ISDS: una minaccia per la democrazia – Stop TTIP #9

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Scopriamo attraverso la pubblicazione del saggio di John Hilary il lavorio segreto che chi governa l’Europa (e gli Stati Uniti) sta compiendo per la deregolamentazione di commercio e investimenti a vantaggio dei profitti delle grandi imprese transnazionali e a svantaggio della democrazia e dei nostri diritti, a partire da quelli occupazionali e ambientali, della sicurezza del cibo senza tralasciare la privatizzazione di sanità e istruzione.

Buona lettura e buona diffusione


IL PARTENARIATO TRANSATLANTICO PER IL COMMERCIO E GLI INVESTIMENTI: UNA CARTA PER LA DEREGOLAMENTAZIONE, UN ATTACCO AI POSTI DI LAVORO, LA FINE DELLA DEMOCRAZIA

di John Hilary*

Tutti gli articoliIntroduzione | Che cosa è il TTIP | Non trasparente e antidemocratico | La minaccia ai posti di lavoro | La deregolamentazione della sicurezza alimentare | La deregolamentazione ambientale | L’attacco ai servizi pubblici | La sfera privata a rischioUna crescente resistenza


La ISDS: una minaccia per la democrazia

La più grande minaccia costituita dal TTIP sta probabilmente nel fatto che esso cerchi di garantire alle società transnazionali il potere di citare in giudizio direttamente i singoli paesi per perdite subite nelle loro giurisdizioni, in conseguenza a decisioni di politica pubblica. Questa disposizione per la “risoluzione delle controversie tra stato e investitori” (ISDS, Investor-State Dispute Settlement) non ha equivalenti se si considerano le implicazioni che essa comporta. La risoluzione, infatti, eleva il capitale transnazionale ad uno stato giuridico equivalente a quello di uno stato-nazione. Con il TTIP, quindi, verrebbe concesso alle imprese americane ed europee il potere di impugnare le decisioni democratiche prese da governi sovrani, e di chiedere risarcimenti nei casi in cui quelle decisioni abbiano effetti negativi sui propri profitti.

Gli Stati Uniti hanno insistito nel voler includere la ISDS in quasi tutti i trattati bilaterali di investimento stipulati fino ad oggi, e solo l’Australia sta riuscendo a mantenere una posizione di eccezione alla regola. Con la ISDS le compagnie sono in grado di fare richieste di risarcimento danni contro il paese ospitante anche se non hanno stipulato alcun contratto con il governo. Inoltre, agli investitori è consentito scavalcare i tribunali nazionali e presentare le loro istanze direttamente a tribunali arbitrali internazionali, violando l’obbligo tradizionale di esaurire tutte le soluzioni giudiziarie locali prima di ricorrere alle corti internazionali. In alcuni casi le compagnie nazionali si sono reinventate come investitori “esteri” soltanto per potersi avvalere dei privilegi della ISDS e citare in giudizio il loro stesso governo. (59)

I tribunali arbitrali dal canto loro sono poco più che tribunali canguro. Gli arbitri non sono giudici di ruolo con pubblica autorità, come quelli dei sistemi giudiziari nazionali. Essi costituiscono piuttosto una cricca ristretta di avvocati aziendali incaricati per l’occasione, con un interesse personale a deliberare in favore delle società. (60) I tribunali si riuniscono in segreto e gli arbitri sono stati accusati di così tante irregolarità nell’applicazione della legge, che anche i sostenitori dell’idea dell’arbitrato internazionale ammettono un notevole calo di credibilità verso queste strutture. Una dichiarazione pubblica firmata da oltre 50 professori di diritto e altri accademici ha lanciato un appello per abolire questo sistema e restituire ai tribunali nazionali il diritto di decidere. (61) Nei paesi in cui la ISDS è già stata inclusa in trattati d’investimento bilaterali o altri accordi di libero scambio, essa ha già causato notevoli danni alla politica pubblica e alla democrazia. (62) Tra gli esempi più rilevanti citiamo:

