Il terzo Inconscio di Bifo: un estratto

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Pubblichiamo qui con il gentile permesso della casa editrice “nottetempo” un brano di Franco Berardi dal suo ultimo libro. Sul sito della casa editrice potrete trovare l’indice e la prefazione. Si tratta del libro che, insieme con E: La congiunzione edito invece da Not-NERO sono tra i testi concettualmente più ricchi dell’autore.

* Nota della redazione: facciamo presente che la frase: “una protesi mutagena”, riferita al vaccino,  che  compare proprio tra le prime righe del testo non è appropriata e non è  scientificamente fondata. Vedi qui. Per l’economia del discorso di Franco Berardi la cosa è comunque insignificante.

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Nulla l’Alzheimer di dio

Vax Wars

Quando il virus si diffuse sul pianeta lo percepimmo come un comune nemico, una minaccia invisibile comune, e per un breve momento ci sentimmo affratellati.

Eravamo uniti nella lotta contro la natura, che stava tentando di sterminarci. La storia umana si fonda sulla lotta contro la natura: da questa lotta sono nate la tecnologia, la medicina e la civiltà sociale. Poi la natura ha iniziato il suo contrattacco, non per odio contro di noi, ma per cieca necessità. Onde oceaniche anomale, foreste in fiamme, ghiacciai alla deriva, e alla fine il virus.

Quando sentimmo il nostro corpo minacciato ci venne in soccorso la tecnologia, e produsse l’algoritmo chimico del vaccino, una protesi mutagena* inserita nel sistema immunitario.

Entrando nella seconda fase dell’era virale, però, il sentimento prevalente cambiò. Non più uniti dalla minaccia comune, ma in competizione per il vaccino salvavita.

In pochi mesi si produssero miliardi di dosi nel Nord del mondo: una filiera produttiva nuova di zecca, una nuova branca di Big Pharma a produrre un salvavita soggetto alle regole del mercato, al diritto di proprietà intellettuale.

Gran Bretagna, Stati Uniti, Israele ed Europa hanno iniziato la corsa verso l’immunità collettiva. Hanno soldi per pagare e Big Pharma è molto esigente quando si tratta di soldi.

L’India e il Sudafrica, travolte dal contagio, hanno chiesto la sospensione della legge che protegge la proprietà intellettuale, e anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha firmato questa petizione.

Niente da fare.

Le regole proprietarie sono molto più importanti della vita di milioni di persone.

Sia detto per inciso che la proprietà intellettuale non ha nulla a che fare con la proprietà di Pfizer: gli amministratori delegati e gli azionisti di Pfizer e di Johnson & Johnson hanno poco a che fare con il processo intellettuale che ha permesso la creazione della formula chimica del vaccino. Non sanno niente di virus, di chimica o di bio-ingegneria. Sanno soltanto come si specula in borsa.

Per salvarsi la faccia i paesi del Nord hanno promesso una beneficenza per mandare al Sud globale il vaccino. Hanno creato covax, che nel suo primo anno di esistenza ha mostrato di essere una burla.

Mentre concludo questo libro, nell’inizio dell’estate 2021, solo il 2% della popolazione africana ha ricevuto la prima dose del vaccino, mentre la razza bianca corre verso il traguardo dell’immunità di gregge.

Gregge bianco.

Se nei primi mesi della pandemia ho pensato che questa esperienza potesse produrre una svolta emotiva ancor prima che politica verso la generosità, la solidarietà, e la pura e semplice razionalità evolutiva, quando ho capito che l’Organizzazione Mondiale del Commercio (wto), l’Unione Europea e in generale i rappresentanti del dominio bianco hanno deciso che le regole proprietarie sono più importanti di qualsiasi altra cosa, compresa la sopravvivenza del genere umano, ne ho tratto la conclusione che il gioco è fatto: la vita umana su questo pianeta è un esperimento fallito.

Inizia il conto alla rovescia.

E allora mi sono messo a leggere Salman Rushdie.

L’ultima Cassandra e il Chisciotte americano

L’immaginazione barocca e quella surrealista hanno in comune la coscienza del fatto che il mondo è illusione, velo di Maya, artificio, proiezione di ombre sullo schermo della mente.

Da qualche parte Philip Dick scrive che sullo schermo del cervello ci proiettano un interminabile film funky. Ma chi è che fa questo? C’è qualche dio che emana la fantasmagoria di cui facciamo esperienza? No, non c’è nessun dio dietro lo schermo, ci sono solo flussi caotici di immaginazione e linguaggio e questi flussi disturbano lo spettro della coscienza, provocano tempeste di demenza, di furia, depressione e disperazione.

