La salute mentale è politica

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 ““Tirare su” un bambino equivale in pratica a buttare giù una persona” scriveva nel libro “La morte della famiglia” (1972) l’antipsichiatra David Cooper. Quando si arriva all’adolescenza si può dire che il lavoro di distruzione è pressochè compiuto (per l’educazione e per la cosiddetta “potatura neuronale”), al giovane non resta che trasformarsi in un adulto “normale”, cioè in un “fuori di sè” (oggi si direbbe fuori di testa) integrato in un mondo pazzo, in cui “i normali” sono quelli che compiono genocidi, che massacrano, che fanno stragi di non umani, che devastano l’ambiente. Più che curare i malati occorre curare i cosiddetti sani, quelli che vivono per colonizzare/sopraffare, per lavorare/accumulare, per metter su famiglia, per fare la guerra e crepare in grazia di Dio. Questo era più o meno il pensiero di Cooper. Lo conobbi, quando lavoravo come antipsichiatra al manicomio di San Salvi, mi ricordo che gli feci dono di una grossa chiave che veniva usata per chiudere i portoni dei reparti, e che a noi non serviva più. Non basta aprire i manicomi, se non si aprono le coscienze delle persone, dei politici e degli psichiatri:

“Fare psichiatria, finora, ha significato chiudere le coscienze; fare salute mentale significherà aprirle […] Il mondo è un manicomio, bisogna cominciare a curare i dottori. […] Per umanizzare davvero gli psichiatri bisognerebbe istituire-prima ancora di conferire loro l’abilitazione-l’assunzione obbligatoria di ayahuasca. Un rito iniziatico. Vuoi curare i folli? Sei così ambizioso e superbo da ritenerti in grado di curare i fuori di testa? Bene. Diventalo fuori di testa, fuori d’orbita, fuori di coscienza per qualche ora. E non impazzire. Sappi ritornare. Solo dopo sarai ritenuto in grado di avere rapporti con loro-scrive Piero Cipriano nel suo ultimo libro “La salute mentale è politica”La quasi totalità degli psichiatri, invece, è tenacemente razionale, materialista, atea. Questi medici sono i meno adatti a interagire con i folli. Ed ecco che la psichiatria si ritrova ad essere la pratica morta che è. Funeraria.”

Non possono gli psichiatri continuare a starsene al sicuro al calduccio-dice Cipriano, devono fare esperienza di follia (fare esperienza psicotomimetica) spostarsi su un altro piano di coscienza, andare dall’altra parte, e saper ritornare, per accompagnare le persone nelle terapie psicolitiche o psichedeliche, come fecero due punte di diamante dell’antipsichiatria come Ronald Laing e David Cooper. C’è da fondare una altra salute mentale, “biologica, psicologica, sociale, economica, politica, antropologica e -perchè no?-spirituale….Ma che imbarazzo per la scienza questa spiritualità”, scrive Cipriano, psichiatra anarchico, basagliano di terza generazione, attivista, brillante e originale scrittore, https://www.perunaltracitta.org/homepage/2024/01/08/i-consigli-di-lettura-di-gianluca-garetti/  esperto entusiasta di piante sacre e molecole psichedeliche  (“molecole stella”, vedi poi) e psicoterapeuta. “In tutta la mia carriera-scrive Cipriano-ho lavorato sempre nei reparti restraint, quelli dove si lega”  ( legati si muore; io non ho mai visto legare nessuno in una ventina di anni di psichiatria ) e cioè nei Dipartimenti di salute mentale di diversi regioni italiane e dopo 17 anni di labirintica sofferenza passati in un SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura), “il minotauro gentile”, così si definisce, si è trasferito in un SerD (Servizio per le dipendenze) della capitale. “Vivo con immensa liberazione l’essermi affrancato dalla gestione di una indicibile sofferenza”-dice Cipriano, che insieme ad altri, fra cui Maria Sabina (mitica curandera) vuole fondare una nuova medicina basata sulla modulazione degli stati di coscienza, servendosi di strumenti terapeutici, estromessi dalla medicina ufficiale: l’ayahuasca, il rapè (il soffio che libera la mente), le tecniche di respirazione, il canto, la musica, il contatto, il cibo, l’imparare a meditare….E poi ci vorrebbe un mecenate che finanziasse la clinica nel bosco..Case di salute mentale sempre aperte, dislocate nella natura, dove rifugiarsi quando si è in crisi, in luoghi belli, protetti, caldi, ospitali..senza più la paura di finire legati.

Facciamo un passo indietro: “in quel trentennio dopo la Seconda guerra mondiale si svolgono due rivoluzioni in parallelo. La prima vince, ed elimina i manicomi. La seconda [quella psichedelica degli psiconauti] viene sconfitta e di lei, per lungo periodo quasi si perdono le tracce”, scrive Cipriano.  

