Come si fa a compiere un genocidio e farla franca? Come farà Israele a ricostruire la sua immagine ormai universalmente associata al genocidio del popolo palestinese?
E’ in costruzione un futuro in cui tutto quello a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni verrà cancellato, negato, trasformato. Con le buone o con le cattive, una nuova verità dovrà essere ristabilita, secondo un progetto condiviso da governo italiano, unione delle comunità ebraiche, e stato di Israele. Di questo si è parlato al convegno dell’UCEI del 12 ottobre scorso, intitolato La storia stravolta e il futuro da ricostruire.
Il contesto attuale è questo: la “pace di Trump”, per cui Israele rallenta i bombardamenti a tappeto e pianifica assieme a vecchi e nuovi alleati una strutturale sottomissione dei palestinesi ad un progetto neo-coloniale che farà fare un sacco di soldi, è scaturita da una serie di fattori: l’attacco israeliano del 9 settembre al Qatar, tradizionale alleato degli Stati Uniti, ha spinto gli stati arabi ad applicare una maggiore pressione sulla Casa Bianca perché si opponesse finalmente ad Israele, percepito come totalmente fuori controllo. Il progressivo e inesorabile malumore della base elettorale della destra USA, che inizia a dubitare della reale capacità di Trump di mettere “l’America prima di tutto”. La lobby israeliana: i ricchissimi donatori che determinano la carriera dei politici americani, si sono forse resi conto di come il genocidio rendesse il proprio compito troppo arduo, con l’opinione pubblica globale che finalmente si schiera in massa contro Israele dopo due anni di massacri in cui non è riuscito a cacciare i palestinesi da Gaza. Le proteste di massa, gli scioperi generali in Italia, i blocchi di porti e stazioni, hanno inoltre preoccupato non poco il potere economico e politico, che ha capito come fosse necessario fare calmare le acque.
Questa serie di elementi potrebbero quindi aver portato Trump a dire “fermatevi un attimo” a Netanyahu e al suo governo, costringendo Israele a rinunciare alla pulizia etnica dell’intera Striscia e ad accontentarsi (per ora) della metà abbondante che l’esercito occupa attualmente, e da cui non ha alcuna intenzione di ritirarsi.
E’ importante sottolineare come in nessun modo in queste dinamiche siano contemplati vita, dignità, o diritti, dei palestinesi; ciò che muove le decisioni degli Stati Uniti è la ricerca di una stabilità regionale necessaria per gli affari, di una stabilità interna ad USA ed Europa, e della salvezza di Israele da sé stesso, da una deriva di impopolarità che può portare ad un isolamento impossibile da sostenere per quel piccolo stato.
Un importante studioso, lo storico Ilan Pappè, sostiene che con il genocidio Israele abbia imboccato la propria fase terminale: “Mi viene da dire con una certa cautela che questa è l’ultima fase del Sionismo. Storicamente, tali sviluppi nei movimenti ideologici, che siano coloniali o imperi, sono solitamente il capitolo finale, che è quello spietato, il più ambizioso. E poi dopo l’apice c’è la caduta.”
Israele, nonostante l’arroganza e la presunta onnipotenza dei suoi leader, è consapevole dei rischi che corre. Vede che la sua reputazione è in grave pericolo, con tutto ciò che ne consegue. Con l’attenzione mondiale che finalmente si dirige verso i suoi crimini, è dunque costretto ad intensificare l’impegno nel diffondere la propria verità, attraverso quella che definisce “spiegazione”, in ebraico hasbara.
Quello della comunicazione è stato infatti definito come un fronte di guerra, “l’ottavo fronte”, dopo Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Iran, Siria e Qatar. Rivolgendosi ad un gruppo di influencer americani, Netanyahu ha definito Tik Tok, appena acquistato da un miliardario sionista, come “l’arma più importante” per creare supporto globale verso Israele.
Il controllo della narrazione è sempre stato importante, ma adesso, dopo due anni di massacri quotidiani e un’attenzione su questi temi mai vista prima, questo è diventato più che mai fondamentale. La fedeltà dei governi occidentali da sola non basta più, l’isolamento internazionale, economico, culturale, sociale, che i popoli di tutto il mondo stanno causando a Israele, non è sostenibile a lungo andare, ed è quindi, quello della comunicazione, da considerarsi un fronte di guerra vero e proprio, di cui dobbiamo seguire gli sviluppi con estrema attenzione.
