Decentramento e partecipazione

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QuartieriGli strumenti di partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita pubblica, al di là delle scadenze elettorali, subiscono da molto tempo attacchi tesi ad annullarli. Si tratta di un processo avviato negli anni 80, quando cominciò a prevalere l’idea che nelle istituzioni occorresse dare più potere agli esecutivi, senza tanti “lacci e lacciuoli” (così infatti si cominciò a considerare i percorsi partecipativi e le stesse assemblee consiliari e parlamentari).

Attacchi del genere hanno coinciso, anzi sono stati un tutt’uno con l’affermarsi del mercato come regolatore unico dell’economia – e della riduzione della politica a sua “ancella” -, dell’impresa come punto di riferimento essenziale delle scelte politico/amministrative, delle privatizzazioni come toccasana nei confronti delle disfunzioni dei servizi pubblici.

I Consigli di Quartiere, nati in una fase in cui erano ancora presenti le spinte partecipative del 68, sono stati indubbiamente vittime di tale processo involutivo. A Firenze erano stati eletti, nel 1976, sull’onda di un ampio movimento di base, e sul finire degli anni 80 erano stati ridotti da 14 a 5, con un significativo ampliamento delle deleghe e della dotazione di personale e mezzi: si intendeva così avviare un percorso che avrebbe dovuto concludersi con la loro trasformazione in “municipalità” (altrettanti piccoli/medi comuni all’interno del grande “comune metropolitano”, comprendente, ovviamente, anche le realtà municipali intorno a Firenze).

Oggi viene costituita la città metropolitana, ma lo si fa meccanicamente, riciclando la provincia in città metropolitana (senza un dibattito allargato in grado di permettere la costruzione di un assetto locale diverso, più funzionale, ma comunque democratico e partecipato).

Il cammino dei Consigli di Quartiere verso la trasformazione in municipalità si è interrotto da tempo. Anzi, Renzi regnante, è stato intrapreso un cammino in direzione opposta, con la riduzione drastica di poteri, mezzi, personale, finanziamenti (e l’affermarsi del populismo dei 100 luoghi). Senza avere la meta delle municipalità di fronte, e mancando ormai della spinta propulsiva iniziale, i CdQ fiorentini stanno vivendo da tempo in una situazione di perdita di ruolo e di crisi permanente, dando argomenti a chi sostiene la necessità di toglierli di mezzo in nome dell’ “eliminazione delle spese superflue della politica”.

Per invertire la rotta occorre partire da una riflessione, preliminare, sulla necessità di rivitalizzare le istituzioni tramite strumenti di democrazia partecipativa che avviino il superamento dell’attuale fossato che divide le istituzioni dalla società, in particolare dalle sue componenti più vitali.

Si tratta di affermare con forza che: gli sprechi sono da individuare in altri capitoli della spesa pubblica (e non nei costi del decentramento e nel numero dei consiglieri comunali); nelle “città metropolitane” vanno costituite le “municipalità”; occorre comunque riqualificare gli organismi decentrati sul piano della gestione dei servizi presenti sul territorio, come luoghi in cui le istituzioni si raccordano – si incontrano, si confrontano – con la società civile attiva, come spazi di democrazia aperti alla partecipazione delle cittadine e dei cittadini, nonché a forme di autogestione e auto-organizzazione; proprio negli organismi decentrati si possono trovare dei punti di riferimento validi per sperimentare nuove possibilità di coinvolgimento della cittadinanza nel governo della cosa pubblica, quali: i “bilanci partecipativi”, la gestione sociale di alcuni servizi e strutture, il controllo degli utenti sulle modalità gestionali dei “beni comuni”, la progettazione partecipata di spazi pubblici; vanno valorizzati gli strumenti di partecipazione esistenti (vedi le Consulte – di cui il Comune di Firenze è assai dotato, ma che non hanno alcun collegamento con il dibattito in Consiglio comunale e con l’azione di governo della città -).

La ridefinizione della democrazia locale è una componente essenziale del processo di “rifondazione” della politica, oggi ridotta a pura gestione del potere, a scambi – spesso illegali – fra i “poteri forti”, a tutela di interessi personali (di gruppi, di corporazioni, di lobbies).

Su tutto questo è necessario oggi suscitare un dibattito che esca dalla ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Perché si tratta di questioni che riguardano molto da vicino la difesa della democrazia costituzionale nel nostro Paese, continuamente sotto attacco, sia nell’ottica di ritorni a centralismi autoritari che in quella di sviluppi diffusi, locali e nazionali, di populismi di varia natura. Con l’aggravante dell’allinearsi dei politici al governo (ed anche di gran parte di quelli all’opposizione – vedi l’osceno patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi -) ai diktat dell’Europa, ossia delle Banche Centrali, delle trojke, dei potentati finanziari internazionali.

Moreno Biagioni

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1 commento su “Decentramento e partecipazione”

  1. IL CONSIGLIO DI QUARTIERE 3 CHE FA ??? DI COSA SI OCCUPA???? Solo ad organizzare feste e festicciole varie per distrarre la gente dai bisogni quotidiani? O Cosa? Magari il Sig. Esposito neo eletto presidente del Q3 in sostituzione del Ceccherelli andato a far carriera per altri “lidi”, adesso è consigliere comunale (fortuna che tempo fa intervistato, dichiarò di volere andarsene in pensione), una risposta ai cittadini la dovrebbe dare.https://plus.google.com/101898153026644010441/posts/MQ6ZwZjA1Vy

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