Pessima stampa & pessima politica, il caso della Scuola Marconi di Firenze

Secondo un articolo de La Nazione pubblicato il 13 novembre, nella scuola elementare Marconi di Firenze ci sarebbe stata una rivolta di genitori; il titolo dell’articolo è già di per sé esemplificativo: “Ai maschi ruoli femminili: bufera a scuola”. Questa rivolta sarebbe stata scatenata dall’adesione da parte di una classe ad un progetto de Le chiavi della città, promosso dall’Ireos Onlus, che ha come obiettivo quello di ‘contrastare la formazione di stereotipi di genere, prevenendo la discriminazione di chi non si conforma ad essi, favorendo un’educazione alle differenze’.

Contattata telefonicamente l’Associazione, la Responsabile dei progetti educativi di Ireos, Roberta Cuppone, psicologa e psicoterapeuta, spiega che il progetto incriminato è dentro le Chiavi della città da oltre dieci anni e che l’associazione, quando è uscito l’articolo, non era ancora neanche a conoscenza delle scuole che avrebbero aderito al progetto.

“Il messaggio che vogliamo portare nelle scuole è che non ci sono dei modi giusti o sbagliati di essere maschi e femmine e che possiamo immaginare possibilità più ampie di essere uomini e donne, presupposto per costruire la libertà personale ed il rispetto per l’altro da sé. Si forniscono degli strumenti per potersi immaginare liberi da modelli sociali stereotipici, di sottoporli a critica, e di metterli in dialogo con i propri desideri”.

L’articolo della Nazione ha molto giocato sul termine queer, e su questo ci dice Cuppone: “Alcune frange giocano sui termini inglesi come gender e queer, come se nascondessero un significato oscuro. Ci tengo a specificare che la teoria gender o ideologia gender è qualcosa che non esiste, esistono gli studi di genere ma parliamo di altro. Il termine queer sta a significare semplicemente un approccio aperto rispetto a tutti i generi ed orientamenti sessuali. Con questo termine si indica una concettualizzazione dell’identità sessuale non come una realtà oggettiva, ferma e data una volta per tutte, piuttosto un processo che si costruisce nell’esperienza di tutti i giorni”.

E’ del 16 novembre il comunicato di Ireos che nel dare il proprio punto di vista sull’accaduto si domanda come mai l’associazione non sia stata contattata dal giornalista che ha scritto l’articolo.

La realtà è che non c’era nessuna bufera alla scuola Marconi fino alla pubblicazione dell’articolo in questione ed il polverone è stato causato dalle notizie sommarie e generiche riportate sia sulla natura del progetto sia sull’effettivo numero di mamme e genitori in rivolta. L’articolo lascia ampio spazio a Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, che coglie l’occasione per accusare la sinistra di favorire la diffusione nelle scuole della cosiddetta ‘teoria gender’ e per attaccare il decreto Zan, in questi giorni in discussione tra Camera e Senato.

Insomma, la protesta di una sola famiglia vicina a Fratelli d’Italia è diventata strumentalmente la protesta di un’intera scuola e un progetto presente nelle scuole fiorentine da oltre dieci anni e che insegna a bambine e bambini ad andare oltre gli stereotipi di genere, diventa all’improvviso la minaccia gender-queer che costringerà i bambini a rinunciare al proprio genere naturale. Se detta così fa quasi ridere, molto grave e serio è invece l’attacco che ha dovuto subire la maestra che ha aderito al progetto, rintracciata dagli hater sui social e colpita da minacce. ‘Ci teniamo ad esprimere la nostra solidarietà alla maestra colpita da attacchi sui social e a farle sapere che non è sola’, continua la Responsabile dei progetti educativi dell’Ireos.

A fianco della maestra e del progetto si sono schierati i genitori della classe finita nell’occhio del ciclone, che hanno scritto una lettera al giornale su cui era stato pubblicato l’articolo, per sostenere la docente e il suo progetto educativo e per “dimostrare alle insegnanti della nostra classe tutta la nostra stima, rispetto e fiducia nonché il massimo appoggio verso la loro professionalità, disponibilità e profuso impegno dimostrati continuamente durante tutto il percorso scolastico”.

È chiaro che l’attacco ad un progetto come quello attuato nella scuola Marconi sia stato strumentale per attaccare la legge Zan: ’Non può essere considerata una libertà di pensiero non rispettare i diritti di altre persone. Bisogna accettare di dare il giusto nome alle cose: l’omofobia, la transfobia, la bifobia esistono e dunque devono esistere anche conseguenze per chi le pratica” continua la responsabile dell’Ireos.
‘L’articolo è superficiale e strumentale: non entra nel merito del progetto e modifica la realtà dei fatti” sottolinea Barbara Caponi, la Presidente di Ireos ‘Del resto ne è prova il fatto che chi ha scritto l’articolo non abbia avuto nessun interesse a sentire il punto di vista di chi questo progetto lo ha scritto e lo propone da anni alle scuole. Un fatto come questo dimostra quale sia il grado di aggressività che viene fuori ogni qualvolta viene messo in discussione un equilibrio di poteri. Ed è la dimostrazione di quanto questi progetti servano e di quanto serva, oltre all’educazione e alla formazione strutturata su questi argomenti, anche la mediazione da parte delle amministrazioni, che tranquillizzino e diano risposte di fronte alle perplessità. Del resto, queste persone che attaccano il nostro lavoro e si dicono difensori delle bambine e dei bambini, se parlassero con loro che questi progetti li fanno, si renderebbero conto che non sono per niente turbate e turbati’ .

La stessa legge Zan, il vero obiettivo di tutto questo clamore, è in realtà abbastanza moderata sulla libertà di espressione, per cui dalla perseguibilità resta esclusa ‘la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti’ (art. 4), cosa che renderà molto difficile determinare cosa sia effettivamente pericoloso, discriminatorio e violento e dunque perseguibile.

Spesso politici come Donzelli e Pillon e associazioni Pro Life puntano il dito contro la strumentalizzazione di bambine e bambini, accusando le fantomatiche ‘teorie gender’ di deviare le giovani menti ancora in erba. Episodi come questo, invece, dimostrano come la strumentalizzazione passi molto più spesso da un articolo di giornale compiacente che racconta fatti parziali senza nessun approfondimento, dando ampio spazio ad una sola parte e facendo finire nel tritacarne dello scoop inesistente bambine e bambini, genitori, maestre e associazioni.

*Erica Massa