Caliamoci nel vortice della tempesta contemporanea in compagnia di un Chisciotte americano originario di Bombay.

Era l’epoca del Tutto-Può-Succedere []. Un’intera nazione poteva gettarsi da una rupe, come una sciamante popolazione di lemming. Uomini che impersonavano presidenti alla tv potevano diventare presidenti. Le riserve di acqua potevano esaurirsi []. Un odore maligno, un evil scent, aleggiava su questo finale. E una star della tv poteva miracolosamente ricambiare l’amore di un vecchio pazzo, concedendogli l’improbabile trionfo romantico che avrebbe riscattato una vita, conferendogli, alfine, un fulgore regale1.

L’ultimo romanzo di Salman Rushdie, uscito in perfetta sincronia con la pandemia, è un libro dedicato adedicato a cosa? Alla fine del mondo, naturalmente. Nelle ultime pagine del libro il mondo finisce davvero, scompare, svanisce in enormi bolle di vuoto.

Ricordo che Rushdie raccontò la furia che stava attraversando l’America, e in particolare New York, all’inizio del nuovo secolo. Furie, un romanzo sulle bambole, sulla follia, la competizione, la violenza psicologica e l’esplosione, fu pubblicato pochi mesi prima dell’11 Settembre. Insomma possiamo dire che Rushdie sa qualcosa dei fili profondi che legano il sistema nervoso e il futuro del mondo.

Quichotte (Key-shot) è un vecchio americano di origine indiana, cugino e impiegato del dottor Smile, produttore e trafficante delle droghe più mortifere che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto: Fentanyl e OxyContin.

Quichotte è sull’orlo della demenza senile, ma questo non occorre neppure dirlo, visto che si tratta di una patologia che ha invaso il mondo e forse lo sta inghiottendo.

Dopo aver lavorato per qualche anno come rappresentante di psicofarmaci, ora, nell’incipienza dell’Alzheimer dimentica le cose del passato recente, ma in compenso ha un’immaginazione scatenata che si alimenta con innumerevoli ore di televisione. Proprio come il cavaliere della triste figura, che aveva letto troppi libri di avventure cavalleresche e galanti del suo tempo.

Guardando la televisione Quichotte si è innamorato di una nuova Dulcinea, una star della televisione, anch’essa di origine indiana, anzi per essere precisi della stessa città da cui viene anche Quichotte, la leggendaria Bombay che adesso si chiama in un altro modo.

Quichotte è la storia di anime spezzate, di vite spezzate, di corpi spezzati e di famiglie spezzate: la storia dell’America contemporanea, e del mondo in generale.

Queste famiglie disintegrate sono probabilmente le lenti migliori a nostra disposizione per osservare il nostro mondo disintegrato. E all’interno delle famiglie disintegrate, ci sono persone disintegrate, disintegrate dalla perdita di qualcosa, dalla povertà, dai maltrattamenti, dal fallimento, dall’età, dalle malattie, dal dolore e dall’odio, che purtuttavia provano, nonostante tutto, ad aggrapparsi alla speranza e all’amore, e queste persone disintegrate noi, il popolo dei disintegrati! potrebbero essere gli specchi migliori per questi nostri tempi2.

C’è anche Sancho naturalmente, giovane ignorante che qui è il figlio immaginario di Quichotte. Sancho sembra sbalordito dal fatto che il mondo in cui abita è incomprensibile, forse per la semplice ragione che non ha alcun senso, o che gli è stato sottratto ogni significato. Sancho è il simbolo della generazione millennial, venuta al mondo quando il mondo era ormai irrimediabilmente sputtanato, sull’orlo del collasso finale.

Intanto, le cose sono a pezzi, come le persone. I paesi cadono a pezzi come i loro cittadini. Uno ziliardo di canali e nulla a tenerli insieme. C’è spazzatura, là fuori, e anche roba grandiosa, e tutto coesiste allo stesso livello di realtà, con lo stesso grado di autorevolezza. Come fa un giovane a distinguere? Come fare per discernere? Tutti i programmi di tutte le reti dicono la stessa cosa: Basato su una storia vera. Ma neanche questo è vero. La vera storia è che non c’è più alcuna storia vera. Non c’è più un vero su cui tutti possano concordare. C’è un gran mal di testa che cova. Bum! Eccolo.

Ahi.

Accidenti, in che momento sono arrivato3.

