Di Mondeggi, del Bene Comune e della legittimità

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Negli ultimi mesi a Mondeggi (MBC) si è sviluppato un dibattito intorno al concetto di Bene Comune (BC), ovvero su come continuare a declinarlo nel concreto di questa esperienza che, come dichiara la sua denominazione, si fonda proprio sulla capacità di promuovere processi di riappropriazione gestionaria del territorio da parte della comunità.

Il BC e i significati che vi sono connessi sono tornati agli onori del dibattito culturale dopo un lunghissimo periodo di oscuramento. In Occidente, a partire dagli ultimi secoli del Basso Medioevo, avevano infatti cominciato ad imporsi le concezioni individualistiche ed utilitaristiche tuttora dominanti che avevano costretto il BC nello schema bipolare pubblico/privato caratteristico della tradizione giuridica romanistica, ottenendone la progressiva marginalizzazione.

downloadLa sua attuale ripresa è opera della critica, portata avanti da movimenti anti-sistema e da intellettuali non conformisti, a quella visione del mondo e dell’associazione umana attualmente dominante a livello globale, nonostante mostri sempre più di aver esaurito qualsiasi credibilità etico-culturale oltre che qualsiasi funzionalità socio-economica.

Tale ritorno è stato sancito anche sul piano istituzionale dalla sentenza n. 3665 delle Sezioni Unite della Cassazione che, il 14 febbraio 2011, ha introdotto il BC nella giurisprudenza della Suprema Corte stabilendo che questa tipologia di bene «è da ritenersi, al di fuori dell’ormai datata prospettiva del dominium romanistico e della proprietà codicistica, “comune” vale a dire, prescindendo dal titolo di proprietà, strumentalmente collegato alla realizzazione degli interessi di tutti i cittadini».

Al di là del lessico specialistico ciò significa che si riconosce al BC una specificità che non può essere assimilata a quella del bene di proprietà pubblica, in quanto la loro duplice appartenenza alla collettività e all’ente pubblico comporta per quest’ultimo gli oneri di una “governance” che renda effettive le varie forme di godimento e di uso pubblico del bene.

Come sottolinea il giurista Carlo Alberto Graziani in un articolo su Glocal, riferendosi ai Beni Comuni in generale e a MBC in particolare, esiste dunque un oltre la proprietà, un oltre le altre situazioni giuridiche escludenti; e il Bene Comune si situa proprio in questo oltre. Graziani aggiunge che questa acquisizione determina delle conseguenze: una di esse implica che la Città Metropolitana (che ha rilevato la proprietà di Mondeggi dalla dismessa Provincia) «non può compiere atti, e se li compie sono invalidi, che incidano direttamente o indirettamente su quei valori che corrispondono a diritti fondamentali dei cittadini (…)». E quali siano tali atti, viene indicato chiaramente: «Così, ad esempio, il proprietario non può escludere la naturale fecondità della terra attraverso l’edificazione, l’uso sterilizzante dei fertilizzanti chimici, l’immissione di sostanze venefiche, la costruzione di discariche o di bacini idroelettrici; non può modificare la morfologia del terreno riempiendo fossi, spianando colline, impiantando campi eolici o fotovoltaici; non può disboscare». Non solo, ma l’eventuale alienazione del Bene sarebbe perciò invalida «qualora non fosse espressamente condizionata al mantenimento della tradizionale destinazione agricola, alla conservazione del paesaggio e, sia pure con i necessari limiti, all’accesso al pubblico; sarebbero altresì invalidi gli atti organizzativi che comportassero un assorbimento di lavoro inferiore alle potenzialità».

Graziani non è l’unico giurista che ha pubblicamente appoggiato MBC prendendone spunto per approfondire la riflessione: tra gli altri hanno portato un importante contributo anche Ugo Mattei e Paolo Maddalena. Proprio l’ex presidente della Corte Costituzionale, in un documento inviato a MBC il 15 novembre scorso, ha sostenuto che la posizione «dell’assessore al patrimonio della Città metropolitana di Firenze non può essere condivisa. […] Secondo l’art. 42 Cost., “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Ciò significa che l’Ente Città metropolitana, proprietario privato dei terreni in questione, avendoli abbandonati, ha violato l’obbligo di “assicurarne la funzione sociale” e, quindi, ha perduto, per disposto costituzionale, l’appartenenza stessa di questi beni, i quali, sempre per disposto costituzionale, sono tornati lì da dove erano venuti, cioè nella “proprietà collettiva” del Popolo, che è “proprietario del territorio a titolo di sovranità”».

Sempre Maddalena – citando l’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione secondo il quale i cittadini, singoli o associati, possono svolgere “attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà” – mette in luce come appaia evidente «che il gruppo di cittadini che ha continuato a coltivare detti terreni, ha svolto un’attività altamente lodevole, poiché ha salvato la “funzione sociale” di quei beni medesimi, evitando ulteriori danni all’intera Collettività». E conclude soggiungendo: «se ci sono contadini che desiderano coltivare i terreni in questione, essi sono i benvenuti e possono certamente aggiungersi a coloro che già svolgono questa attività».

Come si può vedere, spesso le politiche istituzionali non sono neanche soccorse dall’impianto giuridico vigente benché, come in ogni società, esso rappresenti la traduzione sul piano del diritto della visione politico-culturale egemone. Il che chiama in causa altre domande sul rapporto tra legalità e legittimità. Ad esempio questa: che legittimità hanno istituzioni che reclamano il rispetto di una legalità alla quale, secondo la fondata opinione di molti autorevoli giuristi e la cronaca giudiziaria degli ultimi decenni, contravvengono quotidianamente?

*Francesco Valente, Mondeggi Bene Comune Fattoria Senza Padroni

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Francesco Valente

Francesco Valente è un attivista di Mondeggi Bene Comune

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