Arriva Draghi in una economia drogata da finanza, grandi opere inutili e privatizzazioni

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Pochi giorni fa volevamo scrivere qualcosa sulla miopia di molti osservatori, anche a sinistra, che guardavano alle piroette di Renzi mentre, contemporaneamente, non erano capaci di guardare oltre il personaggio spregiudicato, a cosa si muove davvero nel mondo reale, quello della crisi infinita del capitalismo. La cronaca ha svelato l’arcano quando è apparso finalmente il sereno monarca d’Europa, Mario Draghi,
come possibile nuovo Presidente del Consiglio e messo in ombra il giullare di Rignano.
Osservando la cronaca delle dichiarazioni che si accavallavano sulle mitiche possibilità offerte dal Next Generation EU (i soldi promessi dall’Unione Europea) era facile vedere come gli appetiti dell’élite italiana, ben rappresentati da Confindustria, si scagliassero contro i sussidi a quei settori più colpiti e rivendicassero “investimenti produttivi”; guardando meglio si trattava soprattutto di avere aiuti alle grandi
imprese e l’insistente riproposta di investimenti in infrastrutture, la solita ricetta fallimentare del capitalismo italico. Naturalmente i politici di tutti i colori immaginavano le più fantasiose “realizzazioni strategiche” per “restare in Europa”, per “il rilancio del paese”.

Insomma il “sussidistan” a piccole imprese, artigiani, commercianti, lavoratori rimasti senza lavoro, disprezzato come spreco dal cinico presidente della Confindustria, doveva trasformarsi in un bel “sussidistan” per i principali capitali italiani messi a rischio dai ben più forti capitali del nord Europa. L’insofferenza verso Conte e gli ultimi arrivati in politica che avrebbero potuto mettere le mani sul tesoretto europeo era palese; quando il gioco si fa redditizio escono i veri squali che fanno sul serio. È bene sempre ricordare come uno degli strumenti principali di sussidistan per i ricchi e per le borse sono da tempo le grandi opere inutili, fenomeno esploso dalla fine degli anni ‘80 assieme al quello delle privatizzazioni. Le caratteristiche di tali progetti sono tipiche di questa fase sistemica e solo una politica cieca e succube non riesce a vederle: grandi dimensioni, poca o nulla utilità, controlli inesistenti, difficoltà progettuali e rallentamenti in corso d’opera con conseguente aumento dei costi, molto spesso errori tali da lasciare lavori incompiuti. In compenso si muovono grandi quantità di denaro che possono fluire nel mercato finanziario, cioè nelle possibilità della speculazione che domina l’economia occidentale.

È bene ricordare, come fa Matteo Bortolon, cosa diceva Mario Draghi quando, in veste di direttore generale del Tesoro, coordinò la svendita e lo smantellamento di buona parte del sistema industriale italiano: “La privatizzazione delle grandi società pubbliche ha accresciuto l’offerta di capitale di rischio per importi senza precedenti. Il risultato di questi fattori ha conferito al mercato di borsa un’importanza che non aveva mai avuto nel corso della sua esistenza, relegato come era stato – fin dagli anni trenta – in una funzione del tutto sussidiaria rispetto ad un sistema che era fondamentalmente «bancocentrico». Inoltre, con l’entrata in vigore del testo unico sulle banche (che ha introdotto forti elementi di concorrenzialità nel sistema bancario) e del decreto legislativo n. 415 (che privatizza la borsa e valorizza quegli aspetti di libertà imprenditoriale che ho ricordato), nonché con la privatizzazione di gran parte delle banche pubbliche, è venuta progressivamente meno quella tutela pubblicistica del risparmio che aveva caratterizzato l’economia italiana dalla legge bancaria del 1936 ai nostri giorni. A ciò si è aggiunta l’accentuata concorrenza internazionale su scala mondiale soprattutto per quanto riguarda le attività finanziarie”. Insomma è stato lo sdoganamento del turbocapitalismo che ci ricordava il compianto Luciano Gallino; tra i suoi strumenti anche le grandi infrastrutture.
Cosa sia accaduto in seguito lo abbiamo vissuto direttamente con un trasferimento secco di ricchezza della quota del PIL per salari a quella per profitti e rendita. Da non sottovalutare anche il fatto che un vaso di coccio come l’Italia, gettato nella gabbia di elefanti della finanza internazionale, non riesca a schiodarsi da una costante stagnazione intervallata da periodi di recessione.

Adesso è iniziato un nuovo “governo del tecnico”, quel tipo di governo che si è dimostrato più politico di tutti gli altri perché svela davvero cosa sia la lotta di classe, cioè mette in pratica, senza mediazioni, la volontà dell’oligarchia al comando, italiana, ma soprattutto internazionale. Sicuramente finiranno o si ridurranno i miseri aiuti a chi ha perso molto o tutto, le brame confindustriali di abbattere il sussidistan” che non li riguarda si avvereranno; inizierà una ristrutturazione del sistema economico, il che significherà – secondo le dichiarazioni di Draghi – salvare le imprese produttive (chi deciderà quali? con quali criteri?) e lasciar andare quelle improduttive. Il massacro sociale che ne deriverà avrà ammortizzatori? Per i lavoratori che stanno perdendo tutto si parla di “riqualificazione”, ma non si capisce bene per quali obiettivi.

Vedremo presto quale ruolo avranno le grandi infrastrutture inutili in questo quadro; visti i prodromi probabilmente sopravviveranno per garantire che il circo continui il suo spettacolo: una finanza impazzita, una élite parassitaria, una politica che si baloccherà di parole vuote (“le grandi opere strategiche”), un disastro sociale che forse non siamo capaci di immaginare, ogni tanto il passatempo di elezioni in cui scegliere il carnefice che ci taglierà quel poco che ci resta o che ci proporrà l’ennesimo pacco di cemento.

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Tiziano Cardosi

Obiettore di coscienza negli anni ‘70, attivista contro le guerre, già capostazione delle FS, oggi si occupa soprattutto di mobilità e del fenomeno delle “grandi opere inutili”, tra I fondatori del comitato No Tunnel TAV di Firenze. Attivista di perUnaltracittà.

2 commenti su “Arriva Draghi in una economia drogata da finanza, grandi opere inutili e privatizzazioni”

  1. Giovanni Falaschi

    Cardosi, spero che lei abbia torto su tutto e che non si dia la stura alle grandi opere di berlusconiana e renziana memoria (ma eccoli però insieme). Lo spero proprio, altrimenti per questo paese vorrebbe dire che non c’è più speranza. Comunque grazie per l’articolo, che per lo meno non può creare equivoci. Cordiali saluti

    1. Tiziano Cardosi

      Caro Falaschi, anche io spero di aver torto su tutto, ma credo non sia bene nascondere la testa sotto terra. Oggi è uscito sul Foglio un articolo di un importante esponente sedicente ambientalista dell’élite, Chicco Testa. Sembra presenti un programma di governo, quello del previsto ministero della conversione ecologica promesso da Draghi.

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