PNRR a Firenze. #1 il Patto per il lavoro e per lo sviluppo

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Una ristrutturazione sistemica ci attende. A mezzo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza pioveranno su Firenze decine di milioni di euro. Intanto, presso la Città metropolitana è stato firmato un sedicente Patto per il lavoro e per lo sviluppo. Su questo, e su quello che ci attende, terremo alta l’attenzione registrando dove, come e quando i fondi atterreranno a Firenze, chi ne trarrà vantaggio, come saranno distribuiti i benefici.

Il momento storico attuale ci spinge ad interrogare il presente come uno stato di tensione, sempre in divenire, tra forze politiche in contrapposizione. Gli ingenti fondi in arrivo dall’Europa andranno ad inserirsi nei fragili equilibri del capitalismo neoliberista con il fine di stimolare, per mano pubblica, un nuovo ciclo di accumulazione che affronti le sfide poste dal presente. Due su tutte: ricerca e investimento sulle nuove frontiere dell’innovazione; e la questione ambientale. Dopo il passaggio epocale avvenuto nel corso degli anni ’80 e ‘90 da un sistema capitalistico di stampo keynesiano ad uno neoliberale, si annuncia oggi con questo intervento (e con il perdurare della pandemia) un cambio di paradigma che dobbiamo saper anticipare per risolvere l’attuale crisi in favore della nostre esigenze di classe, terreno anch’esso di non facile lettura. Data la complessità di questa operazione conviene partire a pensare e ad agire nella nostra città.

Nei giorni scorsi, un consorzio di forze che trovava riuniti Comune e Città metropolitana di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio, sindacati confederali, Fondazione CR Firenze, Università di Firenze, Destination Florence Convention & Visitors Bureau e associazioni di categoria (Confindustria, Confartigianato ecc.) ha firmato il Patto per il lavoro e per lo sviluppo. Il documento si propone – in maniera piuttosto vaga – di afferrare localmente, trattenere ed utilizzare la maggior quantità possibile dei fondi europei destinati all’Italia, e al contempo di fornire una risposta alla crisi scaturita dalla situazione pandemica.

Se la crisi ha aperto nell’esistente un ampio ventaglio di possibilità di cambiamento, il Patto si pone allora come precisa direzione politica. Si continua innanzitutto ad investire nel turismo, confermandolo in città (Polo della formazione, ampliamento dell’aeroporto, attrazione di grandi eventi ecc.) e tentando di espanderne il raggio d’azione al di fuori delle zone già sature come il centro storico (iniziative da definire, ma sulla scorta del portale Feel Florence); si investe nella formazione intesa ancora come merce, peraltro di lusso, e come futura forza lavoro qualificata da impiegare nel settore turistico (Polo della formazione); si rilancia infine una scarica di progetti, in gran parte inutili (almeno per la maggior parte degli abitanti) se non dannosi, nell’ambito delle infrastrutture (aeroporto, sottoattraversamento alta velocità, ponti, ma anche la riqualificazione del polo fieristico alla Fortezza ecc.). Si badi bene: non si pensa solo ai grandi capitalisti, ma anche ai piccoli imprenditori, salvo dimenticare nuovamente la stragrande maggioranza dei fiorentini. Ecco allora un percorso di valorizzazione (leggi: acquisto) di fondi commerciali e artigianali destinati a diventare eccellenza, oppure un marketplace, una piattaforma online dove sarà possibile “valorizzare prodotti di qualità con marchio toscano”. Fa infine male e tanta, tanta rabbia, constatare che le uniche misure rivolte teoricamente ai residenti del centro storico corrispondano ad «edicole o altre tipologie di negozi da utilizzare come portierati di prossimità» e a «finestre digitali per accedere ai servizi pubblici» (p. 20).

Questo in sintesi il contenuto delle ultime quattro pagine (le prime sedici sono vuote di sostanza): si tratta dello scheletro della declinazione fiorentina del PNRR. Verrebbe da chiedersi da che parte stanno i nostri amministratori, i “nostri” sindacati e le associazioni sopra elencate, se non fosse che la risposta la sappiamo già. Immaginare una lotta (di classe?), dal basso,una resistenza e una controffensiva uguale e contraria alla violenza del capitale, si rende oggi necessario per decidere che direzione prenderà da qui ai prossimi anni l’attuale situazione di crisi, tutt’altro che lineare, prevedibile e quindi decisa. Seguiranno per questo aggiornamenti.

Eugenio Conti

 
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Laureato in Antropologia culturale ed etnologia all’Università di Bologna, attualmente dottorando in Ingegneria dell'Architettura e dell'Urbanistica alla Sapienza Università di Roma.

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