo del profitto” e all’impero della finanza. Uno di questi sintomi positivi è senz’altro l’impegno che i lavoratori della GKN stanno profondendo nella difesa del loro posto di lavoro e dello stabilimento che la finanziaria inglese che lo ha acquistato vorrebbe chiudere per puri scopi speculativi.

Sono ormai decenni che vediamo storie di delocalizzazioni, chiusure, fallimenti, ma spesso le lotte ingaggiate dai lavoratori sull’orlo della perdita del posto di lavoro erano sulla pura difensiva, disperate; spesso lotte e comportamenti coraggiosi e generosi, ma lotte di singole realtà contro un sistema inafferrabile, potente e sfuggente.

Le azioni degli operai della GKN hanno invece scelto fin da subito di evidenziare il conflitto e di difendere il lavoro contrattaccando, chiamando il mondo della politica e sindacale alle proprie responsabilità e a rispondere alle loro proposte molto concrete. Forse la più incisiva è stata la proposta di legge, elaborata con giuristi solidali, per impedire la delocalizzazione delle imprese per puri interessi economici della proprietà; un argomento su cui i partiti presenti in Parlamento tacciono, coprendosi dietro un europeismo falso e attento solo agli interessi finanziari delle grandi imprese transnazionali.

Al contrario la proposta nata nello stabilimento di Campi Bisenzio ha ricordato come il sistema produttivo, anche industriale, sia legato al territorio e debba rispondere anche alle necessità di chi lo abita.

In questa visione ampia del loro lavoro, dei diritti dei lavoratori e di quelli di chi vive attorno, è arrivata una nuova proposta molto interessante: quella di un percorso in cui elaborare un progetto industriale di riconversione dello stabilimento verso una mobilità sostenibile: assieme agli operai, economisti, ingegneri, informatici, sociologi di vari atenei toscani hanno illustrato come sarebbe possibile una proficua modifica del prodotto finale che risponda alle richieste emergenti di una decarbonizzazione di produzione e mobilità. Presente la coscienza che il mondo dell’automotive era in contrazione già prima della crisi scatenata dalla pandemia e la tendenza aumenterà, di come il passaggio progressivo a mezzi elettrici ridurrà la necessità di mano d’opera per la maggior semplicità di questi mezzi. Di questi problemi si è discusso e si sono prospettate risposte, nelle chiacchiere che vengono dal Parlamento non c’è traccia di questi fondamentali argomenti.

Si è prospettato anche un piano finanziario della soluzione della crisi proponendo il coinvolgimento di centri studi, università, ma soprattutto si è ricordato che è necessario il coinvolgimento delle istituzioni per permettere finanziamenti adeguati; a questa prospettiva ha già risposto il Presidente della Regione, Eugenio Giani, esprimendo una prudenza che sa quasi di diniego; d’altronde finora si è fatta solo retorica.

Al di là delle concrete proposte in discussione ci pare molto importante il percorso che viene indicato con la collaborazione proficua di lavoratori, mondo accademico e territorio con i suoi abitanti; non può mancare il confronto di come invece si è tentato di gestire i fondi del PNRR in Toscana dove si sono succeduti intensissimi incontri tra la Regione, Confindustria e fondazioni bancarie senza alcun ascolto delle proposte della società civile. La grande novità che esce dalla lotta di questi lavoratori è la proposta politica di concreta democrazia che coinvolga tutti i settori sociali uscendo dal sistema sostanzialmente oligarchico esistente; durante il dibattito si sono sentite proposte definite di “progettualità condivisa”, formula che fa eco a quella di “pianificazione collettiva” di Emiliano Brancaccio e che ci pare faccia un passo ulteriore rispetto al “controllo operaio” o al “controllo popolare”. Questa novità si è concretizzata fin dall’inizio dell’assemblea nella frase “possiamo essere classe dirigente”, segno di una coscienza risorgente dopo 40 anni di martellamento mediatico degli pseudo-valori liberisti.

Indipendentemente da come andrà la vertenza questa esperienza è la dimostrazione che un altro modo di fare politica economica è non solo possibile, ma necessario, un segno molto positivo che non dobbiamo dimenticare.

Nello stesso tempo è emersa, soprattutto dagli interventi dei lavoratori, la coscienza delle difficoltà esistenti: il futuro dello stabilimento e delle politiche future dipende molto dai rapporti di forza esistenti e questi, al momento, pendono a favore dell’oligarchia al potere; sono coscienti di essere sulla difensiva e la loro azione tiene intelligentemente conto di questa condizione.

Questa consapevolezza che la situazione della debolezza degli operai GKN è comune a tutto il mondo del lavoro ci dice anche come sia urgente che la coscienza delle classi subalterne riemerga, si purghi dai malefici effetti dei disvalori correnti e renda egemone la possibilità che tutti possono e devono essere classe dirigente.

Un grazie enorme lo dobbiamo dire a tutti questi lavoratori della GKN, sono un sintomo di resurrezione.

Tiziano Cardosi