Dopo viale Gramsci a Firenze, il viale Carducci di Livorno è la strada più inquinata della Toscana dal terribile biossido di azoto (causa di 11.300 morti premature l’anno in Italia, prima nazione in Europa). Le evidenze critiche vengono dalla centralina della rete regionale Arpat, presente in loco e dedicata alla rilevazione delle concentrazioni legate al traffico veicolare. A causa di una anomalia nella rilevazione della media annuale del 2019, la Regione due anni fa ricomprese l’area urbana di Livorno fra le aree critiche da sottoporre a monitoraggio.
Adesso, con Delibera 895 del 30/06 u.s., si attesta l’uscita di Livorno dalla “black list”, in quanto negli ultimi 5 anni (2020-2024) i valori della centralina di viale Carducci non hanno più sforato i limiti attualmente vigenti, cioè una media annuale di 40 microgrammi di biossido di azoto per metro cubo. Di conseguenza, il Comune di Livorno ha immediatamente convocato la stampa per annunciare la buona novella, affermando testualmente “il lavoro che abbiamo fatto durante la nostra legislatura complessivamente come città ha dato risultati”.
Tutto bene, quindi? Non proprio, secondo l’Associazione Livorno Porto Pulito.
In primo luogo, i valori del biossido di azoto negli ultimi 5 anni non si sono abbassati ma sono rimasti sostanzialmente inalterati, pari o superiori ai 30 microgrammi. Una media sì inferiore al limite attuale di 40, ma tripla rispetto alla soglia di attenzione richiamata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (oltre i 10 microgrammi la possibilità di ammalarsi è consistente).
Inoltre, nel 2030 entrerà in vigore il nuovo limite europeo, pari a 20 microgrammi di biossido di azoto, nel quadro di un progressivo allineamento alle richieste dell’OMS.
In neanche 5 anni, sarà quindi necessario lavorare duramente per “tagliare” le emissioni del 33% (da 30 a 20 microgrammi). A questo proposito, durante la conferenza stampa dell’altro giorno abbiamo chiesto al Sindaco e all’Assessora all’Ambiente, anche per conto de La Città invisibile, quali provvedimenti concreti intendano adottare.
Le soluzioni ci sarebbero, per il viale Carducci e non solo: limitazione del traffico automobilistico privato attraverso il potenziamento del trasporto pubblico, realizzazione dei parcheggi scambiatori più volte preannunciati, istituzione di ZTL e di giornate programmate di chiusura del traffico in zona centro, seri incentivi ad utilizzare biciclette o mezzi di trasporto a propulsione elettrica ecc. ecc.
Non abbiamo avuto risposta, il che fra l’altro induce molto a dubitare che l’uscita dalla black list sia davvero farina del sacco di questa Amministrazione (confermata un anno fa), visto che altrimenti sarebbe stato quantomeno illustrato il rafforzamento delle misure adottate con successo. Ci si fa belli, insomma, con le piume altrui (probabilmente motorizzazioni un pochino meno inquinanti) mettendo il cappello su qualsivoglia buona notizia senza averne il merito, com’è tradizione della Giunta in carica.
C’è di più: proclamare che Livorno è uscita dall’area critica, quando la centralina Arpat presa a riferimento è distante due km dal porto appare un tantino azzardato.
Anche perché l’ultimo inventario delle emissioni prodotto da Arpat attesta che nel Comune di Livorno gli ossidi di azoto di origine navale sono oltre tre volte quelli prodotti dal traffico stradale (3.190 tonnellate all’anno contro 941). Ciò significa che l’aria che respira chi vive e chi lavora in prossimità del porto (varie decine di migliaia di persone) potrebbe essere estremamente tossica, ben più dei limiti di legge (vigenti e/o futuri) e ancor più delle indicazioni dell’OMS.
Anche su questo, il Comune nella sua conferenza stampa non è stato in grado di specificare azioni concrete nel breve periodo. Anche l’elettrificazione delle banchine, se davvero arriverà fra un anno come previsto, potrebbe non risolvere granché per una serie di motivi.
In primo luogo, perché non coprirà tutti gli ormeggi (i fondi del PNRR non sono sufficienti già adesso e oltretutto si sta pensando di raddoppiare il Porto con la Darsena Europa).
In secondo luogo, e soprattutto, perché gran parte delle navi che frequentano Livorno non sono attrezzate per collegarsi alla rete elettrica (e difficilmente lo saranno, dato che i costi di adeguamento dovrebbero pagarli gli armatori).
Di fronte a questo scenario, preoccupa non poco l’atteggiamento trionfalistico del Sindaco Salvetti e dei suoi collaboratori. Molto più inclini a piantare le bandierine su fantomatiche conquiste che ad affrontare con umiltà e rigore le criticità sanitarie della città.
Livorno Porto Pulito è un comitato che si è costituito in Associazione di Promozione Sociale tre anni fa. Da allora, in base al suo Statuto, ha sempre lottato per portare in evidenza un problema grave e sottostimato come quello dell’inquinamento tossico da fumi navali. Dispiace sentirsi dire dal Sindaco che se si interviene contro i fumi navali “poi gli armatori vanno altrove” e “chi mangia con il porto poi andrà a pranzo e a cena” a casa di chi si impegna per un’aria respirabile.
Sono affermazioni, riportate anche sulla stampa, che non sono degne di un Primo Cittadino ed evocano un ricatto occupazionale lontano dallo spirito della Costituzione. L’articolo 41 della quale subordina l’iniziativa economica alla salute e all’ambiente: lo spazio per coniugare lavoro e diritti esiste e va praticato. È lo spazio della buona politica.
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