La società energetica svedese Vattenfall sta facendo causa al governo tedesco per 3.700 milioni di Euro per via della decisione presa dal Paese di eliminare gradualmente l’energia nucleare a seguito del disastro nucleare di Fukushima. Vattenfall aveva già vinto un ricorso precedente contro le normative ambientali della città di Amburgo: queste furono rese meno restrittive a seguito degli attacchi della compagnia.
Nel primo dei numerosi casi ISDS sollevati contro il Canada in virtù del regolamento NAFTA, il Paese è stato costretto a revocare il divieto sull’additivo per carburanti MMT a seguito di un ricorso presentato dalla compagnia statunitense Ethyl. In un secondo caso, relativo ai diritti sull’acqua e il legname, il Canada ha dovuto pagare 122 milioni di dollari alla società cartiera canadese AbitibiBowater che si è servita del regolamento NAFTA per citare in giudizio il suo stesso governo, tirando però le fila dal suo ufficio negli Stati Uniti.
Il gigante americano del tabacco Philip Morris sta facendo causa per migliaia di miliardi di dollari al governo australiano per via della sua politica di sanità pubblica che impone la vendita di sigarette solo in pacchetti senza scritte. La Philip Morris ha citato in giudizio anche l’Uruguay a causa delle misure da questo adottate nella lotta contro il fumo. Queste impongono che le avvertenze per la salute coprano l’80% di tutti gli imballaggi per sigarette.
Nessun paese è stato maggiormente colpito dell’Argentina dai casi ISDS, molti dei quali legati alla decisione del governo di sganciare nel 2002 la moneta nazionale dal dollaro americano. Dopo tanti anni di battaglie legali il governo argentino è stato costretto a pagare nell’ottobre 2013 oltre 500 milioni di dollari per liquidare i risarcimenti chiesti da cinque compagnie.
Nel più grande risarcimento avutosi finora, l’Ecuador è stato costretto a rimborsare all’Occidental Petroleum 1.77 miliardi di dollari per aver revocato il contratto con il gigante petrolifero. La revoca era giunta a seguito delle trasgressioni della legge ecuadoriana da parte della compagnia. Per contro, un tribunale indipendente ha rifiutato la richiesta di risarcimento danni per 19 miliardi di dollari, presentata dall’Ecuador contro la Chevron per aver contaminato la foresta vergine amazzonica per ben vent’anni.
L’uso della ISDS da parte delle società transnazionali sta raggiungendo proporzioni epidemiche. Oltre 500 casi noti sono stati registrati contro almeno 95 paesi, di cui oltre 400 solo negli ultimi dieci anni. (63) Ma, a causa della segretezza in cui sono avvolti i procedimenti, è probabile che ne siano stati avviati molti di più senza che il pubblico ne venisse a conoscenza.

I rappresentanti dei governi di tutta Europa si stanno domandando se sia opportuno includere l’ISDS nel TTIP. La London School of Economics è stata incaricata dal governo britannico di effettuare una valutazione d’impatto sui costi e i benefici che deriverebbero dall’inclusione della protezione degli investimenti in un accordo UE-USA. La valutazione è giunta alla conclusione che una simile decisione esporrebbe il Regno Unito ad un numero anche più alto di controversie e a danni maggiori rispetto a quelli subiti dal Canada con il NAFTA. Allo stesso modo è piuttosto improbabile che l’inclusione dell’ISDS nel TTIP determini un aumento degli investimenti (nessun accordo bilaterale con qualsiasi paese industrializzato ha mai generato un aumento degli investimenti americani).

Gli autori dello studio valutativo consigliano al governo di riflettere se abbia veramente senso includere la tutela degli investitori nel TTIP. (64) La Commissione europea ha già identificato il tipo di sistema ISDS che vorrebbe includere nel TTIP. (65) La sua posizione, tuttavia, è stata sottoposta a crescenti critiche da parte di gruppi della società civile – si veda la lettera congiunta presentata nel dicembre 2013 da 200 organizzazioni europee, americane e internazionali – e degli stessi governi di diversi Stati membri dell’UE. (66) In risposta a queste critiche la Commissione europea ha annunciato nel gennaio 2014 che sospenderà i negoziati ISDS nell’ambito del TTIP per un periodo di tre mesi, al fine di avviare “consultazioni” con i cittadini europei. (67) Commenti successivi rilasciati dal Commissario UE al commercio Karel De Gucht hanno rivelato che questa pratica è stata escogitata per convincere il pubblico scettico dei meriti dell’ISDS, piuttosto che per avviare una revisione degli intenti della Commissione. (68)

59. Gus Van Harten, Investment Treaty Arbitration and Public Law, Oxford: Oxford University Press, 2007.
60. Pia Eberhardt e Cecilia Olivet, Profiting from Injustice: How Law Firms, Arbitrators and Financiers are Fuelling an Investment Arbitration Boom, Amsterdam: Corporate Europe Observatory and Transnational Institute, 2012.
61. “Public Statement on the Investment Regime”, 31 agosto 2010, disponibile in varie lingue in www.osgoode.yorku.ca/public_statement.
62. Per ulteriori esempi vedi John Hilary, The Poverty of Capitalism: Economic Meltdown and the Struggle for What Comes Next, Londra: Pluto Press, 2013, cap. 3.
63. “Recent Developments in Investor-State Dispute Settlement (ISDS)”, Ginevra: Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, maggio 2013.
64. Lauge N. Skovgaard Poulsen, Jonathan Bonnitcha e Jason Webb Yackee, “Costs and Benefits of an EU-USA Investment Protection Treaty”, Londra: London School of Economics, aprile 2013.
65. “TTIP negotiations: Modified EU draft proposals on trade in services, investment and electronic commerce”, Bruxelles: Commissione europea, 2 luglio 2013.
66. Lettera della società civile sul TTIP al Rappresentante per il commercio US Michael Froman e al Commissario al commercio EU Karel De Gucht, 16 dicembre 2013.
67. “Commission to consult European public on provisions in EU-US trade deal on investment and investor-state dispute settlement”, Bruxelles: Commissione europea, 21 gennaio 2014.
68. “The Transatlantic Trade and Investment Partnership: Where do we stand on the hottest topics in the current debate?”, discorso del Commissario al commercio UE Karel De Gucht all’Atlantikbrücke, Düsseldorf, 22 gennaio 2014.

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