Quichotte è un libro sull’America, naturalmente. Il vecchio demente protagonista attraversa il continente dalla California a New York, e da New York alla California, come il suo antenato della Mancia attraversava i deserti spagnoli. Rushdie descrive l’America negli anni di Trump dal punto di vista di due indiani dalla faccia piuttosto scura, Quichotte e Sancho, che in più occasioni si fanno aggredire, insultare, buttare fuori dai ristoranti e così via. La gente gli chiede dove hanno messo i turbanti, dove hanno messo le armi, dove hanno messo le bombe, e diverse volte con questo tipo di frasi viene loro impedito di entrare nei locali in cui stanno i bianchi.

“Perché sono così aggressivi?” si chiede Sancho, poi capisce che è un problema di linguaggio e dice a Quichotte: “Voglio che comunichiamo in quella lingua, soprattutto in pubblico, sfidando gli stronzi che ci odiano perché abbiamo un’altra lingua”4.

Gli americani bianchi si distinguono per il fatto che parlano (male) una sola lingua, ma sono circondati da una massa crescente di persone che parlano lingue diverse, e per colmo di disgrazia parlano meglio di loro anche l’inglese.

Ignoranza e illusorietà della supremazia: questo è il retroterra di tutti i tipi di razzismo, in particolare del trumpismo bianco americano.

Mentre l’America è il paese più avanzato in termini di ricerca e innovazione, grazie a siriani come Steve Jobs, indiani come Sundar Pichai e come lo stesso Rushdie, grazie a registi italiani e a ingegneri cinesi, questo centro cosmopolita di lavoro intellettuale è anche la patria della comunità più ignorante di tutti i tempi e di tutti i luoghi: i colonizzatori bianchi che arrivarono al seguito di pellegrini bigotti e realizzarono un genocidio per impadronirsi di tutti i territori tra un oceano e l’altro.

Per questa contraddizione l’America è sul punto della disintegrazione. Che vinca Trump o che perda, il dentifricio non ritorna nel tubetto: la guerra civile sta sgretolando il paese.

Durante il viaggio tra New York e la California Quichotte e Salma, la bella star tv, assistono a una serie di episodi di sparizione del mondo.

Non posso guardare in alto. Lassù, che cos’è? Come un colosso con un’enorme arma da fuoco che apre uno squarcio nell’aria. A vederlo, si vorrebbe morire. Non è una cosa che si possa aggiustare. Non credo ci sia qualcuno a Washington dc o a Cape Canaveral che sappia cosa cazzo fare per questo problema5.

Salma dice sgomenta che non c’è modo di rimediare, perché

[…] il nulla fece irruzione nella qualcosità del mondo, ruggendo come un incendio, finché non rimase altro che il gigantesco e sempre più familiare buco, il vuoto tenebroso e paralizzante della non-esistenza6.

Mu, il vuoto, è lui che governa attualmente, aveva detto Wim Wenders in Tokyo-Ga, un film lungimirante del 1985.

Quichotte ha cercato la verità, la bellezza, la perfezione, e la fede. Era sul punto di realizzare questo sogno, di avere l’amata star tv, però presto scopre che Salma non è interessata al suo amore, bensì alle droghe oppiacee che porta nella sua valigetta, e che quella droga può comprare la sua benevolenza, ma può anche ucciderla.
“Forse era vero quel che si diceva: che solo alla fine della sua ricerca il cercatore capisce quanto il suo viaggio sia profondamente radicato nell’errore”7.
Così Quichotte arriva alla fine del viaggio come un personaggio essenzialmente tragico, proprio come Miguel de Unamuno descrive il cavaliere spagnolo.
Perché vi sono delle volte nelle quali, senza sapere come e da dove, ci sorprende improvvisamente e quando meno ce l’aspettiamo, cogliendoci impreparati e sprovveduti, il sentimento della nostra mortalità []. Anzi, non la morte: una cosa peggiore, una sensazione di annichilimento, una suprema angoscia8.
“Non si può far nulla per fermare la disintegrazione?” chiede Salma, la protagonista tossica e bipolare del mediascape.

E il dottor Evel Cent (il cui nome suona come evil scent, “odore di male”) le risponde: “Io sono l’ultima Cassandra della storia umana”9. Dobbiamo immaginare che queste parole si riferiscano a Rushdie stesso.

Franco Bifo Berardi, Il terzo inconscio. La psicosfera nell’era virale, nottetempo, Milano 2022, pp. 256, € 19.00

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