Basaglia sosteneva che la terapia era principalmente lotta contro la miseria, difatti nei manicomi elettrici c’erano solo i poveri, e noi antipsichiatri si faceva socioterapia (la psicoanalisi era per i ricchi) poi è venuto il manicomio nosologico (dei vari DSM, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) e il manicomio chimico degli psicofarmaci che chiudono le coscienze, con “le molecole down” (neurolettici, benzodiazepine, stabilizzatori dell’umore), con “le molecole up” che energizzano (antidepressivi, anfetamine). Gli psicofarmaci, secondo Cipriano, alleviano i sintomi ma appena si sospendono questi ritornano. E’ il tempo delle “molecole stella” cioè dei vecchi e nuovi farmaci psichedelici che aprono la coscienza, per un’altra psichiatria e per la cura dei sani, facendo attenzione a non farsi intrappolare da una parte nel nuovo manicomio psichedelico di Big Pharma che sta investendo milioni di dollari per medicalizzare gli psichedelici (che legalmente sembra essere l’unica via percorribile), dall’altra in una ideologia, che tende a sottovalutare i cosiddetti bad trips.

L’idea che più entropia cerebrale non determini più follia, ma inneschi invece il processo di cura è del tutto controintuitiva, lo so. Per dirla in altro modo, si tratta di riportare il cervello a una dimensione di nuovo bambina. Nei primi anni di vita, infatti, il cervello ha un numero molto più elevato di connessioni neurali; è un cervello che comunica di più tra le sue varie aree, perciò probabilmente, è più aperto e incline al pensiero magico….è come se vivesse in uno stabile stato di coscienza psichedelica…[che] si contrae in adolescenza, finchè con il progredire  dell’età fino alla vecchiaia, si raffredda, e si cristallizza sempre di più in pochi, certi [presunti], solidi, abusati schemi di pensiero.”

Il filosofo Aldous Huxley (Huxley, Le porte della percezione) e altri, immaginano che la coscienza dall’infanzia all’età adulta vada gradatamente restringendosi, e che le sostanze psichedeliche e altre pratiche come la meditazione, l’ipnosi etc. la possano riaprire in modo più o meno drammatico, temporaneo o definitivo. Per le neuroscienze questa apertura della coscienza sarebbe direttamente proporzionale alla diminuizione dell’attività del DMN (Default Mode Network), un network cerebrale che controlla varie parti del cervello. L’evoluzione ha modellato la coscienza umana, non per farla inondare da tutti i dettagli della realtà- il che sarebbe antieconomico da un punto di vista energetico- ma per massimizzare la nostra sopravvivenza, ai fini della riproduzione.

Le prossime due frasi sono riprese dal libro che stiamo recensendo, la terza è una considerazione del neuropsicologo e terapeuta Andy Mitchell, tratta dal libro “Dieci trip”:

“ E’ forse necessaria una rivoluzione, per potere fare davvero salute mentale. Una rivoluzione delle coscienze per potere fare una rivoluzione della vita che conduciamo.”

“ Un cervello acceso e una coscienza espansa-che può ogni tanto e consapevolmente trascendere la realtà ordinaria-, però, sono difficilmente ingabbiabili negli schemi, nei dogmi, nelle convenzioni e nei tabù del realismo capitalista.”

Eppure, una delle intuizioni cruciali sugli psichedelici che vorrei condividere è che la loro particolarità-legata al momento, al luogo, alla persona è tutto. Oppongono resistenza alla generalizzazione. […] ho capito che assumere in prima persona le sostanze e scriverne in prima persona era il modo migliore, l’unico, per procedere. Robin Carhart-Harris, professore del Neuroscape Centre alla University of California San Francisco, ha affermato di recente che l’hype sugli psichedelici è simile al mito del “viaggio dell’eroe” di Joseph Campbell, dichiarazione con cui, immagino, intende dire che tutta la cultura deve ancora attraversare varie fasi di sviluppo prima di giungere a piena maturazione. A oggi il nostro eroe è in fase di sviluppo giovanile, gravida di potenzialità, che tende però a un ottimismo evangelico e all’esagerazione e oppone qualche resistenza alle sfumature e alle contro-narrazioni. […] I veri miti-chiamateli sapienza, se volete-si creano nel corso di secoli e sono densi di significati che mettono in guardia dai pericoli dell’eccesso, dell’avidità, del desiderio, dell’hype. Le culture indigene sono piene di storie simili, e nella mia esperienza queste storie nascono dall’incontro con le piante ma alle loro condizioni, non alle nostre. Quindi prima di progettare i nostri riti, dobbiamo creare delle storie nostre, le storie giuste che ci guidino lungo il cammino: il viaggio dell’eroe, raccontato come si deve.”

Piero Cipriano, l’autore di questo libro, è un creatore di queste storie.

 

 

 

Adolf Huxley, Le porte della percezione. Paradiso e inferno, Mondadori, Milano 1991-pg.162, euro 12

Andy Mitchell, Dieci trip, Einaudi, Torino 2025-pg.361, euro 26

David Cooper, La morte della famiglia, Einaudi, Torino 1972 -pg.147, Lire 1200

Piero Cipriano, La salute mentale è politica, FuoriScena, Milano 2025-pg.190, euro 17

 

 

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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