Riconquistare l’opinione pubblica quindi per sperare di avere un futuro. Servono i contenuti, e i mezzi per diffonderli.
Serve una verità da raccontare, sufficientemente coerente ed organizzata da avere almeno una apparenza di verosimiglianza, e che possa, tra vent’anni, se questa guerra sarà vinta, essere la verità ufficiale, quella che si insegnerà a scuola, e che nessuno potrà mettere in dubbio. Occorre creare un vero e proprio universo parallelo, da contrapporre e sostituire alla realtà che quotidianamente vediamo, trasmessa da Gaza e riportata da ogni fonte autorevole, dall’ONU a tutte le organizzazioni umanitarie presenti sul terreno.
Per avere una visione completa dell’intero impianto della nuova verità, il convegno dell’UCEI tenutosi a Roma il 12 ottobre scorso offre una documentazione preziosa.
Sono intervenuti, lungo tutta la giornata: ministri del governo italiano, l’ambasciatore di Israele, dirigenti dell’Unione delle comunità ebraiche, varie personalità della politica, delle istituzioni, del mondo dell’Università, infine giornalisti e direttori di giornali. Si sono ritrovati al CNEL in un convegno dal titolo: “La storia stravolta e il futuro da costruire”. Più si succedevano gli interventi, più il tutto assumeva una dimensione inquietante.
Con una quasi assoluta unanimità tra i partecipanti (unica eccezione il direttore della Stampa), si è affrontato “la Storia”, dal 7 ottobre ad oggi, il modo in cui questa sia stata stravolta, e si è parlato di cosa è necessario fare adesso. Quanto segue è un resoconto di quanto emerso dal convegno.
Il 6 ottobre 2023 c’era la pace. Improvvisamente il giorno dopo una banda di terroristi jihadisti mossi da odio razziale hanno fatto irruzione in Israele, compiendo un pogrom che costituisce la peggiore atrocità dall’Olocausto in poi. Lo scopo era uccidere gli ebrei in quanto ebrei. Si è tentato uno staticidio, un genocidio, nelle intenzioni i morti erano 3.700.000, e solo per un miracolo non si è riusciti nell’intento, “l’ultimativa arma nucleare era prossima alla fase operativa”.
Quel giorno si è valicata la soglia dell’umano, una barbarie inaudita in cui si è attaccata la civilizzazione.
Questo branco di lupi feroci non odiava solo gli ebrei, ma anche la democrazia, anche la nostra civiltà ed il nostro modo di vivere libero. Il 7 ottobre è uno spartiacque, è da considerarsi insieme un nuovo Olocausto ed un nuovo 11 settembre.
Da quel momento Israele è stato costretto ad iniziare una guerra difensiva, per poter tornare alla pace, il suo più grande desiderio. La guerra è stata vinta, ma solo quella sul campo. La guerra delle immagini Israele non l’ha combattuta, per pudore, per rispetto, quindi l’ha vinta Hamas, che diffondendo in tutto il mondo immagini fabbricate, false, di bambini morti o affamati (facevano i funerali alle bambole) ha convinto l’opinione pubblica mondiale di cose inesistenti, fino alla delirante accusa di genocidio, assolutamente senza senso.
Ci hanno parlato di decine di migliaia di morti, ma sono numeri dati da Hamas, è come se 80 anni fa si fossero utilizzati i dati dei nazisti. E’ sì vero che sono morte molte persone, ma è stato necessario; inoltre la colpa di queste morti è di Hamas, che ha usato i civili come scudi umani.
Tutti ci sono cascati, per due anni. Abbiamo avuto un racconto manipolato, di parte. L’ONU, le piazze, la Flottiglia, sono colpevoli di aver semplificato la storia, confuso la realtà , taciuto le responsabilità e gli orrori di Hamas. Ed ecco che così l’antisemitismo, male atavico sempre presente, è potuto tornare fuori: con la scusa della critica a Israele si è tornati a dare la caccia all’ebreo.
