Suolo a perdere

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Dall’”utopia” degli ambientalisti del “secolo scorso” alla “fatevi in là e lasciateci lavorare” dei “finanzieri di complemento” d’oggi  – riflessioni a ruota libera a quasi trent’anni dalla nascita del Movimento No Tav della Valle di Susa.

Cari amici,
non voglio insegnare ad arrampicarsi ai gatti (infelice traduzione in italiano di una espressione tipicamente piemontese). Non Vi porto quindi riflessioni originali sul tema della Valutazione d’Impatto Ambientale & dintorni di cui siete esperti apprezzati e riconosciuti. Ma (anche per “giustificare” il titolo del mio intervento) voglio offrirvi la testimonianza (ahimé datata) di un ex giovane ed ex ambientalista di belle speranze, sulle illusioni dell’epoca remota in cui rivendicavamo il recepimento da parte dell’Italia della normativa comunitaria. Ci si illuse che ai proponenti l’opera fosse imposto di far redigere gli studi di impatto ambientale da enti terzi o perlomeno che fossero vincolati a finanziare le contro-deduzioni ai portatori di interesse diffuso (di modo che piccoli comuni,  associazioni e semplici cittadini potessero quantomeno rivolgersi a Università e professionisti di valore equivalente a quello dei consulenti di parte)! La cosa fu poi resa ugualmente e gratuitamente possibile dall’etica professionale di tanti docenti, ricercatori e tecnici, alcuni dei quali presenti oggi qui in questa sala).

Ma sappiamo com’è andata a finire; oggi gli elaborati di VIA, VAS, VIS ecc sono divenuti una sorta di rituale preliminare alla approvazione formale dei progetti; persone preposte alla verifica chiudono un occhio (anzi due), salvo poche lodevoli eccezioni da parte di quella specie in via di estinzione che sono i funzionari più preparati e integerrimi (ma che vengono regolarmente trasferiti ad altri incarichi…). Lo sapete meglio di me; lo certificano gli articoli del presidente Poalo Baldeschi. Ma neanche una simile prassi consolidata pare sufficiente al partito del tondino e del cemento se a partire dalla famigerata Legge obiettivo fino al “micidiale” decreto legislativo 401 si prova ininterrottamente di fare piazza pulita di qualsivoglia procedura possa rappresentare un vincolo alla cementificazione definitiva del paese.

Fatta questa banale ma comprovabile premessa provo a darVi – (ringraziandoVi per l’invito) – alcune notizie sullo stato dell’arte di quella che è diventata – nostro malgrado – “la madre di tutte le Grandi Opere”: niente di nuovo per quelli tra Voi che ci seguono da anni con simpatia e che spesso ci hanno dimostrato solidarietà politica e concreta; e che sanno che da parte degli stessi proponenti della realizzazione di una nuova ferrovia tra Lione e Torino si è spesso affermato (a “microfoni spenti”)  che in una ragionevole scala di priorità la “nostra Grandeopera” avrebbe dovuto essere collocata all’ultimo posto (persino in uno scenario di imponente rilancio infrastrutturale): diversi giornalisti d’inchiesta (altra specie da sottoporre a tutela) ci hanno riferito più volte di battute in  tal senso da parte dell’ex plenipotenziario di FS, di ministri e vice, di sottosegretari e persino di responsabili della “struttura di missione” del ministero di piazza della Croce Rossa; per non dire di dirigenti delle stesse Alpetunnel/LTF (oggi TELT) incaricate di promozione, progetto e realizzazione del cosiddetto TAV tra la Francia e il nostro paese: che aggiungevano che l’impianto di un cantiere in Valle di Susa era divenuto priorità assoluta perché non la si poteva dar vinta a un movimento di protesta così determinato (e reso così visibile dalla rivolta popolare del 2005 nel paese-simbolo di Venaus) pena il rischio di emulazione in ogni parte del paese.

E’ in tale contesto e con tale mandato che tutti i governi successivamente in carica (e a tutti i livelli) istituiranno e ratificheranno ogni desiderata della lobby-promotrice: dalla  creazione di un Osservatorio Tecnico inizialmente spacciato come luogo di verifica rigorosa della utilità dell’opera ma divenuto via via luogo di “fabbricazione di consenso istituzionale e di contrattazione di compensazioni”. Compensazioni che – (come vi è ben noto per l’esperienza del Mugello e non solo) – hanno come scopo principale quello di far lievitare i costi per la collettività con opere accessorie, non di rado ancora più inutili di quella principale, quasi sempre realizzate dalla stesse Associazioni Temporanee di Impresa, che completano in tal modo l’annullamento del ribasso d’asta già abbondantemente rosicchiato dalla gestione diretta e insindacabile del Progetto Esecutivo, dalle Varianti in Corso d’Opera, dalle Riserve (che sfociano sempre più spesso in contenziosi legali) e dalle Revisioni Prezzo gestite a mezzadria con conniventi Direzioni Lavori.

