OGM – Il Consiglio di Stato dà incredibilmente il via libera alla coltivazione di un mais Monsanto.

  • Tempo di lettura:3minuti
image_pdfimage_print

2010-02-02 10:19:59

>[Il Manifesto, 02/02/2010]<br />Esultano le lobby, insorgono gli ecologisti. Salvate il ministro Zaia. O almeno non lasciatelo solo, tutto compresso com’è tra un governo filo Ogm (il suo), e una regione pro biotech come il Veneto (la sua), che a fine marzo potrebbe sceglierlo come governatore. L’uomo, dicono gli ambientalisti, sembra essere in buona fede, e anche in queste ore si sta battendo a colpi di vanga contro le lobby pro Ogm che ormai dilagano. Come se non bastassero le tonnellate di redazionali mascherati da articoli che da mesi seminano propaganda sul Corriere della Sera e su Il Sole 24 Ore, il colpo più basso è stato inferto l’altro giorno da una incredibile sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso presentato da un «contadino», tal Silvano Dalla Libera, che tra le altre cose è anche vicepresidente di Futuragra e adesso si spaccia per «il primo agricoltore italiano che potrà seminare Ogm» (oggi, insieme ad altri mandanti del grave attentato al sistema agricolo italiano, festeggerà a Milano con una conferenza stampa). Cosa dice la sentenza? Che il ministro Zaia deve autorizzare la coltivazione di semi modificati già approvati a livello comunitario, e senza attendere la decisione delle linee guida che ogni paese è tenuto ad elaborare per stabilire le regole della coesistenza tra agricoltura Ogm e agricoltura tradizionale o biologica (principio cardine: chi inquina paga, perché gli Ogm infestano i campi limitrofi, e questo è un fatto). Queste linee guida, ipotizzano gli ambientalisti, già esistono, solo che a due mesi dalle elezioni regionali nessun governatore potrebbe permettersi di sostenere la linea pro biotech che sottotraccia ispira la filosofia di questo governo. Va precisato che l’unico Ogm autorizzato per la coltivazione in Europa è il mais Mon 810 di Monsanto. Prodotto con una fama pessima. Oltre ai test che ne dimostrano la pericolosità (tanto che Francia, Austria, Ungheria, Germania, Grecia e Lussemburgo lo hanno bandito invocando la clausola di «salvaguardia »), la sua autorizzazione è scaduta nel 2008. Il ministro Zaia la sua parte la sta facendo, e per questo riscuote gli applausi del variegato sottobosco ecologista. «Rispettiamo la sentenza del Consiglio di Stato, ma ricorreremo in tutte le sedi. Faremo opposizione perché siamo convinti di rappresentare i tre italiani su quattro che non vogliono Ogm». Posizione che sfonda «a sinistra», si fa per dire. Francesco Ferrante (ala ecologista isolata del Pd) invita il ministro ad appoggiare un emendamento al decreto Milleproroghe che propone di sospendere la «sperimentazione in campo aperto» e «l’avvio delle coltivazioni Ogm prima dell’adozione dei piani di coesistenza». Nello Di Nardo (Idv) parla di «sentenza devastante che attenta alla biodiversità e al nostro ricco patrimonio agroalimentare». E Mario Capanna, presidente della Fondazione Diritti Genetici, approfittando della generosa ospitalità che il Giornale gli concede ogni lunedì, si permette il lusso di importunare il padrone di casa, cioé Berlusconi: «Illustre Presidente, sugli Ogm il governo la pensa come Zaia?». Ma attenzione, la pressione nostrana non basta. Perché non c’è argomento transnazionale come questo. Domani, e dopo, per esempio, a Bruxelles, si riuniscono i paesi produttori di mangimistica non-Ogm (l’Europa importa 30 milioni di tonnellate di soia all’anno). Tema fondamentale, poiché le lobby pro biotech si ostinano a dire che già oggi i nostri animali si cibano di Ogm (ed è vero), per cui non avrebbe alcun senso vietarli. Ma «il cavallo di Troia» non sta in piedi. Primo: un conto è importare i semi, un conto è coltivare un campo. Secondo: per sfamare le mucche che danno il latte al consorzio del Parmigiano reggiano, per esempio, basterebbe cambiare fornitore, servendosi dai paesi che garantiscono prodotti liberi da Ogm. <br />Luca Fazio

The following two tabs change content below.

Redazione

Il gruppo di redazione della rivista edita da perUnaltracittà