Dietro la condanna ad Israele, infatti, si sono riattivati pregiudizi e ostilità verso gli ebrei, latenti nelle nostre società, il cui risveglio pone un pericolo gravissimo, il ritorno al fascismo ed alle persecuzioni. Non c’è altra spiegazione possibile a quanto abbiamo visto negli ultimi due anni: solo l’antisemitismo può fare leggere la reazione di Israele come sproporzionata, Israele è stato mostrificato, e così il popolo ebraico. Non combattendo la guerra della propaganda, Israele l’ha quindi persa, e si è avuto la sua trasformazione da vittima (visto il 7 ottobre) in carnefice.
La propaganda di Hamas è entrata nelle università, nelle scuole, sui giornali. A dimostrazione di questo vi è lo studio del professor Della Pergola, che mostra come si siano dedicate a Gaza più pagine che all’Ucraina, cosa che di per sé dimostra l’esistenza di una campagna di propaganda di regime contro Israele, con punte di bassezza che riportavano alla rivista fascista “La difesa della razza”. I media si sono così piegati, senza nessuno spirito critico, alla propaganda di Hamas, che merita il premio Oscar per la miglior regia, avendo allestito veri e propri set cinematografici in cui mettere in scena una carestia di cui in realtà non c’è traccia.
Adesso, però, basta. Abbiamo la possibilità di riparare al danno. Sul fronte mediatico si deciderà il futuro di Israele, e con lui quello degli ebrei e della civiltà occidentale (Della Pergola). Quindi è necessario “restituire verità”, stare con Israele infatti significa stare contro la menzogna (Boccia); dobbiamo aprire una nuova pagina di riflessione (Roccella); trovare strumenti che permettano di combattere le fake news in tempo reale (Parenzo); ricostruire la verità, pazientemente, costruendo delle “bolle buone” sui social (Velardi); dobbiamo spiegare come stanno veramente le cose (Ferrara); i giornalisti devono fare un patto: dire le cose come stanno (Parisi).
I primi interventi in questo convegno sono i più importanti, quelli in cui si capisce che c’è unità di intenti, concordia assoluta tra governo italiano, comunità ebraiche, e stato di Israele.
Noemi Di Segni, presidente UCEI, Jonathan Peled, ambasciatore di Israele, e Jona Falco, assessore alla comunicazione dell’UCEI, ci dicono cosa è necessario fare: attivarsi. Per creare alleanze, arginare i boicottaggi e la campagna diffamatoria contro Israele, combattere disinformazione e fake news. Il ministro dell’interno Matteo Piantedosi è arruolato, sulla stessa linea: è necessario un impegno collettivo su tre punti: educare, garantire sicurezza, contrastare la disinformazione.
L’introduzione del convegno, ad opera del presidente del CNEL Renato Brunetta, contiene anch’essa lo stesso programma: siamo chiamati ad un dovere di verità, ricostruire una pedagogia della memoria a partire dalla verità storica. Anche per lui infatti siamo in un momento storico drammatico, il futuro di Israele, degli ebrei, dell’Occidente, è in gioco, e solo ristabilendo la verità ci possiamo salvare.
Come si ristabilisce la verità?
Lo possiamo capire attraverso alcuni esempi tratti dalla cronaca recente.
28 ottobre, Israele viola il cessate il fuoco per l’ennesima volta, e lancia violenti attacchi aerei su Gaza. Vengono uccise circa 100 persone, la metà bambini. Il racconto dei nostri media è questo: Netanyahu ordina raid su Gaza, in risposta all’attacco di Hamas che ha portato all’uccisione di un soldato a Rafah.
La verità è così ristabilita:
1) Israele si sta difendendo, tutto quello che fa è sempre una risposta. Tutte le violazioni israeliane del cessate il fuoco verranno sempre inquadrate così.
Sempre il 28 ottobre, viene presentato il rapporto di Francesca Albanese, relatrice speciale ONU sui territori palestinesi occupati, che dimostra come il genocidio sia un crimine collettivo a cui hanno partecipato attivamente moltissimi stati e attori internazionali.
Come si ristabilisce la verità? Secondo le regole stabilite nel convegno, dove Pierluigi Battista era arrivato a definire la Albanese una professionista dell’antisemitismo. Delegittimando l’interlocutore, accusandolo di essere mosso da pregiudizio anti-israeliano.
L’ambasciatore italiano all’ONU infatti non ha risposto nel merito delle conclusioni del rapporto ma ha denunciato la sua mancanza di “integrità, imparzialità e buona fede”. Non è quindi credibile perché dettato da pregiudizio. La poca credibilità del rapporto non è dimostrata in alcun modo, eppure è presente in tutti o quasi i titoli dei giornali. In un’altra intervista Capezzone, direttore di Libero, si scaglia con violenza contro Albanese, accusandola di non parlare dei crimini di Hamas, “compresi quelli contro i palestinesi”.