Ma, tornando in Val di Susa, il nostro tentativo di resistere anche all’impianto del cantiere traslocato (con tanto di appalto alla stessa ATI targata CMC) dalla “Borgata 8 dicembre di Venaus alla Maddalena di Chiomonte ha “giustificato” la dichiarazione di sito strategico-militare dell’intera area destinata allo scavo del cunicolo geognostico; sondaggio propedeutico alla realizzazione delle gallerie ferroviarie vere e proprie (come le tre discenderie realizzate anni prima in Val Maurienne). Una prassi divenuta peraltro ormai routine in ogni luogo dove si vuol “consumare” un appalto e si teme che qualche comitato di cittadini possa “disturbare i manovratori”. Ma non vorrei essere frainteso: nessuno di noi si è pentito di aver dato vita alla “Libera Repubblica della Maddalena (l’occupazione del territorio successivamente “conquistato” militarmente da esercito e ff.oo.): una occupazione “legale” la nostra, al punto di aver persino pagato la tassa sul plateatico per impiantare la cucina da campo e le tende per lo svolgimento degli incontri politici culturali e musicali per quel mese d’estate del 2011! Anche se gli episodi di resistenza della notte tra il 26 e il 27 giugno sono divenuti atti processuali e la Magistratura torinese ha sposato acriticamente le tesi della questura spingendosi successivamente nel tentativo di assimilarli a terrorismo! Tentativo rigettato più volte e definitivamente dalla Cassazione!

Abbiamo prove sufficienti (e non solo in Italia) che l’esito della pressione sempre maggiore esercitata dalle lobby finanziarie (di cui i governi nazionali sono ormai una dipendenza funzionale) è sempre più spesso l’uso della forza per imporre una industria inquinante, una infrastruttura, una servitù. L’ultimo in ordine di tempo il TAP dove nulla di paragonabile alla lotta trentennale della Valle di Susa era in atto, ma dove i blitz delle ffoo per consentire l’”espianto” degli ulivi hanno seguito il medesimo (violento) copione. E dove – soprattutto – non sono neanche comparse sui media mainstream le ragioni del no che se non altro in Val di Susa nel 2005 sfondarono il muro di omertà anche se successivamente sono state “coperte” col clamore mediatico della “ribellione antagonista”: mentre per quanto riguarda il Salento vi sfido a trovare in un quotidiano di tiratura nazionale o in un servizio radiotelevisivo qualcosa che non sia la messa in ridicolo della patetica volontà di tutelare un centinaio di alberi d’ulivo… Non una parola sulla politica energetica scellerata che ha portato alla dislocazione di rigassificatori a macchia di leopardo e ai contratti capestro “vuoto per pieno” legati alla proliferazione di gasdotti a più latitudini! 

E allo stesso modo solo chi di Voi ci segue con interesse e generosa partecipazione sa quel che l’opinione pubblica è tornata ad ignorare perché oggi della Valle di Susa si parla solo per sostenere che ormai la Torinolione è cosa fatta (auto-censurando le immagini dello stupore disegnato sul volto degli inviati quando arrivano per filmare i Frecciarossa sotto il Moncenisio): che la Commissione europea ha già ipotecato il bilancio UE a favore di TELT oltre il 2019 (cosa semplicemente non concedibile in alcun modo). Quanto a noi anche se da un po’ di tempo non illuminiamo coi bengala il cantiere (peraltro fermo da mesi) non abbiamo mai smesso di ammassare quelle che chiamiamo “barricate di carta”.

Sapete (anche perché alcuni di Voi hanno attivamente contribuito alla sua costruzione e svolgimento) che abbiamo interessato non solo alla nostra vicenda, ma all’intera “filiera” della Grandi Opere Inutili e Imposte, il Tribunale Permanente dei Popoli (già Tribunale Russel) e che la sua autorevole sentenza ha condannato senza appello le procedure di promozione, approvazione, finanziamento e realizzazione di tali progetti. Una sentenza che non è esagerato definire storica anche perché per la prima volta l’organismo internazionale ha messo sotto accusa le celebrate istituzioni democratiche della vecchia Europa abbattendo un tabù che fin qui aveva confinato la prepotenza (e la violenza) istituzionale in altri continenti. Una sentenza ovviamente non penalizzante ai fini delle sanzioni legali ma da cui credo sia lecito aspettarsi effetti politico-culturali nel lungo periodo di cui noi stessi forse non siamo ancora del tutto consapevoli.

