Lo scudo verde per Firenze

Ancora una volta l’Amministrazione Comunale fiorentina lancia un progetto importante, come lo Scudo Verde, affrontando il problema in modo locale, rifiutando una visione sistemica e completa del problema che intende risolvere: il traffico cittadino col suo carico di inquinamento atmosferico e acustico.

Anche questa volta la soluzione si basa sul concetto medievale dell’innalzamento delle mura a difesa dello spazio cittadino e fuori, quando le porte sono chiuse, può rimanere “buio e stridor di denti”.

Peccato che il concetto di spazio vitale chiuso è ormai superato e illusorio.

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Oggi non possiamo più considerare i problemi con una visione territoriale e temporale limitata, perché le dinamiche sociali ed economiche legano strettamente e funzionalmente i territori fra loro in modo indissolubile e non è possibile escludere le influenze reciproche.

 

Da tempo ormai Firenze, come tutte le città, è anche l’ampio territorio che la circonda per molti chilometri. Firenze è una Città Metropolitana e i suoi cittadini risiedono nei comuni limitrofi (Scandicci, Sesto, Bagno a Ripoli, Signa,…) e anche in quelli più distanti (val d’Arno superiore e inferiore, Mugello, val di Sieve, Chianti,…)

Firenze è ormai un sistema complesso umano e territoriale che sui grandi progetti non può essere gestito in modo puntuale, ma appunto sistemico. La responsabilità delle amministrazioni non può più limitarsi alla gestione del proprio territorio, ma deve guardare a tutto il complesso “metropolitano”, per questo non basta che esista formalmente un consiglio di città metropolitana, bisogna che questo operi e ragioni in modo allargato e non “cittadino”. Deve considerare le ricadute che le scelte operate hanno su tutto il territorio amministrato.

Tutte le operazioni fatte sulla mobilità fiorentina sono invece figlie di una visione locale che riguardano solo il capoluogo. La mobilità su ferro (tramvia) che dovrebbe sostituire quella su gomma è progettata per relegare e attrarre il traffico veicolare ai confini della città. E’ completamente disconnessa dalla rete ferroviaria e anzi in vari punti ne è concorrente, perché corre ad essa parallela, anziché formare maglie funzionali a completarne la penetrazione.

Provate ad immaginare città come Londra, Parigi o Berlino con una rete metropolitana che termina in prossimità dei limiti cittadini senza andare oltre o connettersi e sfruttare le reti ferroviarie. In questo modo, anziché distribuire nell’ampio territorio metropolitano i punti di arrivo del traffico automobilistico nelle varie stazioni ferroviarie, si decide di concentrarli ai capolinea delle tramvie creando grossi “hub” destinati a stravolgere, con grandi parcheggi e traffico concentrato, territori rimasti finora verdi e salubri.

Particolarmente significativo è quello previsto a Bagno a Ripoli; certamente i movimenti da zone come il Chianti non hanno strutture ferroviarie da utilizzare e si dovranno trovare modalità di interscambio, ma nel progetto di tranvia 3.2 si dice chiaramente di voler intercettare i flussi dal Valdarno e dalla Val di Sieve! Un’ampia zona attorno al capolinea della costruenda tramvia, complice l’amministrazione comunale, è in via di trasformazione da periferia rurale a quartiere cittadino dove vengono allocati i servizi che non trovano posto in città, ma che sono ad essa funzionali (deposito dei tram, capolinea degli autobus extraurbani, impianti sportivi, parcheggi scambiatori, abitazioni private, strutture turistiche).

Certamente si devono trovare sistemi per alleggerire il traffico e l’inquinamento nel capoluogo, ma lo “scudo verde” nasce con una perversa logica: scaricare la città gravando sui comuni limitrofi senza considerare i problemi che vengono ivi creati.

A parte il fatto che si pensa di bloccare il traffico “alle porte” prima ancora di creare le strutture per una mobilità alternativa possibile ed efficace, è completamente ignorata la possibilità di evitare la congestione al di fuori delle “mura”.

Se la Città Metropolitana ragionasse e operasse come tale, avrebbe innanzi tutto affrontato e risolto il nodo dell’uso metropolitano delle ferrovie esistenti e il loro potenziamento. Questo perché circa il 40% del traffico è dovuto al pendolarismo fra città e territori circostanti e non può essere razionalizzato senza operare su tutto il territorio e non solo localmente.

Perché non viene fatto? A nostro parere i motivi sono vari, oltre alla visione localistica:
• Ferrovie dello Stato Italiane non ha interesse a potenziare il trasporto locale, perché il suo “core business” è l’alta velocità.
• L’amministrazione cittadina è ormai indissolubilmente legata al progetto tramvie che è stato concepito dall’appaltante non solo indipendente, ma addirittura in modo concorrente con la rete ferroviaria esistente.
• Le lobby delle costruzioni che condizionano fortemente la politica delle amministrazioni locali e periferiche, hanno individuato nei sistemi tramviari gli strumenti di valorizzazione edilizia delle zone interessate. Per citare una frase raccolta in una riunione di addetti ai lavori: “finalmente con l’arrivo della tramvia potremo attuare nel Sud-Est di Firenze lo sviluppo che è avvenuto nel Nord-Ovest!”,

Si può notare che in queste motivazioni non c’è traccia di attenzione ai problemi ambientali, alla soluzione dei problemi dei pendolari, alla soluzione del problema della mobilità intesa come insieme complesso di traffico privato, dei mezzi pubblici e dell’interazione fra loro.

Se lo Scudo Verde verrà attuato con questa logica servirà (forse) a preservare la città da inquinamento e rumore, ma, ben lungi dall’eliminarlo, lo concentrerà nelle periferie. Il nome “Scudo” è di per sé ben indicativo di questo fine.

*Umberto Alberti