Le verità che vediamo ristabilirsi in questo caso sono due:
2) Le critiche a Israele ed ai suoi sostenitori non sono legittime, perché sono dettate da un pregiudizio antisemita.
3) Chi sostiene i diritti del popolo palestinese lo fa perché odia Israele, è ossessionato al punto da non vedere i crimini degli altri, o le altre cento guerre del mondo.
Chi fosse in buona fede dovrebbe riconoscere come distruggere Hamas sia anche nell’interesse dei palestinesi, che vanno liberati.
Lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas, il 13 ottobre, quando gli ultimi 20 israeliani vengono rilasciati in cambio di circa 2000 palestinesi, come viene raccontato? Secondo un’altra delle regole espresse nel convegno UCEI per ristabilire la verità e costruire un futuro luminoso:
4) Massima empatia per gli israeliani, così simili ai nostri figli, e per le loro sofferenze, zero empatia per i palestinesi, popolo violento che non ha mai cercato la pace. Il Corriere della sera titola infatti così: “Terroristi, assassini, stupratori: chi sono i 250 ergastolani che Israele libererà nelle prossime ore”.
Ultimo esempio, 27 ottobre. Emanuele Fiano, presidente di Sinistra per Israele, viene contestato all’università Ca’ Foscari, per il suo appoggio all’ideologia sionista e ad Israele. Come va inquadrata questa vicenda secondo le linee guida UCEI?
Non si tratta di un attacco motivato da dissenso politico, ma da antisemitismo, odio razziale: “L’ultima volta che hanno espulso un Fiano da un luogo di studio è stato nel ’38, con mio padre”, è stato il commento di Fiano, che fa quindi un parallelismo tra i suoi contestatori ed i fascisti. Qual è quindi la verità da ristabilire?
5) C’è un allarme antisemitismo da non sottovalutare. Questo fenomeno trova spazio nelle proteste per la Palestina, ed è un serissimo problema di ordine pubblico, sul quale è necessario intervenire.
Se le cose stessero davvero come raccontato nel convegno dell’UCEI saremmo sicuramente in ottime mani, perché il nostro sistema di potere politico-mediatico è disciplinatamente allineato sulle le posizioni di Israele e delle comunità ebraiche, e pronto ad intervenire per ristabilire la verità. Se però la verità non fosse quella, ma fossimo al contrario di fronte ad un genocidio, che utilizza tutti i mezzi a propria disposizione per completare il lavoro e farla franca, dovremmo seriamente preoccuparci, perché l’unità di intenti tra Israele, comunità ebraiche, e governo italiano, potrebbe solo essere interpretata come una impresa collettiva di manipolazione della realtà e di riscrittura della storia.
Il fatto che “educare, garantire sicurezza, e combattere la disinformazione” siano le parole d’ordine che il ministro dell’interno Piantedosi ha enunciato, deve farci leggere con attenzione i disegni di legge che il governo sta portando avanti. Da quello per riformare l’università, che deve essere più controllabile dal governo, a quello Gasparri. Quest’ultimo, adottando la definizione di antisemitismo dell’IHRA che equipara antisemitismo alla critica ad Israele, offre gli strumenti repressivi necessari allo scopo. Non solo: università e scuole dovranno organizzare corsi annuali per studenti e percorsi formativi per docenti, per contrastare l’antisemitismo, inteso ormai come messa in discussione dello stato di Israele e delle sue azioni. E’ previsto anche un monitoraggio interno nelle scuole, per cui docenti che violassero le nuove regole rischiano anche la sospensione.
Si prepara quindi un futuro in cui la verità verrà ristabilita, con le buone o con le cattive, secondo un progetto condiviso da governo italiano, unione delle comunità ebraiche, e stato di Israele.
La storia stravolta e il futuro da ricostruire, quindi, significa questo: riscrivere la storia, ristabilire la verità, e su questo costruire un futuro.
Nel romanzo di fantascienza 1984 di George Orwell, il “Partito” riscrive continuamente la storia per consolidare il proprio potere. Il suo slogan era questo: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.”
Simone Sorani
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