Ma non intendiamo rinunciare a richiamare la magistratura “ordinaria” ai suoi doveri di imparzialità e vigilanza sia per quanto riguarda la repressione dei comportamenti violenti da qualunque parte vengano, sia per le sempre più evidenti commistioni tra Grandi Progetti, corruzione, criminalità organizzata su cui non sembra sia stato messo in campo tutto quanto servirebbe a azzerare davvero il fenomeno. Stiamo preparando l’ennesima e circostanziata denuncia al riguardo. Per quanto riguarda le procedure non ci siamo assolutamente arresi a tutte le clamorose forzature che da Bruxelles a Giaglione, (dalla Commissione UE alla Giunta dell’Ultimo Municipio arruolato dai proponenti), ci troviamo quotidianamente sui tavoli. Dalle continue deroghe a leggi e regolamenti, alle difformità tra progetti ed esecuzione dei lavori, dalla mancata attuazione delle prescrizioni CIPE (cui pure erano subordinate tassativamente le approvazioni) sino alle singolari modalità di svolgimento della VIS del cantiere propedeutico di Chiomonte che legittimano  comprensibili dubbi su come potrà essere monitorata l’eventuale grande opera vera e propria e i suoi effetti sulla salute dei cittadini esposti. (Del resto chi l’ha firmata fu oggetto di una severa censura da parte del Tribunale di Taranto per una perizia “benevola”  a favore della famiglia Riva proprietaria dell’ILVA…).

Di alcune di queste azioni allego delle “schede (vedi in fondo) perché – se lo riterrete utile e opportuno – possiate inserirle negli eventuali atti o trasmettere i contenuti odierni ad altre reti di comitati o singoli  cittadini impegnati nell’attività ormai in odore di eroismo di difesa del territorio. 

Concludo segnalando che la cattiva gestione istituzionale completamente delegata alla lobby e la complementare disinformazione organizzata riescono a rendere dannosi persino gli aspetti positivi ormai  consolidati che la lotta No Tav della Valle di Susa ha prodotto spesso con effetti vantaggiosi per l’intero paese:

La cosiddetta opzione Low Cost che ha costretto a rivedere drasticamente il progetto ha ridotto l’intervento (sempre che riescano a farlo) alla sola galleria di base tra Val Maurienne (St.Jean) e Val di Susa (Bussoleno). 57 Km di galleria, 8 miliardi di euro a preventivo (!), che rischiano però di venire spesi nella sezione di linea meno trafficata il che – paradossalmente – certifica le nostre tesi di sostenibilità del traffico futuro (sempre che aumenti) da parte della linea esistente (visto che questa subirebbe interventi marginali proprio nella sezione oggi più affollata)! Ma si sa: le TBM (costruite in Cina, assemblate in Canada e finanziate da banche svizzere e comunitarie sono già state ordinate e gli interessi – quelli che aumentano incessantemente il nostro debito pubblico –  corrono anche quando le “talpe” sono ferme…).

E soprattutto si continuerebbe a scavare nel massiccio d’Ambin, sotto il Moncenisio, dove secondo uno dei pochi studi indipendenti commissionati dalla UE alla società di ingegneria danese COWI andrebbe persa per sempre una quantità d’acqua pari a quella sufficiente a dissetare una città di un milione di abitanti: fino a qualche giorno fa la siccità pareva essere l’incubo del presente, ma resta il peggiore incubo del futuro. Ma nessun “giornalista d’inchiesta ” è andato oltre la denuncia degli acquedotti colabrodo mentre quelli di palazzo hanno invocato la costruzione (in conto ANCE) di tanti nuovi grandi e piccoli bacini ovunque. Movimento terra per tutti

Infine le merci. Presidenti della Repubblica e del Consiglio si sono appena avventurati sulla nuova “Via della Seta” ma un ministro dei trasporti non riesce a liberarsi di “impegni istituzionali precedentemente assunti” per recarsi a Viareggio (giovedì 29 giugno) per ricordare 32 vittime innocenti di scellerate politiche e criminali manutenzioni. Se avessi tempo vi illustrerei i rischi per una città come Torino della decisione di allocare le poche risorse disponibili in un tunnel sotto le Alpi invece che un semplice binario di superficie ai bordi dell’area metropolitana. Mi limito quindi a ricordare qui i morti di Viareggio, e un grande amico di molti di noi: l’ingegner Ivan Cicconi senza la cui passione etica e politica molte delle denunce di cui sopra non sarebbero mai state possibili.

*Claudio Giorno

Relazione presentata in occasione dell’Assemblea dei Comitati toscani per la difesa del territorio – sabato 1° luglio a Firenze –  Teatro dell’Affratellamento, via Gian Paolo Orsini 74

Scheda 1 – Annotazioni sul consumo di suolo

Scheda 2 – TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI: Dal Tav alla realtà globale

Scheda 3 – L’accattivante Valutazione di Impatto sulla Salute del cantiere Tav a Chiomonte

Scheda 4 – VIA e dintorni, annotazioni sulla Val di Susa

Scheda 5 – Osservazioni sulla composizione della commissione di VIA

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Claudio Giorno

Claudio Giorno, residente in Val Susa e fondatore del "Comitato Habitat" è tra gli animatori della campagna No Tav

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