Andare a teatro la domenica mattina è strano. Attraversi tutto il mondo fuori che cammina per strada nel traffico umano della gentrificazione: c’è chi cede alle tentazioni del capitalismo, con in mano la shopper degli ultimi acquisti, e c’è chi si sposta per raggiungere gli amici per il pranzo o la famiglia col treno. Andare a teatro la domenica mattina ti isola dal mondo fuori, non sai più se piove o c’e il sole. Stai seduto – con o senza hangover – ad ascoltare ragionamenti complessi degli ultimi avvenimenti politici. E provi a capirci qualcosa. “Abbiamo delle immagini scattate col drone poiché, a seguito di un’apertura minima, alcuni giornalisti giordani sono riusciti a fotografare tra loro anche il giornalista italiano Alessio Mau che lavora per il Guardian. Così abbiamo idea di un’urbanistica complessa. Le abitazioni sono verticali e i posti sono molto affollati; di questo se ne ha una riprova anche tra le persone che dalla spiaggia stanno tornando verso Nord”, dice Maria Chiara Ruoli, storica.
Rawad Choubassi, urbanista, racconta del Piano dei trasporti finanziato dall’Unione Europea. L’obiettivo è quello di mettere in campo una serie di azioni che possano aiutare il popolo palestinese. “Per definire le azioni da portare avanti abbiamo creato una base scientifica che dà fiducia ai donatori che decidono di finanziare e porta massimo valore al cittadino”, spiega.
Mostra delle immagini del 2015 in cui c’erano i porti, i pescherecci e due aeroporti, quello in Cisgiordania chiuso definitivamente nel 2000. “Gli urbanisti lavorano con le reti – che oggi in Palestina sono state distrutte. Se queste non funzionano devono lavorare con oggetti statici e dinamiche lontane da quelle che conosciamo”. Ci spiega le difficoltà di lavorare in un territorio diviso tra Gaza (365 chilometri quadrati con 17mila abitanti al km chilometri quadrato – è una delle città più dense al mondo se si pensa che a Londra ci sono 5mila abitanti per km2) e Cisgiordania, a sua volta divisa all’interno tra zona A, 12% sotto il controllo autorità nazionale palestinese, zona B 22% con un controllo congiunto e zona C 66% che, composta da terre agricole, insediamenti iseaeliani e confinante con la Giordania, è sotto il controllo di Israele.
“I Bypass – delle super strade- collegano i territori in aerea C ma un palestinese non può salire su queste strade deve fermarsi ai check point oppure fare altre strade che però sono separate dai muri”, dice Choubassi mentre mostra delle foto dei tassisti palestinesi imbottigliati nel traffico, senza via d’uscita.
Oltre agli esperti, c’è l’immaginario delle persone comuni che, superata la fase della compassione davanti alle foto e ai video, hanno deciso di reagire. Da una parte, ci sono quelli – e sono molti- che hanno deciso di fare qualcosa con i loro corpi nelle piazze, dall’altra c’è chi ha deciso di fare la sua parte, scrivendo e realizzando qualcosa di creativo per fare bene a se stessi e alla società. È questo il caso di Anna di Giusto che ha scritto il libro “La nona candela”. “Ho sempre letto molto sulla Palestina”, dice l’autrice, che è anche volontaria di Assopace Palestina. “Questa primavera, con il paventarsi dell’ingresso dell’Iran nel conflitto e quindi una sua possibile escalation, la sofferenza era diventata enorme. Inizialmente ho pensato di dover scrivere per me o di farlo circolare tra le amiche. Sono state alcune poesie palestinesi a farmi pensare all’arte perché ci mette davanti ad uno sforzo immaginativo”, spiega Di Giusto. “Quando sono tornata dalla Cisgiordania mi sono sentita in colpa per essere andata in bici a lavoro, senza che nessuno mi avesse fermata. Attraverso il processo della scrittura mi sembra di poter dare un nome a questa hybris dell’escalation del conflitto” conclude l’autrice.
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