Montepulciano. Il turismo che consuma il territorio

Pubblichiamo la relazione introduttiva all’incontro “Consumo di luogo”, sugli effetti delle politiche neoliberiste e della monocoltura del turismo su territori, città d’arte e sulla società locale; sull’urgenza di prendersi cura di siti complessi e fragili come le città italiane e i loro paesaggi; sul ruolo delle resistenze “dal basso” e quello della politica. Saranno presenti gli attivisti del Gruppo Urbanistica perUnaltracittà. 

L’incontro, promosso dal Comitato Il Bersaglio, si tiene sabato 20 gennaio 2018, alle ore 17,30 presso il Caffè Poliziano, via di Voltaia nel Corso, a Montepulciano. Qui la locandina con il programma


Sarebbe sbagliato, a Montepulciano, avere una visione totalmente negativa del turismo. Negli anni Ottanta, il turismo ha infatti rappresentato un contrasto allo spopolamento delle campagne. La legge quadro sull’agriturismo ha fatto rivivere le belle case di campagna evitando, in tal modo, che andassero perdute; e in questi ultimi anni, il turismo e il suo indotto (ristoranti, bar, negozi ecc.) è stato forse il fattore principale per la nascita piccole imprese agricole, anche femminili, che puntano sulla qualità dei prodotti a km0.

Non siamo mai stati – finora – sfacciatamente famosi come Venezia o Roma o Firenze. Chi veniva a soggiornare dalle nostre parti, non veniva qui per caso; fino a poco tempo fa c’era un turismo colto, magari non ricco, ma certo, consapevole e cosciente.

Anche l’economia del vino è legata al turismo, ma qui, come a Montalcino, sono stati i viticoltori a dettare le regole: dagli anni Trenta, hanno puntato sulla tipicità e sulla qualità, hanno avuto il coraggio di creare dei confini, delle limitazioni, per la produzione di vino.

Con tali scelte, per niente scontate, hanno creato un’economia importante e solida e hanno “salvato” il territorio: i capannoni industriali dismessi, i condomini quadrati, gli scheletri di cemento, iniziano dove finiscono le vigne. I viticoltori hanno saputo tener testa agli speculatori, i terreni agricoli qui da noi, fortunatamente, hanno avuto sempre più valore di quelli edificabili. E c’è ancora, nonostante tutto, una biodiversità nell’agricoltura.

Ma è in questi ultimi anni che il turismo è diventato di massa, il vero centro economico. Tutto gira intorno al turismo: si fa promozione continua, si punta ai numeri da record, si fa tutto per il turista.

E ci siamo trovati di fronte alla novità delle nuove infrastrutture urbane che, a detta degli esperti, andrebbero incontro alla domanda turistica.

Ma qual è la domanda turistica per la nostra zona? Se si guarda la promozione, si vedono le foto del paesaggio “incontaminato”, dei borghi medioevali, dei cipressi, delle vigne, di una vita diversa da quella della città, più calma, più lenta. Poi, nella realtà, questi borghi, questi cipressi, si vogliono distruggere, per costruire infrastrutture urbane: super market, parcheggi multipiano, villette a schiera. Cemento & acciaio.

Da una parte, ci si vanta di quanto sia bello il nostro paesaggio; e dall’altra, lo si vuole distruggere in maniera sistematica, ma senza una logica, se non quella del mero profitto di qualcuno a scapito di tutta la collettività. E anche il turismo ne esce compromesso.

Ed è un peccato! Perché qui la qualità della vita è alta.

È un peccato che si persegua con entusiasmo questo modello economico, quest’ onda. Che si rincorrano questi milioni di numeri, giri di denaro (sempre più effimero). Che i progetti per questo territorio siano orientati ad appiattire e a omologare. Anziché a far rivivere questi centri storici, che via via si sono svuotati.

Si sono svuotati perché i servizi sono stati trasferiti altrove, lasciando spazio per nuove residenze che hanno bisogno di restauri, e che altrimenti rischiano di andare in rovina. Una politica, riflessiva, cosciente, illuminata, può farli ritornare a vivere, con un tessuto sociale rinnovato e con un’economia stratificata e variegata.

I giovani oggi se ne vanno via. Abbiamo ottime scuole che, in questo momento, spingono i ragazzi diplomati ad andare via. Dopo il diploma, non hanno infatti nessun motivo di restare: legati al turismo, esistono solo “lavoretti” mal pagati e mal tutelati.

Speriamo che esperienze come questa di questo pomeriggio, possano aiutare a riallacciare dei rapporti sani, a creare delle reti territoriali, intellettuali e umane, che siano costruttive.

Speriamo che ci sia ancora spazio per il futuro.

*Comitato il Bersaglio