Bignè pieni di odio: questa oggi è Israele

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Il ritorno del “mostruoso”, come lo definiva Gunther Anders, accompagna purtroppo questi nostri tempi. Come non definire “mostruoso” il genocidio che Israele sta perpetrando nei confronti del Popolo Palestinese, inerme, affamato e ridotto all’estinzione per carestia?

Il “mostruoso” impregna di sé anche gli aspetti più banali della vita quotidiana di quel paese, ormai destinato, speriamo rapidamente, a soccombere alla feroce tracotanza che esprime. Nella città di Modi’in-Maccabim-Re’ut, illegalmente costruita sui territori occupati della Cisgiordania, nei giorni scorsi in una pasticceria sono stati esposti numerosi vassoi con invitanti bignè glassati (éclair) sulla cui superficie è scritto: “lasciate che l’esercito israeliano li colpisca duramente”, o, letteralmente, “CHE L’IDF LI FALCI”.

Credit: Josie Glausiusz

Una delizia per bambini, glassata e invitante – afferma la giornalista Josie Glausiuz del quotidiano Haaretz – è “inchiostrata” con un messaggio violento, pensata per essere gustata mentre i bambini di Gaza sopravvivono ad andare bene con un pasto, o una pita , al giorno. Gli éclair sono decorati con piccole bandiere israeliane che spuntano dall’interno.

La parola ebraica scritta sugli éclair significa “falciare“, come tagliare l’erba, ma “falciare” è anche un eufemismo per qualcosa di più brutale. “Tagliare l’erba” è un termine diventato popolare sin dal 2013 per riferirsi alla “strategia di logoramento” di Israele, progettata principalmente per indebolire la resistenza dei Palestinesi. In parole più semplici, “falciare l’erba” significa bombardare periodicamente Gaza per garantire a Israele una temporanea tranquillità.

Che dire di una società che non si rende più conto del livello di brutalità cui si è ormai ridotta? Non si può instillare l’odio in maniera così capillare e seducente mentre a pochi chilometri di distanza i Palestinesi non hanno di che mangiare, di che bere, di che curarsi. Si accalcano in code disumane per strappare un pugno di riso o di lenticchie da condire addirittura con la terra.

Moria Shlomot, CEO del Parents Against Child Detention, ha scritto: “Mentre i bambini di Gaza muoiono di fame, i figli di Israele mangiano éclair pieni di odio. Éclair avvelenati. È sconvolgente”. Ha aggiunto: “A oltre 10.000 bambini di Gaza è stata diagnosticata una malnutrizione grave e più di 1.600 bambini soffrono di malnutrizione acuta grave”, dall’inizio del 2025, come riportato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari.

Non è che gli israeliani non sappiano o non possano informarsi. Sono numerosi i servizi giornalistici che documentano la situazione di Gaza, ma l’indifferenza, e quindi la complicità, continuano a dominare. Non è che il cibo manchi. Oltre 116.000 tonnellate di aiuti alimentari premono alle porte dei varchi di Gaza, la ferocia israeliana li sta bloccando.

Tornano alla mente le parole di Gunther Anders quando, rivolgendosi al figlio di Eichmann, scriveva: “Si accorge di qualcosa, Klaus Eichmann? Si accorge che il cosiddetto “problema Eichmann” non è un problema di ieri? Che esso non appartiene al passato?” Anders ci avverte: la banalità del male è sempre dietro l’angolo e in questo frangente Israele ne è il campione. Da vittime a carnefici.

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Antonio Fiorentino

Architetto, vive e lavora tra Pistoia e Firenze dove rischia la pelle girando in bici tra bus, auto e cantieri. E’ un esponente del Gruppo Urbanistica di perUnaltracittà di Firenze, partecipa alle attività di Comitati di Cittadini e Associazioni ambientaliste.

1 commento su “Bignè pieni di odio: questa oggi è Israele”

  1. Angelo M. Cirasino

    Questo è “l’orrore” perfetto di cui parla Kurtz, più che la “banalità del male” illustra la sua diabolica ironia. Ma come stupirsi dell’odio, quando noi stessi continuiamo a rimpinzarci ogni giorno di beata ignoranza? Quando, a questo infernale banchetto, ancora nessuno di noi si siede “dalla parte del torto”?

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