Il Presidio è la casa, il Parco è il suo giardino. [Dall’autodifesa alla riappropriazione]

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E’ passato più di un anno da quando abbiamo capito che avevamo bisogno di nuovi strumenti, necessari per opporci alle due grandi opere inceneritore ed aeroporto. C’era bisogno di un rapido aggiornamento, i binari dell’informazione e della presa di coscienza degli abitanti da una parte e quello dell’avvio dei lavori dall’altra, correvano vicini e si aveva la netta sensazione che non si sarebbero mai incontrati.
Come avremo potuto fermarli? Farci ancora sentire? Impedire davvero l’avvio dei lavori? Non c’era altra strada, dovevamo frapporci, dovevamo insediarci sul territorio, iniziando un processo virtuoso di riappropriazione di quei luoghi.

Abbiamo scelto il luogo, cento metri dall’ingresso di case passerini, esattamente sul tracciato progettato della pista, nel cuore della Piana, nel bel mezzo di quello che doveva essere il Parco della Piana.

unnamedCi serviva uno strumento pratico per fermare i camion, per darsi ritrovo, per impedire i lavori, per disturbare gli eventuali cantieri; ma ci serviva anche una Casa, un luogo per confrontarsi, per unire le forze, conoscersi. Ci serviva infine un luogo che dimostrasse a chi era venuto a speculare sul nostro territorio, che non avrebbe avuto vita facile, che ci avrebbe trovato al nostro posto.

Il nostro posto appunto. Da sei mesi tutto questo esiste. Dove c’era abbandono ora esiste un luogo di lotta e di proposta, lo abbiamo costruito in tanti, materialmente certo ma soprattutto vivendolo lo abbiamo fatto nostro, insieme abbiamo messo la prima pietra, i primi cento alberi del Parco della Piana, dalla teoria siamo passati alla pratica, le trivelle fermate, le serate di cinema all’aperto, Giannotti che invoca la polizia per impedire l’accesso a case passerini, il mercatino e il teatro, fino ad arrivare ai sigilli posti alla struttura il mese scorso.

Si perché la struttura del presidio, nata con pali in legno e tende coprisole, è andata via via irrobustendosi, come i legami tra chi giorno dopo giorno ha dedicato tempo, forza e volontà alla realizzazione della Casa di tutti, il legno è diventato ferro, le tende acciaio e poi le pareti, i pavimenti, le finestre, sono diventati reali sotto i nostri occhi. Tutto questo non è piaciuto a chi aveva pensato per quel luogo, industrie di morte e colate di asfalto, e dalla fine di novembre la nostra Casa è stata posta sotto sequestro.
Un atto assurdo ed illegittimo: si mette sotto sequestro una struttura che è un luogo comune di incontro solidale, e si è taciuto e si tace su cementificazioni e magastrutture senza qualità, dalla Scuola dei carabinieri, alla discarica, alla costruzione di agglomerati informi che servono solo ad ingrassare la rendita fondiaria e immobiliare.

Da qui si riparte, tanto più che nel frattempo i lavori per entrambe le opere hanno avuto uno stop, nessuno sa quanto duraturo, ma comunque abbiamo guadagnato tempo. Questo tempo è il tempo della riappropriazione, per rendere concrete le nostre istanze, le nostre alternative, dalla raccolta differenziata, all’uso del territorio, devono adesso trovare applicazione, devono fare come noi, passare dalla teoria alla pratica.

Per questo diciamo a tutti quelli che si sentono parte attiva di questo percorso, che adesso è il momento di ritrovarsi attorno agli obbiettivi comuni che ci hanno unito oramai due anni fa, quando siamo partiti e abbiamo iniziato a fare pressione ad immaginare una convergenza delle lotte.

Ora dobbiamo spingerci più in là, praticare le alternative, dobbiamo fare il Parco, finire di costruire la nostra Casa, dare forma e testa ad un movimento che non chiede solo di fermare qualcosa, ma pretende che si vada avanti diversamente, e che fa tutto quello che serve per arrivare a determinare un differente uso del nostro territorio, una differente gestione dei rifiuti; ma soprattutto rivendichi un peso, il peso della nostra militanza nelle scelte che si vorrebbero imporre nei territori, perché l’esperienza di questi anni si continui a coltivarla nella pratica.
La nostra scelta, è dettata dalla consapevolezza del sostegno e della legittimità di chi ha a cuore il futuro, la salute e la sostenibilità del nostro territorio, consapevole anche che questo può non coincidere con il concetto di “legalità” della nostra controparte. La stessa “legalità” con cui ci vorrebbero imporre le grandi opere.

Per rilanciare le attività del Presidio e del Parco, proponiamo di costruire un “luogo” dove le scelte siano comuni e condivise, immaginando di creare un assemblea del Presidio che raccolga tutti quelli che hanno costruito questo percorso, e tutti i nuovi che verranno, dove poter dare forma, testa e unione di intenti ai “laboratori delle alternative” che si sono prodotti in questi anni di lotte.

Per trasformare quello che volevano diventasse un luogo di morte, in un luogo di vita; quello che doveva essere un luogo da cui scappare, nella nostra casa e nel suo giardino.

Ci vediamo il 12/01 alle ore 21.00 a Villa Montalvo (Sala Nesti).

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