Rompiamo il silenzio. Fermiamo il massacro del Kurdistan

Il 15 febbraio del 1999 un complotto internazionale consegnava il leader del Pkk Abdullah Ocalan alla Turchia. Da allora è in isolamento in un carcere di massima sicurezza, ma la questione kurda è tutt’altro che risolta.

Oggi, a distanza di 17 anni, il movimento kurdo che si riconosce nel Pkk continua a portare avanti il suo progetto di liberazione, estendendosi nel Rojava in territorio siriano, dove la resistenza dei kurdi all’IS ha suscitato attenzione e solidarietà a livello internazionale.

12669601_1097295070294723_4320367102454046744_nDa oltre 6 mesi nel Kurdistan del nord, in territorio turco, è in corso una vera e propria guerra nei confronti delle città a maggioranza kurda, con 10.000 uomini del secondo esercito della Nato che assediano letteralmente i principali centri della resistenza che stanno sperimentando forme di autogoverno e autodifesa.

17 distretti nelle 4 principali provincie kurde sono sottoposti a coprifuoco totale (24 ore). Le città di Amed e Cizre, con una popolazione di oltre 2 milioni di abitanti, sono assediate da più di 2 mesi, sottoposte ad una vera e propria legge marziale, con i militari che prendono di mira chiunque osi uscire di casa, sia pure per cercare un po’ di cibo e acqua, o per portare in ospedale i feriti. Nemmeno alle ambulanze è permesso circolare, non è consentito ai familiari recuperare i corpi dalle strade, mentre quelli che muoiono in casa vengono tenuti per giorni nei frigoriferi domestici.

Negli ultimi mesi i morti fra i civili sono stati centinaia, fra cui molti bambini. Si muore ogni giorno non solo a causa delle pallottole turche, ma anche di sete, di fame, reclusi negli scantinati di edifici crivellati da colpi di mortaio. Si muore bruciati vivi, come accaduto nelle ultime 2 settimane a ben 82 persone. 300.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie case, mentre l’economia del sudest è messa in ginocchio nel tentativo di fare terra bruciata, spezzare la resistenza e realizzare il pogetto totalitario e fascista di Erdogan: un partito, un leader, una bandiera, una religione, un’etnia.

Siamo qui oggi perché tutto questo avviene nel silenzio quasi totale della stampa internazionale, compresa quella italiana.

In Turchia le libertà di stampa e di espressione, sia politica che culturale, sono di fatto inesistenti, e non solo per i kurdi. La repressione del dissenso nei confronti del “sultano” Erdogan permea ormai ogni aspetto della vita pubblica e privata.

Giornali, TV, social media di opposizione vengono continuamente chiusi o sottoposti a censura, oltre 70 giornalisti sono sotto processo ed alcuni rischiano l’ergastolo per aver svolto il proprio lavoro.

Centinaia di sindaci, parlamentari, membri del partito filo-kurdo HDP e dei partiti della sinistra turca sono oggi detenuti nelle carceri turche. Migliaia di accademici, registi, scrittori, sindacalisti, attivisti dei diritti umani, chiunque alzi la voce contro le politiche genocide e liberticide dell’AKP, subisce la stessa inesorabile sorte. Nemmeno lo sport si salva, con la squadra di calcio kurda Amedspor sottoposta a perquisizioni, multe e squalifiche per essersi data un nome kurdo e perché la sua tifoseria intona cori che chiedono la fine delle operazioni militari in Kurdistan.

Noi non possiamo restare in silenzio. La Turchia è considerata dall’Italia, l’UE e da gran parte della comunità internazionale un partner affidabile con cui intrattenere relazioni politiche, proficui rapporti economici e una crescente collaborazione in campo militare. Tutto questo è reso possibile dal sostegno delle varie organizzazioni internazionali, UE e NATO in testa, e dalla corresponsabilità di tutti i governi delle cosiddette democrazie occidentali.

Per questo siamo qui oggi, per denunciare questo silenzio che equivale a complicità.

Perché venga dato spazio, voce e solidarietà a coloro che ogni giorno si difendono da simili attacchi.

Per chiedere con forza la liberazione di Ocalan e la rimozione del PKK dalle liste antiterrorismo.

Coordinamento Toscano per il Kurdistan – CTK Comunità kurda

(comunicato stampa del 13 febbraio 2016 in occasione della conferenza stampa davanti alla Rai di Firenze)